Fisco e contabilità

Baratto amministrativo solo per i crediti di natura tributaria

di Susanna Mobili e Patrizia Ruffini

Il baratto amministrativo non è suscettibile di interpretazione analogica e può essere applicato alle sole ipotesi di riduzione e/o estinzione di crediti di natura tributaria. È la decisione assunta dalla Sezione Autonomie della Corte dei conti (deliberazione n. 2/2020) chiamata a dirimere un contrasto insorto tra l'orientamento della Sezione regionale di controllo per la Lombardia, che sostiene l'estensibilità dell'istituto del baratto amministrativo anche ai crediti di natura non tributaria e l'orientamento della Sezione regionale di controllo per il Veneto, che ne limita, invece, l'applicabilità ai soli tributi locali, valorizzando il dato letterale della norma.

Il baratto amministrativo, disciplinato dall'articolo 190 del Dlgs 50/ 2016 (Codice dei contratti pubblici), per agevolare la partecipazione dei cittadini, singoli o riuniti in associazioni, in materia di tutela e valorizzazione del territorio, concede agli enti territoriali la facoltà di definire, con apposita delibera, i metodi e le modalità per la realizzazione di contratti di partenariato sociale. Questi contratti, che possono avere a oggetto la pulizia, la manutenzione, l'abbellimento di aree verdi, piazze o strade, ovvero la loro valorizzazione mediante iniziative culturali, interventi di decoro urbano, di recupero e riuso di aree e beni immobili inutilizzati, devono essere ricondotti dal Comune, con regolamento, a fattispecie ben individuate e tipizzate. In relazione a ogni tipologia di intervento identificato, gli enti territoriali «individuano riduzioni o esenzioni di tributi corrispondenti al tipo di attività svolta dal privato o dalla associazione ovvero comunque utili alla comunità di riferimento in un'ottica di recupero del valore sociale della partecipazione dei cittadini alla stessa».

Al pari delle norme impositive, anche le norme di agevolazione tributaria sono sottoposte alla riserva di legge stabilita dall'articolo 23 della Costituzione secondo il quale nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta al cittadino, senza che l'entità e il contenuto della prestazione sia desumibile dai criteri stabiliti dalla legge.

Quale norma eccezionale, l'articolo 190 del Dlgs 50/2016 non può essere applicato, secondo i giudici contabili, oltre casi e tempi in esso considerati (articolo 14 delle disposizioni preliminari del codice civile), vale a dire al di fuori delle fattispecie qualificabili come «riduzioni o esenzioni di tributi».

Tuttavia, non esiste perfetta coincidenza tra la nozione di entrata tributaria, intesa quale prestazione patrimoniale realizzata in forza di un atto autoritativo a carattere ablatorio con finalità di copertura di spesa, e l'ambito applicativo delle prestazioni patrimoniali imposte coperte dalla riserva di legge sancita dall'articolo 23 della Costituzione. La Corte costituzionale, infatti, ha interpretato in senso ampio la nozione di «prestazione patrimoniale imposta», ricomprendendo al suo interno non solo i tributi, ma anche le prestazioni coattive a carattere sanzionatorio, risarcitorio o indennitario, nonché determinate obbligazioni assunte contrattualmente, nelle quali la fonte del complessivo rapporto giuridico è principalmente negoziale. Fra le fattispecie che la Corte costituzionale riconosce come prestazioni patrimoniali: le tariffe del servizio telefonico esercitato in regime di monopolio pubblico (sentenza n. 72/1969); il pagamento del «diritto di approdo» per servizi demaniali gestiti in regime di monopolio (sentenza n. 127/1988); il corrispettivo dovuto dagli utenti di bombole di gas metano all'Ente Nazionale Idrocarburi (sentenza n. 30/1957); i canoni per la derivazione dai bacini imbriferi montani (sentenza n. 122/1957); le prestazioni pecuniarie dovute ai Comuni per la pubblicità visiva e sonora effettuata dal privato con autoveicoli propri (sentenza n. 36/1959); lo sconto obbligatorio sui prezzi dei medicinali (sentenza n. 70/1960); il canone per l'occupazione di suolo pubblico (sentenza n. 2/1962); i contributi ai consorzi di bonifica (sentenza n. 55/1963); il canone per l'estrazione di materiale limo-sabbioso dal greto dei fiumi (sentenza n. 236/1994).

Anche queste situazioni di sudditanza richiedono, al pari degli obblighi tributari e delle sanzioni pecuniarie amministrative, la garanzia della riserva di legge prevista dall'articolo 23 della Costituzione, in quanto occorre evitare che la discrezionalità dell'ente impositore nell'esercizio del potere attribuitogli possa trasmodare in arbitrio.

Nei limiti della capacità giuridica e di agire in ambito privatistico, gli enti territoriali possono predeterminare, in sede regolamentare, dei casi da ricondurre a fattispecie "tipizzate" in cui, in ossequio al principio di sussidiarietà orizzontale (articolo 118 della Costituzione) è possibile concordare, con cittadini singoli o associati che ne facciano richiesta, lo svolgimento di attività socialmente utili nella gestione di aree e beni immobili (quali pulizia, manutenzione, abbellimento di aree verdi, piazze, strade, interventi di decoro urbano, iniziative culturali, recupero e riuso di aree e beni immobili inutilizzati), da compensare con la riduzione o l'estinzione di crediti extratributari disponibili, assicurando oltre al rispetto delle regole di contabilità pubblica e di salvaguardia dei vincoli e degli equilibri finanziari dell'ente locale, anche i principi di trasparenza, di parità di trattamento e di non discriminazione richiamati nelle deliberazioni n. 172/2016 e n. 225/2016 della Sezione regionale di controllo per la Lombardia.

Resta inteso che, nelle ipotesi in cui il credito di natura extratributaria sia riconducibile a prestazioni patrimoniali da qualificare come imposte unilateralmente dall'amministrazione, la facoltà dell'ente di operare la riduzione o l'estinzione del credito vantato può essere attuata negli spazi di disciplina consentita dalla norma primaria che impone la prestazione ai sensi dell'articolo 23 della Costituzione.

La delibera della Sezione Autonomie della Corte dei conti n. 2/2020

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