Amministratori

Interdittive antimafia, rinviata alla Corte Ue l'assenza del contraddittorio con le imprese

di Paolo Canaparo

Finisce davanti alla Corte di Giustizia dell'Unione europea la questione relativa all'assenza di contraddittorio tra la Pubblica amministrazione e i soggetti nei riguardi di quali si propone di rilasciare una interdittiva antimafia.
L'assenza di una fase partecipativa del procedimento amministrativo, infatti, ha motivato il Tar Puglia, sede di Bari, sezione III, a chiedere all'organo europeo di giustizia, con l'ordinanza n. 28/2020, di chiarire «se gli articoli 91, 92 e 93 del Dlgs 6 settembre 2011 n. 159 debbano ritenersi compatibili con il principio del contraddittorio così come ricostruito e riconosciuto dal diritto dell'Unione, atteso che tale soluzione normativa impedisce di addurre, nell'ambito del procedimento amministrativo, elementi atti a orientare in senso favorevole la pubblica amministrazione decidente». Tale principio, quale espressione fondamentale di civiltà giuridica europea, appartiene oltretutto al catalogo dei principi generali del diritto dell'Unione in base all'articolo 6, paragrafo 3, del Trattato sull'Unione europea, a mente del quale «i diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell'Unione in quanto principi generali».

La vicenda
La vicenda ha riguardato il caso di un'impresa di Foggia destinataria nel 2017 di una interdittiva antimafia, che, dopo il provvedimento prefettizio, si è vista revocare da un'amministrazione comunale la concessione di un terreno utilizzato dalla società per lo svolgimento dell'attività primaria di estrazione, lavorazione e relativa commercializzazione di sabbia, pietre, marmi e materiali di risulta da cava a cielo aperto.
Tre anni fa l'impresa presentò ricorso al giudice amministrativo di primo grado contro la Prefettura di Foggia, per l'annullamento previa concessione di misura cautelare dell'interdittiva antimafia. L'interdittiva adottata in quanto gli elementi oggettivi raccolti nel corso dell'istruttoria avevano suffragato il rischio della presenza di possibili situazioni di infiltrazione, tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi dell'attività imprenditoriale svolta dalla società. Un provvedimento considerato illegittimo dall'impresa laddove aveva dato peso a risalenti rapporti di frequentazione intrattenuti dai soci dell'impresa.
Sempre secondo la difesa della società, un quadro di questa natura non può essere considerato significativo della presenza di possibili situazioni di infiltrazione, tanto più che non è emerso, nel tempo, alcun condizionamento, nelle decisioni cruciali per la vita dell'impresa, ad opera di esponenti della criminalità.

Il ricorso alla Corte di giustizia Ue
La decisione del Tar Puglia è stata sospesa fino alla pronuncia della Corte di Giustizia dell'Unione Europea. Il giudice aministrativo ha rilevato che il procedimento amministrativo che culmina nel rilascio della interdittiva, pur in presenza di considerevoli effetti negativi nella sfera giuridica del destinatario, non prevede alcuna forma di contraddittorio con il destinatario medesimo, se non nella ipotesi in cui «il prefetto emette, entro 15 giorni dall'acquisizione della relazione del gruppo interforze, l'informazione interdittiva previa eventuale audizione dell'interessato».
Insomma, sottolinea il Tar, una audizione con finalità istruttoria la quale si consente un contraddittorio meramente eventuale, non di garanzia effettiva di partecipazione al procedimento, atteso che l'eventualità che il contraddittorio si instauri è discrezionalmente valutata dall'autorità prefettizia. La garanzia partecipativa assume speciale rilievo tenuto conto che le valutazioni del Prefetto possono fondarsi su una serie di elementi fattuali, taluni dei quali tipizzati dal legislatore, mentre altri elementi fattuali, cosiddetti «a condotta libera», sono lasciati al prudente e motivato apprezzamento discrezionale dell'autorità amministrativa, che può desumere il tentativo di infiltrazione da provvedimenti di condanna non definitiva per reati strumentali all'attività delle -OMISSIS- ovvero anche solo da elementi da cui risulti che l'attività di impresa «possa, anche in modo indiretto, agevolare le infiltrazioni o esserne in qualche modo condizionata» (Consiglio di Stato, sezione III, 30 gennaio 2019).
In tale ultima ipotesi di «condizionamento indiretto» dell'impresa da parte della criminalità organizzata comprende un numero di casi davvero molto significativo e appare di difficile distinzione rispetto a quella dei casi di imprese che subiscono le pressioni mafiose, essendone le vittime.

Le osservazioni del giudice amministrativo
L'ordinanza adottata dal Tar di Bari sottolinea come, a fronte dell'ampia discrezionalità della Prefettura, il contraddittorio tra il prefetto e l'impresa nella fase procedimentale assuma «un'importanza davvero rilevante ai fini della tutela della posizione giuridica dell'impresa, la quale potrebbe offrire al prefetto prove e argomenti convincenti per ottenere un'informazione antimafia liberatoria, pur in presenza di elementi o indizi sfavorevoli, mentre è più difficile che il giudice amministrativo sostituisca il proprio convincimento a quello dell'Autorità, una volta che quest'ultima abbia adottato l'interdittiva».
Ebbene, l'articolo 41 della Carta dei Diritti fondamentali dell'Unione europea del 7 dicembre 2000 prevede espressamente il diritto del cittadino europeo a una buona amministrazione. A sua volta, il diritto ad una buona amministrazione comprende in particolare «il diritto di ogni persona di essere ascoltata prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che le rechi pregiudizio». Il diritto dell'Unione riconosce, pertanto, la sussistenza di un principio del contraddittorio di carattere endoprocedimentale, da far valere al di fuori del diritto di difesa nel processo giurisdizionale e da intendere nel senso che «ogni qualvolta l'amministrazione si proponga di adottare nei confronti di un soggetto un atto ad esso lesivo, i destinatari di decisioni che incidono sensibilmente sui loro interessi devono essere messi in condizione di manifestare utilmente il loro punto di vista in merito agli elementi sui quali l'amministrazione intende fondare la sua decisione (...). Il principio del contraddittorio endoprocedimentale è enunciato in maniera precisa, in quanto sono chiariti con sufficienza gli elementi che ne fanno parte e in maniera incondizionata, trattandosi di principio capace di autoaffermarsi nei rapporti del cittadino con l'amministrazione.

L'ordinanza del Tar Bari n. 28/2020

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