Appalti

Una Pmi abruzzese fa i conti della Fase 2: i costi raddoppiano

Le previsioni di Lte Impianti: solo le spese di distanziamento valgono mille euro per dipendente al mese. Poi ci sono mascherine Ffp2, guanti, tute, occhiali, disinfettanti

di Lello Naso

Dall’8 marzo pensiamo a quando riapriremo i cantieri e a come li riapriremo. Ogni giorno. È stata la nostra unica preoccupazione. Ora ci siamo. Abbiamo fatto un piano dettagliato, operativo e finanziario, e siamo arrivati a una conclusione: i costi dei cantieri raddoppieranno e ci saranno sempre più difficoltà a portare a compimento i lavori e ad acquisire nuove commesse».

Giovanni Natalia (in foto) è un abruzzese solido e concreto. Bada al sodo. Con il fratello Mauro ha fondato trenta anni fa un’impresa gioiello nell’impiantistica, la Lte di Avezzano. Venti dipendenti, tutti giovani tecnici. Un portafoglio di commesse dalle multinazionali e dalle grandi imprese manifatturiere: da Leonardo a Enel Green Power, da Burgo a Telespazio. Sono gli impiantisti dei grandi impiantisti. Un’impresa piccola, 3,2 milioni di euro di fatturato, ma molto dinamica e concreta. I conti si fanno alla vecchia maniera. «Solo le spese di distanziamento saranno di mille euro a dipendente al mese», spiega Natalia. «Mascherine, guanti, tute, occhiali, disinfettanti sono ancora a prezzi esorbitanti. Le mascherine Ffp2, quelle che servono per il nostro lavoro, ho iniziato a comprarle il 9 marzo a nove euro ciascuna. Ora sono a cinque euro, ma bisogna pagare tutto in anticipo. I fornitori non sentono ragioni: il bonifico deve arrivare quando la merce è ancora nel container…».

Natalia ha inviato per mail al Sole 24 Ore il prospetto previsionale dei primi tre mesi di attività con il distanziamento: maggio, giugno e luglio. Voce per voce e prezzo per prezzo. Semimaschera filtrante FFP2: maggio 9 euro, giugno e luglio 3 euro, 1.700 pezzi al mese. Tuta monouso: maggio 12 euro, giugno e luglio 5 euro, 700 euro al mese. Poi il detergente per le superfici e per le mani, la sanificazione dei cantieri, degli indumenti e dei mezzi di trasporto, lo smaltimento dei rifiuti, l’integrazione degli automezzi per il distanziamento durante il tragitto. Totale: maggio 31.409 euro, giugno 16.309 euro, luglio 16.309 euro.

«Sono stato prudente nelle stime e nella richiesta dei prestiti», dice Natalia. «Ho chiesto 500mila euro di finanziamento - è anche meno del 25% del fatturato che è il tetto del decreto liquidità - a tre delle cinque banche con cui lavoro. Intesa sta valuando, UniCredit non si è mai fatto viva, Mps mi ha offerto 200mila euro, ma per via ordinaria, senza ricorrere al decreto, perché giudicano eccessiva la richiesta».

Natalia non è arrabbiato. Si cala nei panni delle banche e cerca di comprendere la difficoltà oggettiva della situazione. La sua analisi è molto lucida. «Credo non si abbia fino in fondo la percezione di quello che succederà dalla riapertura in avanti. Non si comprendono appieno le difficoltà che avranno le imprese».

L’imprenditore fotografa la realtà in cui inizierà ad operare. La sua impresa ha quattro cantieri aperti, a Roma, Firenze, Bologna e Matera. Lo stato di avanzamento dei lavori è al 60-70 per cento. I contratti sono stati stipulati in base a preventivi pre coronavirus. «I nostri costi vivi aumenteranno del 50% circa. Avremo difficoltà di ogni tipo per raggiungere i cantieri, alloggiare e pranzare (con alberghi e ristoranti per il momento chiusi e poi sottoposti a fortissime restrizioni). Il monte ore lavorate, a parità di risultato, raddoppierà. Se per montare una macchina potevo utilizzare quattro tecnici contemporaneamente e ci impiegavo due giorni, adesso devo impiegarne due e ce ne impiegherò quattro. Perderemo molte ore di lavoro per sanificare i locali all’ingresso e all’uscita, per vestirci, per disinfettarci».

Sui cantieri in opera ci sarà poco da fare. «Se non concludiamo i lavori, perdiamo tutto l’avanzamento e dobbiamo pagare le penali. Per i margini risicati con cui si lavora oggi, fino al 70-80% dell’avanzamento sono solo costi. Se concludiamo i lavori, andremo in perdita su ogni opera. Sui cantieri saremo tutti in un cul de sac. Per questo serve tanta liquidità e subito. Altro che richieste spropositate. Dobbiamo mettere in sicurezza le imprese».

Giovanni Natalia, però, neanche per un secondo dà l’impressione di essere scoraggiato o pessimista. «Abbiamo superato la crisi del 2001, siamo appena venuti fuori dalla crisi post 2008, e per fortuna non abbiamo fatto in tempo a fare un investimento che avevamo programmato. Ci metteremo di nuovo a testa bassa e supereremo anche questa. Ma se il Governo non metterà in campo misure davvero dirompenti, rischiamo di vedere chiusure su chiusure di imprese. Il pericolo è che, come è successo nel 2010 nel Nordest, i piccoli imprenditori non reggano psicologicamente. Nessuno di noi vuole rivedere quella stagione».

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