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La prova costituzionale che il titolo V va riformato

Il punto, secondo la Corte costituzionale, è la necessità di una gestione unitaria e accentrata della pandemia

di Francesco Saverio Marini

Con un'ordinanza pubblicata ieri, la Corte costituzionale si è pronunciata, accogliendola, sulla richiesta del Governo di sospendere la legge regionale con cui la Regione Valle d'Aosta ha disciplinato alcuni aspetti riguardanti la pandemia da Covid-19.

Questa pronuncia rappresenta un unicum, sia perché, per la prima volta, la Corte costituzionale ha sospeso l'efficacia di una legge regionale, sia perché, ancora per la prima volta, è intervenuta in materia di emergenza sanitaria e di distribuzione delle competenze tra Stato e Regioni.

Il Governo ha in particolare affermato la propria competenza esclusiva sulla gestione dell'emergenza, assumendo che qualsiasi intervento regionale potrebbe porre in crisi l'ordinamento della Repubblica e i diritti fondamentali della popolazione; di qui l'urgenza di ottenere l'immediata sospensione della legge regionale.

La Regione Valle d'Aosta, dal canto suo, ha rivendicato la propria potestà di legiferare in una materia che ormai da un anno involge l'intera vita dei cittadini, per offrire la maggior protezione possibile alla popolazione, tenuto anche conto delle peculiari caratteristiche del proprio territorio, che rendono irrazionale l'applicazione integrale della disciplina statale. Basti pensare che la popolazione dell'intera Regione è 40 volte inferiore a quella del solo Comune di Roma, che ci sono Comuni con meno di 100 abitanti, che la densità abitativa è irrisoria, che gli esercizi commerciali hanno dimensioni estremamente ridotte, che non esistono centri commerciali, e che i luoghi di aggregazione non hanno certo la consistenza dei centri metropolitani.

Ma soprattutto la Regione ha contestato che i propri poteri di autonomia speciale possano essere compressi non da una legge del Parlamento, ma da atti unilaterali del Presidente del Consiglio dei Ministri, che non sono sottoposti al vaglio delle Camere, né del Presidente della Repubblica.

Come anticipato, la Corte costituzionale ha ritenuto sussistere gli estremi per sospendere la legge, in quanto «la pandemia in corso ha richiesto e richiede interventi rientranti nella materia della profilassi internazionale di competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera q), Cost.».

Le Regioni, insomma, risultano spogliate di ogni potestà normativa in materia, anche di tipo integrativo e di dettaglio. E questo perché, ancora secondo il giudice costituzionale, l'adozione di una disciplina che si affianca a quella statale «espone di per sé stessa al concreto e attuale rischio che il contagio possa accelerare di intensità, per il fatto di consentire misure che possono caratterizzarsi per minor rigore».

La Corte non si è espressa quindi sugli specifici contenuti della legge valdostana, che espressamente non sono stati esaminati in questa sede. Il pericolo, stando all'ordinanza, è potenziale e prescinde dal contenuto delle misure in concreto adottate.

E del resto, lo si è accennato, la legge valdostana non contiene misure derogatorie rispetto alla normativa statale, ma solo misure di maggior dettaglio che tengono conto delle peculiarità del contesto regionale, tanto che lo stesso Governo, davanti al giudice costituzionale, ha sottolineato l'apprezzamento per il self restraint del legislatore regionale. Peraltro la stessa legge contiene anche alcune specifiche clausole di salvaguardia, che consentono la piena permeabilità della disciplina locale rispetto a interventi dello Stato di maggiore contenimento della diffusione del virus.

Il punto, secondo la Corte costituzionale, non è se la legge regionale contestata sia più o meno restrittiva di quella statale (aspetto che, come detto, non è stato approfondito in questa fase), ma la necessità di una gestione unitaria e accentrata della pandemia. Se, come si afferma nell'ordinanza, «le modalità di diffusione del virus Covid-19 rendono qualunque aggravamento del rischio, anche su base locale, idoneo a compromettere, in modo irreparabile, la salute delle persone», allora la responsabilità di fronteggiare l'aggravamento del rischio spetta esclusivamente allo Stato.

Nell'ordinanza ovviamente sono stati affrontati, peraltro in via provvisoria, solo aspetti generali, mentre residuano ancora una serie di rilevantissime questioni che saranno approfondite nella fase di merito.

Si tratta, in particolare, delle concrete modalità con cui lo Stato ha sinora gestito l'emergenza sanitaria, e quindi della legittimità degli strumenti prescelti per limitare libertà personali e per imporsi ai poteri legislativi delle Regioni, comprese quelle a Statuto speciale. Ci si riferisce ovviamente allo strumento del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, che è un atto non avente forza e valore di legge, sottratto all'approvazione parlamentare e all'emanazione da parte del Presidente della Repubblica.

Certo è che questo contenzioso, indipendentemente dal suo esito, conferma l'impellenza di una riforma costituzionale che declini i rapporti tra Stato e Regioni anche in tempo di crisi, soprattutto in considerazione della perduranza della crisi, nonché la difficoltà, per tutti gli attori istituzionali, di gestire questa tragica e inedita fase della storia repubblicana attraverso la dialettica e la leale collaborazione fra livelli di Governo.

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