Urbanistica

Lavori pubblici: i Rup chiedono regole stabili, imprese affidabili e un piano di formazione

I risultati di un'indagine promossa dall'Agenzia per la Coesione territoriale su capacità di spesa e investimenti in vista del Recovery plan

di Giuseppe Francesco Gori (*), Patrizia Lattarulo(*) e Andrea Vecchia (**)

La capacità di spesa e la qualità degli interventi sui lavori pubblici destano oggi grande preoccupazione in vista dell'arrivo di risorse europee aggiuntive, tanto più che il settore è caratterizzato in Italia da note criticità strutturali ed è stato oggetto, negli ultimi anni, di ripetute ed importanti revisioni normative. Abbiamo chiesto ai responsabili di procedimento – coloro che seguono tutto l'iter dell'intervento – le loro opinioni e i loro suggerimenti.

Il lavoro è stato promosso dall'Agenzia per la Coesione territoriale (Nucev, Unità Tecnica centrale Cpt) ed è il risultato della collaborazione di sei regioni (Toscana, Liguria, Lazio, Sicilia, Puglia, Emilia-Romagna) e in particolare dei rispettivi Nuclei regionali Cpt e degli Osservatori regionali sui contratti pubblici, assieme agli Istituti di ricerca: Irpet (Toscana), Art-Er (Emilia Romagna), Lazio Crea, Liguria Ricerche (il materiale è disponibile sul sito dell'Agenzia per la Coesione territoriale e sul sito di Irpet.

In una lunga fase recessiva come quella che il nostro paese sta attraversando, la ripartenza degli investimenti pubblici, rappresenta un fattore imprescindibile per avviare la ripresa economica.

Negli ultimi 10 anni il paese ha perso circa 190 miliardi di investimenti pubblici (in Italia) rispetto al tendenziale (ovvero rispetto al trend registrato nel decennio precedente) (elaborazione degli autori su dati Istat). Le risorse europee rappresentano quindi una occasione imperdibile per recuperare questo crescente ritardo infrastrutturale.

Le tempistiche molto ravvicinate imposte per l'attuazione del Recovery plan (impegni entro il 2022 e pagamenti entro il 2025) rappresentano una sfida e una preoccupazione, dal momento che i lavori pubblici in Italia hanno tempi di avvio e di completamento molto più lunghi. Occorrono infatti mediamente sei anni, dall'affidamento della progettazione all'ultimazione dei lavori, per un'opera di importo superiore alla soglia comunitaria (5.548 milioni di Euro) (Elaborazione degli autori su dati Anac). Una durata complessiva che sarebbe ben più lunga computando anche la fase di programmazione e decisionale.

Il sistema degli appalti pubblici nel nostro paese è infatti da sempre caratterizzato da molte debolezze tali da compromettere sia l'avvio della realizzazione delle opere (e quindi della relativa spesa pubblica), sia l'efficacia stessa degli interventi, che spesso arrivano a compimento troppi anni dopo l'emergere del fabbisogno.

Tuttavia, nell'ultimo periodo, i vari governi in carica hanno intrapreso numerose iniziative rivolte ad incentivare la ripresa degli investimenti pubblici basate, oltre che su una più facile disponibilità delle risorse, sul progressivo allentamento della normativa sugli appalti. Si può dire, infatti, che negli ultimi anni il sistema degli appalti pubblici italiano è stato oggetto di continue rivoluzioni. Tra il 2016 e il 2019 la normativa di settore ha subito almeno tre importanti revisioni: il varo del nuovo Codice dei Contratti (D.Lgs 50/2016), il correttivo al Codice (D.Lgs 56/2017) e il c.d. intervento "sblocca cantieri" (DL 32/2019 e Legge 55/2019) a cui si è aggiunto più recentemente il Decreto Semplificazioni (D.Lgs 76/2020 e Legge 120/2020), che ha tratto motivazione dalla necessità di imprimere una sostanziale accelerazione sia nel volume complessivo delle procedure avviate che nella realizzazione dei singoli interventi nella fase successiva al lockdown.

L'indagine diretta ha riguardato sei regioni e il tasso di risposta è stato inaspettatamente alto, a testimonianza dell'interesse per il tema trattato e del desiderio di essere ascoltati (poco meno di 2.700 questionari validati, in larga parte da enti decentrati e concessionari di reti e infrastrutture). A questa indagine sono stati accompagnati 9 studi di caso e 6 interviste a testimoni privilegiati. Il tutto rappresenta materiale di indubbio interesse per la comprensione del settore.

L'indagine ha permesso di raccogliere osservazioni e suggerimenti che hanno a che fare con più aspetti del ciclo di vita dei contratti. È emerso sia un difficile rapporto con le decisioni della politica nella lunghissima fase della programmazione, sia una complessiva sofferenza per una normativa di settore da un lato troppo vincolante (Codice dei contratti) dall'altro troppo incerta e discontinua (Decreti "Sblocca cantieri" e Decreto Semplificazione), che per l'improbabile numero di autorizzazioni (ambientali, paesaggistiche ed utilities) e per i tempi incerti dell'acquisizione dei pareri.

Le stazioni appaltanti hanno indicato una chiara preferenza per un quadro normativo flessibile rispetto a un sistema di regolazione più puntuale, optando quindi per una maggiore centralità della stazione appaltante nel ciclo di vita del progetto, anche a costo – secondo la nostra interpretazione – di un maggior carico di responsabilità. Segnalata per la sua urgenza da tutti i rispondenti è la necessità di intervenire sulla dotazione di personale ma ancora di più sulla sua formazione, condizione assolutamente necessaria, per seguire correttamente tutte le fasi del lavoro: l'affidamento ma anche la progettazione (interna o esterna che sia) e la successiva esecuzione.

Altro aspetto dirimente è la centralità, per la buona evoluzione dell'opera, della collaborazione con imprese capaci ed affidabili. A questo proposito, il 18% dei rispondenti dichiara di avere esperienza di comportamenti strategici da parte delle imprese, che si traducono in presentazione di riserve rivolte ad aumentare i costi o allungare i tempi dei lavori. Viene inoltre rilevato un insufficiente contributo dei sistemi di certificazione alla selezione dell'impresa affidataria. Il contenzioso rappresenta una eccezione, ma non per questo è meno preoccupante, dal momento che il rapporto tra imprese e stazioni appaltanti è percepito come a sfavore di quest'ultima, sia per l'onerosità del contenzioso stesso per l'amministrazione che per l'esito per lo più già prevedibile.

Poche domande finali sintetizzano alcune grandi priorità e urgenze indifferibili.

Da un lato gli interventi al fine di una riduzione dei tempi:
a)il rafforzamento del personale e soprattutto delle sue competenze; uffici gare più capaci assieme a uffici tecnici adeguati costituiscono risorse assolutamente imprescindibili per la costruzione di un rapporto bilanciato tra stazione appaltante e impresa;
b)un quadro normativo stabile, al di là dell'approccio adottato – di dettaglio o semplificato – che costituisca un riferimento certo e continuo nel tempo a cui adeguarsi;
c)una decisa semplificazione burocratica, con particolare attenzione ai percorsi autorizzativi, che sono troppi e dai tempi troppo incerti, precedono spesso l'avvio delle procedure ma si verificano anche nella fase di esecuzione;
d)azioni volte a semplificare e a rendere più equilibrato il rapporto tra impresa e stazione appaltante, riducendo anche gli spazi per eventuali contenziosi.

Dall'altro, più ancora, in merito alle prospettive di aumento dei lavori svolti dalle stazioni appaltanti nel prossimo futuro, i responsabili di procedimento hanno fornito il 60% di risposte negative, a segnalare un prevalente scetticismo o la scarsa convinzione verso l'effettiva attivazione di nuovi ingenti programmi di investimento e una futura stagione di ripresa dei lavori pubblici. In altri termini, questa rappresenta un segnale di allarme da parte di coloro che direttamente operano sugli interventi pubblici rispetto alla possibilità di sostenere impegni aggiuntivi rispetto all'attuale senza un corrispondente adeguamento della struttura organizzativa.

In definitiva, l'amministrazione sembra confidare, quindi, su un modello in cui il buon funzionamento del settore poggia sulla capacità delle stazioni appaltanti di impostare e seguire l'opera nei rapporti con l'impresa esecutrice tenendo conto prevalentemente delle proprie competenze, e superati i vincoli imposti dalla burocrazia.

L'indagine sembra suggerire che, in attesa di future riforme (della pubblica amministrazione, del codice dei contratti e della giustizia), sia urgente produrre un grande sforzo in termini di coinvolgimento e mobilitazione di risorse umane interne ed esterne alla pubblica amministrazione per dare sostanza al programma di investimenti e modernizzazione sostenuto dall'Europa e di prossimo avvio.

(*) Irpet
(**) Agenzia di Coesione- Sistema dei conti pubblici territoriali

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