Imprese

Autostrade, ultimatum del governo sulla tariffa

L’esecutivo vuole l’intesa anche sulle manutenzioni. «Proposta nel week end o procediamo con la revoca»

di Manuela Perrone

Il governo chiede ad Aspi entro il fine settimana una nuova proposta «soddisfacente» per l’interesse pubblico, a partire da tariffa, risorse compensative, sanzioni in caso di inadempimenti sulle manutenzioni, pena la revoca della concessione. Ma intanto ragiona sulla carta calata dalla società all’incontro tecnico di ieri al ministero delle Infrastrutture: un aumento di capitale (e non più una vendita di quote) che porti Atlantia, la holding della famiglia Benetton, a cedere il controllo di Autostrade. Una soluzione su cui i Cinque Stelle, o almeno una parte consistente, però già pongono l’altolà. «I Benetton devono essere fuori, non ci sono condizioni», spiega una fonte di governo pentastellata.

Il confronto al ministero delle Infrastrutture, ieri, è durato circa due ore: da un lato gli ad di Atlantia e Aspi, Carlo Bertazzo e Roberto Tomasi, dall’altro il segretario generale di Palazzo Chigi, Roberto Chieppa, e i capi di gabinetto di Mit e Mef, Alberto Stancanelli e Luigi Carbone. Assenti, ma in contatto diretto e costante con i tecnici, i ministri dem Paola De Micheli e Roberto Gualtieri. Al termine della riunione, dall’esecutivo hanno fatto filtrare l’ultimatum alla società, che richiama le richieste sempre avanzate sin qui dal governo, in particolare l’adeguamento al più equo sistema tariffario stabilito dall’Autorità di regolazione dei trasporti (Art) più volte posto da Gualtieri come precondizione per qualsiasi «soluzione transattiva». Idem sulle compensazioni: Autostrade aveva offerto 2,9 miliardi per la tragedia del ponte Morandi, tra 1,5 miliardi per investimenti sulla rete e altri 700 per la ricostruzione, che si sarebbero aggiunti al piano di investimenti straordinari da 14,5 miliardi.

L’esecutivo vuole di più. E soltanto se arriverà un segnale su questi fronti (magari già oggi dai Cda di Atlantia e Aspi) il confronto sugli aspetti che non attengono alla transazione (la vendita o l’aumento di capitale, appunto), potrà passare al livello successivo, quello politico. Quando? Al prossimo Consiglio dei ministri, probabilmente lunedì al rientro del premier Giuseppe Conte da Berlino.

Ma la maggioranza resta spaccata. Sin dall’inizio Iv ha spinto perché si trovassero alternative alla revoca. Matteo Renzi insiste su una posizione opposta a quella dei Cinque Stelle: «Impossibile cacciare i Benetton». La deputata ligure Raffaella Paita incalza: «Basta demagogia e populismo, il governo arrivi con una proposta. Noi non siamo difensori dei Benetton, a noi interessa che le soluzioni non comportino contenziosi che pagherebbero i cittadini e che non si perdano posti di lavoro». Per il leghista Edoardo Rixi, peraltro, in caso di revoca almeno 8 miliardi (l’indennizzo come ridimensionato dall’art. 35 del Milleproroghe che Aspi chiede di modificare) andrebbero trovati subito e stanziati.

Nel Pd di Nicola Zingaretti ci si è mossi con cautela: duri su tariffe e indennizzi, ma trattativisti. «Dalla gestione di Autostrade sono emerse gravi inadempienze: il governo ha il diritto di valutare la possibilità di una revoca o di una radicale revisione delle concessioni per tutelare la sicurezza dei cittadini e la credibilità del regime concessorio nel rapporto tra pubblico e privato», ha detto il sottosegretario all’Ambiente Roberto Morassut.

Il vero nodo da sciogliere per Conte resta dunque il muro M5S, rinvigorito dalla sentenza della Consulta di mercoledì. «Io sono favorevole alla nazionalizzazione: per me le autostrade devono tornare a essere controllate dallo Stato», ha detto Alessandro Di Battista ai microfoni di “Stasera Italia News” su Rete4. «Fuori i Benetton», scandisce il viceministro Stefano Buffagni, contrario anche all’ipotesi di una ricapitalizzazione che diluisca la quota di Atlantia in Aspi. Il ministro degli Esteri Luigi Di Maioha esortato: «Non dobbiamo avere paura di prendere decisioni nette». Qualcuno suggerisce anche che la revoca potrebbe ammorbidire il niet sul Mes. Ma è uno scambio che dal governo negano, e Conte su Aspi deve chiudere ora. Non basta al Pd che in un’intervista alla spagnola Nius il premier elogi la «responsabilità» degli azionisti di governo, negando rimpasti. La pazienza è al limite. Anche se ogni decisione ha un costo e l’esecutivo è appeso a un filo.

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