Personale

Formazione e competenze per una nuova Pa

di Gianni Dominici

Il tema della formazione dei dipendenti pubblici è stato tra i punti chiave del Discorso programmatico del Presidente del Consiglio Draghi e rappresenta un elemento fondamentale del “Patto per l’Innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale” siglato con i sindacati, che afferma il diritto/dovere soggettivo all’aggiornamento continuo di ogni lavoratore pubblico. La “riforma liberale per la PA” illustrata dal Ministro Renato Brunetta su questo giornale parte da un investimento sui lavoratori pubblici “volto della Repubblica”, a cui sono chieste in cambio partecipazione e responsabilità. Il Governo punta a nuova e moderna Pubblica Amministrazione fondata sulla valorizzazione delle persone, attraverso percorsi di formazione professionale e la definizione di un piano delle competenze su cui costruire la programmazione delle assunzioni.

Questa rinnovata attenzione è di fondamentale importanza per il nostro Paese. Senza un adeguato investimento, la PA italiana rischia di non essere in grado di sostenere la sfida dell’utilizzo delle risorse messe a disposizione dal Next Generation UE. Perché la PA ricopra il ruolo centrale che le è assegnato nell’attuazione del PNRR è indispensabile investire sulle persone che dovranno rendere operative le politiche per raggiungere gli obiettivi ambiziosi nei tempi necessari. Investire sulle persone della PA oggi significa da un lato assumere presto e bene nuovo personale accelerando i concorsi, dall’altro investire di più e meglio in formazione. Partiamo da un dato di fatto: la PA italiana è poco aggiornata ed evidenzia scarse competenze digitali e manageriali. In dieci anni la spesa in formazione nel settore pubblico si è quasi dimezzata, segnando un preoccupante -41%.

Oggi, l’Italia spende appena 48 euro l’anno per la formazione per ciascun dipendente, con una media di appena 1,02 giorni di formazione l’anno a persona. Solo il 38% del personale pubblico ha un titolo universitario. Serve aumentare l’investimento in formazione e progettare interventi di reskilling adeguati a colmare i gap di competenze. E poi è necessario assumere, sfruttando l’opportunità dello sblocco del turnover per inserire le persone adeguate alle sfide da compiere, indicendo velocemente concorsi ripensati in forma completamente diversa rispetto al passato. Grazie alla pubblicazione da parte del Dipartimento della Funzione Pubblica del protocollo per l’organizzazione e la gestione dei concorsi pubblici in questo periodo di restrizioni, possono riprendere le prove concorsuali bloccate dalla pandemia. A seconda delle stime, solo per le procedure già iniziate, si parla di un numero di posti compreso tra 40.000 ad 100.000 unità. Ma i concorsi pubblici non devono essere semplicemente uno strumento per sostituire i lavoratori in uscita. Devono trasformare la composizione qualitativa e quantitativa del personale della PA, sulla base delle missioni strategiche del PNRR. E quali sono le competenze di cui la PA ha bisogno? La risposta non è così scontata. Ciascuna organizzazione pubblica dovrebbe rispondere a questa domanda dopo un’accurata analisi dei fabbisogni interni, compiuta sulla base dei tre assi portanti del Piano: digitalizzazione e innovazione, transizione ecologica e inclusione sociale. Sia nella progettazione delle attività di formazione interna che nel riavvio dei concorsi, però, non si può prescindere da alcune competenze necessarie per l’evoluzione della PA, da struttura basata su procedure e adempimenti (a cui sono richieste principalmente skill di tipo giuridico-amministrativo) ad organizzazione basata su obiettivi e risultati.

La PA italiana ha bisogno di sviluppare competenze digitali di base, indispensabili per portare avanti e gestire al meglio lo switch off dei servizi pubblici, riuscendo ad essere sempre più vicina ai cittadini, alle famiglie e alle imprese. E ha bisogno di soft skill, le competenze trasversali necessarie ad un’organizzazione meno basata sui tornelli e più sul lavoro agile, che alterna momenti in presenza con momenti a distanza con modalità di lavoro flessibile. Servono competenze di project management e di team work, si richiedono capacità comunicativa e relazionale. Tutto questo però non è ancora sufficiente. Per rispondere alla sfida del futuro è necessario cambiare radicalmente prospettiva. La PA deve investire su persone in grado di portare avanti un approccio improntato sulla soluzione dei problemi, sul pensiero critico e creativo. Profili che, grazie all’esperienza e alle competenze, sappiano gestire gli imprevisti, sappiano pensare “out of the box”, siano anche in grado di comprendere quando è il momento di disubbidire alle procedure e agli adempimenti per raggiungere al meglio gli obiettivi e sostenere il cambiamento. Servono innovatori, persone che abbiamo giusta motivazione e voglia di cambiare.

Solo così si potrà ripensare in una logica moderna il lavoro pubblico. Non c’è più tempo da perdere, è il momento di investire nelle competenze della PA, per la ripartenza del Paese. Non può esserci ripresa e resilienza senza un nuovo impegno per la Pubblica Amministrazione.

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