Urbanistica

Rigenerazione urbana a caccia di strategia: 21 piani in otto anni

Ance: stanziati 5,2 miliardi per programmi con iter complessi. Buia: «Serve un piano nazionale»

di Giorgio Santilli

In otto anni ben 21 piani fra nazionali ed europei, bandi, capitoli di spesa con risorse stanziate per un totale di 5,2 miliardi. Una cifra non trascurabile, che però è stata effettivamente spesa per una quota che non supera il 20 per cento a causa di meccanismi farraginosi e burocratici, iter inutilmente complessi, mancanza di coordinamento fra le varie iniziative. È un'altra delle possibili fotografie della rigenerazione urbana in Italia, scattata ieri dall'Ance, con il presidente Gabriele Buia in audizione alla commissione Ambiente e Territorio del Senato. Fotografia di una frammentazione estrema, desolante, di tante false partenze, di una priorità politica - dichiarata almeno a parole da molti anni - che non riesce a trovare una strategia, una politica stabile e condivisa. Né un interlocutore e un punto di riferimento stabile e visibile, visto che fra le molte cose che vengono rimproverate alla politica è l'assenza - anche questa da molti anni - di una delega specifica per le aree urbane o metropolitane dentro il governo, un ministro o un sottosegretario ad hoc. Non a caso fra le richieste dell'Ance c'è una cabina di regia che governi le politiche urbane.

Il caos, anche a distanza di anni, raramente traduce i fondi in bilancio in città più vivibili. Raramente riesce a coinvolgere risorse, energie e progetti privati. Tentativi che risalgono agli anni '80 e '90, con le sigle più strane, i Pru, i Prusst, gli articoli 18, le zone O, i piani città, i due bandi per le periferie. La ricerca dell'Ance si limita a considerare gli ultimi otto anni, dal «piano città» del governo Monti in avanti, ma dà numeri estremamente significativi dell'impasse e della palude: «Molto rumore per nulla, la tragicommedia della rigenerazione urbana in Italia», è la sintesi nel titolo del documento presentato da Buia.L'obiettivo dei costruttori dell'Ance - ma anche di tutta Confindustria considerando le dichiarazioni del presidente Carlo Bonomi e quelle della presidente di Assoimmobiliare Silvia Rovere riportate nell'articolo a fianco - è di avere un piano nazionale per la rigenerazione urbana che possa esprimere una politica unitaria e accedere ai finanziamenti garantiti dal Recovery Plan e dai fondi strutturali Ue 2021-27.

La grande occasione di rimettere in moto le nostre città, farle accelerare, non va sprecata. Per il futuro nuove opportunità arrivano anche dal programma «Qualità dell'abitare» sbloccato proprio in questi giorni dalla ministra alle Infrastrutture, Paola De Micheli, e dal sottosegretario Salvatore Margiotta, con un bando finanziato per ora con 853,8 milioni (ma anche qui le procedure sono estenuanti con la richiesta di finanziamenti da parte dei comuni sulla base di progetti che vengono poi messi in graduatoria sulla base dei criteri scelti). Ma ci sono anche gli 8,5 miliardi stanziati in quindici anni per piccoli appalti comunali destinati al miglioramento del decoro e alla riduzione dei fenomeni di marginalità sociali ma che possono essere anche utilizzati come catalizzatori di progetti urbani più ampi. Poi c'è la grande attesa per il Recovery Plan - che incrocia priorità della rigenerazione urbana come la rivoluzione verde, le infrastrutture per la mobilità e l'equità sociale - ma dove la partenza in Italia è stata disastrosa, all'insegna della «grande confusione»: nella prima fase di raccolta delle proposte da ministeri e amministrazioni territoriali, il comitato interministeriale per gli Affari europei ha raccolto 77 proposte, da 22 diversi centri decisionali per un ammontare di 180 miliardi.

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