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Il «no» all'accesso per difesa è legittimo se non se ne prova l'attualità

di Alessandro Russo

La mera rappresentazione della tutela dei propri interessi, anche nell'eventuale sede giudiziale, non pone adeguatamente in luce l'attualità dell'istanza di accesso effettuata in base all'articoli 24 e seguenti della legge 241/1990, e può legittimamente essere rifiutata dalla Pa. Lo ha stabilito il Consiglio di Stato con la sentenza n. 1528/2020.

Il fatto
Un archivista ha ricevuto dalla sovrintendenza l'incarico di catalogare l'archivio librario di una famiglia patrizia, dopo la risoluzione del rapporto di collaborazione l'archivista ha richiesto all'amministrazione l'accesso sia ai documenti relativi all'incarico conferitogli, sia a tutti quelli relativi alla sua sostituzione compresi quelli sulla natura, funzione e competenza delle figure subentrategli.
L'amministrazione ha permesso l'accesso alla sola documentazione relativa al suo incarico, negando il resto.
Il professionista ha impugnato il parziale rifiuto dinanzi al Tar Lazio che ha respinto il ricorso, ritenendo che il ricorrente non avesse un interesse concreto e attuale a consultare documenti che riguardavano rapporti successivi alla risoluzione del suo contratto. L'istante quindi ha deciso di ricorrere in appello.

Il diritto
Il Consiglio di Stato ha innanzitutto sottolineato che la disciplina del diritto di accesso ritiene le necessità difensive prevalenti rispetto alla tutela della riservatezza, a condizione che l'istante dimostri la sua legittimazione e l'interesse ad acquisire le informazioni contenute nei documenti richiesti.
In definitiva, il giudizio di prevalenza del diritto di accesso cosiddetto «defensionale» non può prescindere dalla dimostrazione di un interesse:
• diretto, cioè correlato alla sfera individuale e personale del richiedente;
• concreto, finalizzato all'acquisizione di dati e informazioni rilevanti e potenzialmente utili nella vita di relazione del richiedente;
• attuale, cioè non meramente prospettico o eventuale;
• strumentale, necessariamente correlato a situazioni meritevoli di tutela.
Il Consiglio di Stato ha sottolineato che l'istanza di accesso presentata dall'appellante non indicava alcun elemento dal quale si potesse desumere un interesse attuale all'accesso in relazione alla tutela di una propria posizione giuridica; che va concretamente individuata per consentire di apprezzare la presenza di un interesse diretto, concreto, attuale e strumentale all'accesso.
Non essendo stata offerta una simile dimostrazione, il Collegio ha concluso per il rigetto del ricorso, compensando le spese per la novità delle questioni.
Prima di questa decisione, infatti, sedimentata giurisprudenza aveva affermato la sufficienza di elementi idonei a dimostrare, in modo chiaro, la sussistenza di un astratto interesse alla difesa, affinché fosse dichiarata l'illegittimità del diniego d'accesso da parte della Pa (Consiglio di Stato n. 4256/2014 e Tar Sicilia n. 1285/2016).

La sentenza del Consiglio di Stato n. 1528/2020

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