Progettazione

La «conchiglia» di Femia e Ricciotti conquista il concorso per lo stadio di Cosenza

di Mariagrazia Barletta

Un'architettura «contestuale e mediterranea», «un oggetto che non sia fine a se stesso, ma che, come accade nelle migliori esperienze europee, possa innescare la riqualificazione di un territorio, in questo caso periferico, ma straordinario dal punto di vista paesaggistico». Alfonso Femia racconta il progetto con cui l'Atelier(s) Alfonso Femia e Rudy Ricciotti, con un nutrito gruppo di specialisti (Egis Batiments International, Pras Tecnica Edilizia srl, Antonio Trimboli, Claudia Grandinetti, Giuseppe Scaglione, Michelangelo Pugliese, Nadia di Magro, Rodolfo Fugger), si è aggiudicato il concorso internazionale per lo sviluppo del progetto di riqualificazione dello stadio San Vito - Gigi Marulla a Cosenza e delle aree circostanti.

I CREDITI DEL PROGETTO

Il concept architettonico dello stadio prevede una forma dalle linee sinuose, non simmetrica, ma che può adattarsi alle diverse necessità (regole di prospetto, orientamento, aperture visive) ed esigenze funzionali. L'involucro si ispira alla forma di una conchiglia e «cerca di radicarsi nell'immaginario collettivo locale», racconta ancora Alfonso Femia.

Dunque non una "scocca" iper-tecnologica, niente involucri metallici preconfezionati che «potrebbero risultare indifferenti al contesto», riferisce ancora l'architetto. «Il tema della conchiglia – aggiunge - potrà permettere di dare all'architettura una consistenza materica più tradizionale, fatta di parti riflettenti che reagiscono alla luce». «Ci siamo lasciati ispirare - continua - da un'immagine relativamente arcaica: la conchiglia ritrovata sul greto del fiume, un osso di seppia portato dal tempo». Con il passaggio dal concept al progetto di fattibilità tecnica ed economica bisognerà valutare concretamente cosa potrà essere conservato dello stadio esistente. «I documenti di concorso non permettevano tale valutazione», riferisce Femia. Per ora l'intento è di non «sovrapporsi, ma di entrare in dialogo con l'esistente, conservando una parte delle tribune». Allo stesso tempo lo stadio deve diventare catalizzatore di nuove dinamiche urbane. «Noi abbiamo previsto – a parlare è sempre Femia - la possibilità che la parte annessa allo stadio possa tradursi in una città dello sport». «A quel punto il quartiere dovrebbe far gravitare la sua identità attorno a questa funzione».

L'area stretta tra le due strade che delimitano la fascia di territorio intorno allo stadio (viale Magna Grecia e via degli Stadi) potrebbe diventare – ragiona Femia- «un grande polmone dedicato allo sport, non parlo di riforestazione perché la Sila non ne ha bisogno, ma penso a spazi pubblici connessi ad aree verdi e ad attività sportive».
«L'idea consiste nel disegnare degli ambiti aperti con una sequenza di spazi pubblici e piste ciclo-pedonali, e nel definire dei rapporti che permettano nel tempo di far diventare quest'area una parte integrante e importante della città». Si tratterebbe di far diventare la zona che gravita intorno allo stadio «un luogo di destinazione; oggi invece – osserva Femia – è solo un luogo dove ogni tanto ci si reca per andare a vedere la partita. Questo ragionamento più ampio, però, dovrebbe stare nella pagina di un disegno complessivo di cui il progetto, con il preliminare, dovrebbe generosamente farsi carico dialogando con la città. Io ritengo questo aspetto molto importante, solo dopo vi affianco le questioni tecniche e architettoniche connesse allo stadio».

«L'obiettivo è ora comprendere meglio - usciti dalla fase concorsuale - i desiderata, le esigenze, quindi nutrire il più possibile la prima parte della riflessione con una visione responsabile molto più ampia». Il tutto «in dialogo con l'amministrazione e i cittadini». Il concorso prevede l'affidamento ai vincitori dello sviluppo del progetto di fattibilità tecnica ed economica. «L'affidamento dovrebbe avvenire a momenti, ora che sono trascorsi i tempi tecnici per eventuali osservazioni da parte di altri pretendenti», conclude l'architetto.

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