Appalti

La Corte dei Conti contro la «lentezza esasperante» nella realizzazione delle infastrutture

La ricostruzione post-sisma esempio della «criticità endemica» nella Pa

di Gianni Trovati

La gelata della congiuntura di fine 2019 mette a rischio gli obiettivi di finanza pubblica di quest’anno e promette di rimandare ancora una volte le prospettive di ripresa. Ma una strada per riprendere la rotta c’è e passa da «una revisione degli strumenti e delle procedure in grado di rimuovere i vincoli che tuttora rallentano la realizzazione dei programmi di investimento pubblico».

L’inaugurazione dell’anno giudiziario della Corte dei conti ha riunito ieri mattina tutti i vertici istituzionali, a partire dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. E i documenti prodotti dai magistrati contabili hanno offerto un’ottima strumentazione per misurare la distanza che ancora oggi separa l’ambizione dei programmi di politica economica dalla realtà quotidiana di tanta amministrazione.

È il presidente della Corte, Angelo Buscema, a spiegare che la prima leva in mano al governo per provare a vivacizzare un po’ l’acqua stagnante dell’economia italiana è il rilancio degli investimenti pubblici. E che la preparazione del Def nelle prossime settimane sarà il «banco di prova decisivo» per provare a smentire le nubi descritte da tutte le previsioni (ultime quelle di ieri della commissione Ue) sulle prospettive della crescita italiana. Ma è la stessa relazione del presidente a indicare anche che il rilancio degli investimenti non va inteso solo nel senso degli stanziamenti, in un bilancio pubblico che ormai da anni è gonfio da anni di risorse da destinare alla spesa in conto capitale. Il problema, ancora una volta, si concentra a un livello solo apparentemente più basso, ma in realtà ancor più decisivo per le conseguenze reali delle scelte di politica economica: quello dell’attuazione effettiva dei programmi di investimento.

Perché è vero, e lo riconosce anche Buscema, che numeri alla mano la spesa in conto capitale delle Pubbliche amministrazioni nel 2019 ha «invertito la curva discendente, mostrando una buona dinamicità soprattutto a livello locale». Ma è vero anche che molto resta da fare per non limitare la ripresa della spesa effettiva ai micro-programmi locali finanziati a pioggia con il cosiddetto “modello spagnolo”.

Proprio il lavoro sul campo condotto in tutta italia dalle procure contabili aiuta a inquadrare meglio il termini del problema. Riassunto dal Procuratore generale della Corte, Alberto Avoli, nella denuncia della «lentezza esasperante» con cui (non) procede la ricostruzione nelle aree terremotate. I tempi eterni sono prima di tutto uno scandalo che «rischia di rendere irreversibile la sofferenza del tessuto economico e sociale» di quelle zone. Ma rappresentano anche un riassunto efficace dei nodi strutturali che complicano la vita di cittadini e imprese anche dove la terra non ha mai tremato. Perché ovunque si incrociano le «procedure macchinose, garantiste della legittimità formale, di fatto presupposto per infiniti sprechi» denunciate da Avoli, che sottolinea come la ragnatela burocratica finisca per «irrobustire improprie prassi di veri e propri abusi, quando non anche di pratiche clientelari o corruttive». Al punto che è lo stesso procuratore generale a prendere lo spunto del caso-terremoto per denunciare i «fattori di preoccupante criticità strutturale endemica» che riguardano tutto il Paese, e che nella «pressoché totale mancanza della cultura della tempistica e della sensibilità alla verifica del raggiungimento degli obiettivi» sostengono un’amministrazione inefficace che offre argomenti a corruzione, evasione fiscale e sfiducia generalizzata nella macchina pubblica. Sfiducia alimentata anche dal deludente tasso di attuazione reale di molte riforme.

Una delle più problematiche nell’ottica della Corte è quella delle partecipate pubbliche. Nei loro bilanci, spiega la Corte, si accumulano debiti per 90 miliardi, il 40% dei quali concentrati nelle società interamente pubbliche. Nonostante i tentativi di sfoltire il panorama delle partecipazioni restano in campo circa 1.300 società praticamente inattive, senza dipendenti o quasi. E quelle attive impegnano sempre di più le Procure contabili, che hanno dedicato alle società circa il 20% delle loro indagini.

In un contesto del genere la Corte dei conti prova ad agire su più fronti: intensificando il controllo preventivo e in corso d’opera e accelerando sul terreno giurisdizionale anche grazie alla riforma del Codice avviata nel 2016 e completata lo scorso anno.

Anche qui però i problemi non mancano, come continuano a mostrare i tassi di riscossione effettiva delle condanne di danno erariale: fra 2015 e 2019 ne sono state comminate per 1,34 miliardi, ma gli euro effettivamente recuperati dalle amministrazioni danneggiate, incaricate del compito di riscuotere, si fermano poco sotto i 300 milioni.

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