Progettazione

Post Expo - Michele Molè (Nemesi): «Urgente gestire la transizione per evitare l'abbandono del sito»

di Mariagrazia Barletta

«Ci auguriamo che vengano prese decisioni nel tempo più breve possibile non solo sull'utilizzo definitivo dell'area Expo, su cui c'è bisogno di progetti a lungo termine, di investimenti, di un tempo congruo per la realizzazione, ma anche per ciò che riguarda il periodo di transizione». È fondamentale evitare che il sito finisca nell'abbandono dopo la chiusura dell'Expo, secondo Michele Molè, fondatore di Nemesi, lo studio che ha firmato il Padiglione Italia. L'idea è che alcuni padiglioni restino aperti insieme a quello dell'Italia, creando opportune funzioni. Si potrebbe rendere fruibile l'area, coordinando l'affluenza del pubblico con lo smontaggio delle restanti strutture.

Non risparmia critiche al sistema di gestione, al quale l'architetto imputa una visione troppo corta. Ad eccezione di Palazzo Italia «tutto il resto di Expo è stato progettato in vista dei sei mesi», dice. Ne è un esempio l'infrastrutturazione, ossia la cosiddetta piastra. «Il non aver progettato le funzioni future, la loro dislocazione nell'area, ma anche e soprattutto i loro carichi, fa sì che tutta l'infrastrutturazione dell'area sarà totalmente inadeguata per il futuro». Favorevole alla creazione di un polo tecnologico e dell'innovazione sul sito di Expo, e all'interesse mostrato dall'Università Statale. Due, però, le raccomandazioni: allargare il mix di funzioni per creare una nuova urbanità e coinvolgere i privati. «E da questo punto di vista io sono sempre stato convinto che non bisogna avere la paura che il privato faccia un investimento per promuovere un business. Se non si determinano le condizioni di attrattività economica per lo sviluppo di un'area, questa non si svilupperà mai». «La cosa fondamentale è che l'investimento del privato venga fatto assecondando dei criteri di qualità che il pubblico deve assolutamente determinare». Ed è necessario selezionare progettisti capaci, afferma Molè, magari attraverso concorsi, purché ben gestiti. «Bisogna organizzarli in maniera qualitativa, ed il pubblico ha tutta la possibilità di gestire e dare le direttive per fare questo, bisogna assicurarsi che il progettista selezionato rimanga fino all'inaugurazione dell'opera»

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