Appalti

Danno erariale al rettore che affida senza gara la gestione di un chiosco

di Giuseppe Nucci

L’affidamento diretto della gestione di un punto ristoro all’interno all’università è assoggettato al generale obbligo delle Amministrazioni - derivante dai fondamentali principi di diritto comunitario rinvenibili direttamente nel Trattato Ce (libertà di stabilimento, di libera prestazione dei servizi, nonché principi di par condicio, imparzialità e trasparenza) - di esperire procedure ad evidenza pubblica ai fini della individuazione del soggetto contraente.
Il mancato adempimento, da parte del Rettore, di tale prescrizione integra la trasgressione “in modo marchiano” di una regola basilare in materia di concessioni di beni e servizi da parte della Pa, aggravata dalla totale assenza di qualsivoglia valutazione in ordine alla redditività che appare tanto più censurabile ove si consideri che nella successiva procedura ad evidenza pubblica la ditta originariamente aggiudicataria senza gara ha offerto un canone dieci volte superiore rispetto a quello precedente.
In definitiva, la Seconda Sezione Centrale di Appello della Corte dei conti - con la sentenza n. 384/2019 – ha condannato il Rettore qualificando la sua condotta “in termini di inescusabile trascuratezza”, tenuto conto che il canone annuo, stabilito a seguito dell’affidamento diretto da lui disposto, aveva consentito di incassare solo euro 6.180,00 rispetto ai 131.000 euro ottenuti a seguito dell’aggiudicazione con gara ad evidenza pubblica.

Il fatto
La Sezione Giurisdizionale regionale della Corte dei conti per la regione Abruzzo respingeva la richiesta di condanna formulata dalla Procura regionale nei confronti del Rettore di un’università in relazione all’illecito affidamento diretto della concessione di gestione di un punto ristoro all’interno dell’Ateneo, peraltro senza prevedere alcuna scadenza.
Tale fatto, secondo la prospettazione accusatoria, aveva causato un danno erariale, commisurato in euro 444.333,00, ovvero alla differenza tra il canone stabilito a seguito dell’affidamento diretto e quello fissato nella successiva aggiudicazione con procedura ad evidenza pubblica.
La Sezione abruzzese, tuttavia, escludeva la responsabilità amministrativa in capo al Rettore rilevando come l’antigiuridicità di un comportamento non si traduce necessariamente in ipotesi di responsabilità finanziaria e precisava che il canone richiesto illo tempore non si presentava palesemente inferiore alla redditività risultata successivamente.
Dal canto suo, l’organo requirente impugnava la sentenza contestando l’erroneità delle argomentazioni poste a fondamento della pronuncia di primo grado mentre il Rettore affermava, tra l’altro, che non era stato dimostrato che se l’affidamento del servizio fosse stato effettuato con gara sarebbe stato aggiudicato per un importo diverso.

La sentenza
Il Collegio accoglieva la prospettazione offerta dall’appellante evidenziando, innanzitutto, che l’affidamento avvenuto in via diretta prevedeva un versamento a favore dell’ateneo di una somma annua di euro 6.180,00, Iva compresa, senza l’indicazione di un termine di scadenza, rispetto al canone di 131.000 euro annui ottenuto a seguito dell’aggiudicazione con gara ad evidenza pubblica.
Al riguardo, sottolineava il giudice, il rapporto contrattuale instaurato tra un ente pubblico e un privato, con il quale venga affidata al medesimo la gestione di un servizio di bar e ristorazione all’interno di una struttura pubblica, ha natura di concessione, stante il carattere pubblico non solo del bene affidato, ma altresì del servizio che ne costituisce oggetto, che pertanto richiedeva l’applicazione delle regole dell’evidenza pubblica, secondo principi di trasparenza, pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento e proporzionalità.
In conclusione il Collegio condannava il Rettore individuando il danno nel minor incasso per l’ateneo quantificabile nella differenza tra il canone versato dall’aggiudicatario della gara e quello introitato in forza dell’affidamento diretto disposto dall’appellato.

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