Fisco e contabilità

Rinegoziazione mutui Mef, caratteristiche differenti rispetto alle precedenti operazioni

di Daniela Ghiandoni e Elena Masini

Comuni, Province e Città metropolitane sono alle prese con la possibile rinegoziazione dei mutui che presentino le caratteristiche indicate al comma 962, articolo 1, della legge 30 dicembre 2018 n. 145 (manovra di bilancio 2019). In seguito all'emanazione del Dm Economia e finanze del 30 agosto 2019, infatti, la Cassa depositi e prestiti spa ha aperto la finestra temporale, che va dal 25 settembre al 23 ottobre 2019, entro cui gli enti interessati potranno aderire alla rinegoziazione che, rispetto alle edizioni precedenti, ha caratteristiche del tutto nuove.
Va rilevato, infatti, che normalmente con l'operazione di rinegoziazione, gli enti provvedono ad allungare la durata residua dei prestiti contratti, beneficiando di una riduzione del tasso di interesse applicato e, conseguentemente, delle rate dovute, grazie alla maggiore spalmatura nel tempo del capitale residuo da rimborsare. La legge impone di raggiungere l'obiettivo dell'invarianza o della riduzione del valore attuale dei flussi futuri e questo aspetto va verificato dal Consiglio comunale, in sede di esame della proposta di delibera.

Tasso ridotto senza allungare l'ammortamento
Con questa nuova tipologia di rinegoziazione, invece, gli enti locali beneficeranno di una riduzione del tasso di interesse fisso, determinato sulla base delle quotazioni dei buoni del tesoro pluriennali e delle relative rate dei mutui, senza però che vi sia un allungamento del periodo di ammortamento. Tenuto conto, quindi, che il nuovo tasso di interesse sarà inferiore rispetto a quello originario, ciò consentirà la riduzione del valore finanziario delle passività totali a carico degli enti locali.
Dati questi aspetti che caratterizzano la nuova operazione autorizzata dal Decreto 30 agosto 2019, è possibile svolgere questi approfondimenti:
1) Organo competente ad approvare il provvedimento di rinegoziazione
In considerazione del fatto che l'operazione non provoca né un incremento delle passività complessive, né un allungamento del periodo di ammortamento, viene da chiedersi se la competenza a deliberare rimanga in capo all'organo consiliare, in quanto l'articolo 42 del Tuel non contempla tale operazione. Si ritiene che possa considerarsi ammissibile attribuire alla giunta comunale la competenza di assegnare l'obiettivo di rinegoziare, in sede di Peg, al responsabile finanziario, tenuto a perfezionare l'operazione con propria determinazione. Del resto la Cassa depositi e prestiti nello schema di contratto richiede unicamente l'indicazione della determina a contrarre. Ovviamente il Consiglio comunale interverrà a redistribuire le economie registrate, provvedendo a variare gli stanziamenti di bilancio. Ma con quale destinazione?

2) La destinazione delle economie di spesa
I risparmi derivanti dall'operazione non derivano da un allungamento del periodo di ammortamento, ma da una mera riduzione del tasso di interesse che comporterà un risparmio di spesa corrente durevole nel tempo. A questo punto, risulta ancora applicabile l'obbligo di destinare i benefici della rinegoziazione a spesa di investimento (che decorrerà dal 2021, stante quanto previsto dall'articolo 1, comma 867, della legge 27 dicembre 2017 n. 205 - Circolare n. 1283/2015 Cassa Depositi e prestiti e nota congiunta Anci/Cdp Prot. n. 82/SG/VN/ml dell'11 maggio 2015)?
Trattandosi di una formula del tutto inedita rispetto al passato, in cui non viene adottato il principio dell'equivalenza finanziaria nella determinazione del tasso di interesse applicato ai prestiti rinegoziati, si ritiene che la norma sopra citata non debba avere effetto, in quanto le economie registrate non produrrebbero, in alcun modo, ripercussioni negative sulle ultime annualità, dove, normalmente, si scaricano gli effetti del differimento o anticipo della nuova scadenza del piano di ammortamento.

Il decreto Mef 30 agosto 2019

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