Appalti

Trevi, lo scontro tra Cda e famiglia mette a rischio il piano di salvataggio

di Matteo Meneghello

Il Cda di Trevi respinge la richiesta di revoca avanzata dalla famiglia Trevisani, azionista di maggioranza attraverso Thse, e studia la possibilità di un’azione di responsabilità nei confronti della stessa, colpevole di condizionare l’esito del piano di ristrutturazione finanziaria (la posizione finanziaria è oggi negativa per circa 700 milioni), che dovrebbe vedere il via libera fra una decina di giorni. Il condizionale è però a questo punto è d’obbligo, visto lo scontro aperto all’interno del gruppo tra i diversi interessi contrapposti, da un lato quelli degli investitori di Trevi, dall’altro quelli dei creditori della holding di famiglia.

Ieri il Cda della holding Trevifin ha rimandato al mittente la richiesta di Thse di convocazione dell’assemblea ordinaria per la revoca del Cda e la contestuale nomina dei nuovi amministratori. L’azionista contestava carenze nella delega conferita al Cda in relazione all’imminente varo del piano di ristrutturazione del debito, un’operazione da 440 milioni che prevede un aumento di capitale per cassa da 130 milioni e conversione di crediti da parte delle banche creditrici fino a 310 milioni, oltre all’allungamento del debito al 2024. La richiesta di revoca era stata motivata da Thse con il «deficit di legittimità» della manovra finanziaria e dell’aumento di capitale messi a punto dal Cda, che avrebbe travalicato la delega conferita a luglio 2018 dall’assemblea. Thse ha contestato in particolare l’azzeramento del capitale esistente, di cui detiene il 32,7%, motivando la sua azione anche con la «doverosa salvaguardia degli interessi dei creditori» della società di famiglia, oggi in concordato preventivo, che non dispone delle risorse per onorare la sua quota di aumento di capitale; con lo schema attualmente in dirittura d’arrivo Thse rischia di perdere il ruolo di socio di riferimento a favore di Fsi (controllata da Cdp) e del fondo Polaris. La famiglia non ha ad oggi resa pubblica nessuna proposta di ristrutturazione alternativa a quella deliberata dal Cda

Secondo il Cda le motivazioni con cui Thse chiede la revoca sono «infondate e contraddittorie». La decisione con cui respinge l’istanza di Thse è stata presa a maggioranza e suffragata dal parere di esperti oltre che del collegio sindacale. Tuttavia, il Cda comunica di avere «doverosamente disposto l’avvio di opportune attività istruttorie volte all’approfondimento di alcuni elementi della richiesta di Thse, chiedendo alla stessa informazioni e chiarimenti».

Il Cda si cautela dal rischio che il piano di rilancio subisca intoppi e lascia intendere la spossibilità di azioni di responsabilità nei confronti dei soci, annunciando di avere dato mandato ai propri legali di approfondire la responsabilità di Thse» e degli amministratori «che ne sono espressione», poichè le affermazioni di Thse sono giudicate «potenzialmente idonee a pregiudicare il buon esito della manovra e la messa in sicurezza del gruppo, nonchè a generare effetti distorsivi sul mercato». Il riferimento è alla reazione in Borsa il giorno dopo l’annuncio della famiglia, nonchè alle conseguenza sulla trattativa, ancora in fase di finalizzazione, per la cessione delle controllate Drillmec e Petreven al gruppo indiano Meil.

La famiglia potrebbe a quel punto impugnare ogni eventuale decisione del Cda rivolgendosi al tribunale delle imprese di Bologna, proseguendo nel braccio di ferro. Il redde rationem è comunque teoricamente fissato per il 15 luglio: in quella data il Cda si riunirà per assumersi ogni responsabilità della propria linea, adottando le decisioni giudicate necessarie e, a valle di queste, eventualmente proseguire con il piano di ristrutturazione (a oggi ancora sottoposto al via libera delle 27 banche creditrici) e con l’approvazione degli ultimi due bilanci, ancora inevasi.

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