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Il Covid non taglia i tempi, a Crotone l’Asl paga dopo 434 giorni

Il Servizio sanitario nazionale con le sue Asl e ospedali sono da sempre cattivi pagatori. E con lo scoppio dell’emergenza Covid, nonostante diverse imprese fornitrici siano state in trincea assicurando nell’emergenza agli ospedali apparecchiature e dispositivi, nulla è cambiato. Se al massimo le aziende dovrebbero aspettare non più di 60 giorni per farsi saldare le fatture sanitarie (il doppio di quanto previsto per gli altri settori) la realtà dice che in Italia la Sanità pubblica paga in media dopo 107 giorni i dispositivi medici che acquista per i suoi ospedali, quindi con quasi due mesi di ritardo. Ma con differenze enormi tra le Regioni: il record negativo è della Calabria che a fine aprile 2020 ha saldato le sue fatture dopo 296 giorni in media, con attese però ancora più lunghe in alcune strutture. Il primato assoluto spetta all’azienda sanitaria provinciale di Crotone che impiega 434 giorni per onorare i suoi pagherò. Anche a Catanzaro le attese sono lunghissime: al Mater Domini aspettano 398 giorni per pagare, all’azienda provinciale 369 e all’ospedale Pugliese Ciaccio 352. Dopo la Calabria le Regioni più ritardatarie sono il Molise (160 giorni), la Campania (152) e la Sicilia (149). E comunque anche in tutte le altre Regioni si paga in ritardo, solo il Friuli lo fa entro i due mesi previsti (58 giorni per l’esattezza).

Il tema del pagamento dei debiti Pa è finito ieri sul tavolo dell’assemblea di Confindustria Dispositivi medici che da anni lancia allarmi inascoltati: «Onorare i debiti nei confronti delle imprese sarebbe degno di un Paese civile soprattutto ora che il settore esce da un momento di grande difficoltà», avverte il presidente Massimiliano Boggetti. «Durante l'emergenza sanitaria - continua - molte imprese hanno investito per il Paese e sono state in trincea lavorando senza sosta per fornire agli ospedali e ai pazienti dispositivi salvavita. Altre stanno pagando il prezzo di mesi di lockdown con drammatiche conseguenze». Infatti, escludendo poche aziende cresciute in quanto le loro tecnologie sono connesse al trattamento del Covid-19, la gran parte delle imprese ha risentito del sostanziale blocco delle attività sanitarie: le imprese più piccole hanno perso fino al 50% del fatturato, quelle medie quasi il 12 per cento.

«Per le aziende dei dispositivi medici, oltre al saldo dei debiti dei Pa, si dovrebbe procedere all'eliminazione del Payback, una forma di tassazione iniqua che grava pesantemente sul comparto», conclude il presidente di Confindustria dispositivi medici che ieri ha visto l’ingresso nella Federazione anche di Assortopedia e la nomina di Silvia De Dominicis, ad Johnson & Johnson Medical Spa, a vicepresidente con delega agli Affari legali e regolatori con due nuovi componenti del Consiglio generale: Katia Accorsi (Roche Diagnostics) e Marco Greco (Fresenius Medical Care).

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