Amministratori

Un anno per (non) piantare un albero nel Paese che punta a 209 miliardi

I 30 milioni messi nel 2019 si perdono nel dedalo di carte ora chieste agli enti dal decreto attuativo

di Gianni Trovati

I fondi, 30 milioni, sono stati stanziati nell'ottobre 2019. Ma per piantare gli alberi - pardon: per «mettere a dimora impianti arborei da legno a ciclo medio e lungo» - servirà almeno un altro anno. E non è detto che ci si riesca, nonostante il lungo confronto tecnico fra governo ed enti locali. Con la sua prosa ministeriale, il decreto attuativo sul verde urbano è un saggio delle incognite su un Paese che punta a spendere 209 miliardi Ue per la ripresa. Ma non riesce a usare 30 milioni per gli alberi nelle città.

Si tratta, insomma, di una storia, minore ma significativa. Inizia il 14 ottobre del 2019, quando arriva in Gazzetta Ufficiale il decreto legge con le «misure urgenti per il rispetto degli obblighi previsti dalla direttiva 2008/50/CE sulla qualità dell’aria». In pratica, come spesso capita l’Unione europea ci ha messo in mora su una serie di regole ambientali. E noi, pronti, rispondiamo con un decreto. «Necessario e urgente» come da Costituzione. Ma gonfio di decreti attuativi come da tradizione.

Quello sugli alberi, chiamato a fissare le regole con cui distribuire 30 milioni in due anni per le piantumazioni nelle Città metropolitane, ha stazionato per mesi in Conferenza Unificata, dove bisogna costruire l’intesa fra governo ed enti territoriali come capita sempre quando le norme intrecciano le competenze locali.

Aggiusta di qua e integra di là, il risultato raggiunto alla fine della scorsa settimana non appare esattamente in linea con la fanfara delle «semplificazioni» appena suonata con il decreto di luglio. Perché per ambire ai fondi verdi le Città dovrebbero desertificare ettari di foreste per produrre tutti i documenti necessari all’esame ministeriale.

I progetti, spiega l’articolo 4 del Dm, devono «tutelare la biodiversità», ma soprattutto «migliorare la funzionalità ecosistemica delle infrastrutture verdi». «Mica cotiche», si direbbe a Roma.

Valutare obiettivi così ambiziosi non è semplice. E per farlo il ministero vuole guardare le carte. Tante.

Gli enti locali dovrebbero scrivere un progetto esecutivo corredato di «relazione tecnica, quadro economico di ripartizione dei costi, planimetrie redatte sulla base di una cartografia georeferenziata in scala nominale, computo metrico» e stima dei costi di manutenzione per sette anni. Dovrebbero poi allegare una «descrizione delle aree destinate ad ospitare le piantagioni arboree e arbustive», ovviamente «in termini fisici, biologici ed ecologici», ma anche «podologici e paesistici». Il tutto senza dimenticare, ci mancherebbe, una «documentata descrizione del collegamento tra le fitocenosi di progetto e la dinamica vegetazionale locale», e una «documentata stima della capacità delle specie botaniche utilizzate in termini di assorbimento e stoccaggio della CO2». Anche se provate da tanto sforzo descrittivo, le amministrazioni non dovranno poi trascurare una «stima dei benefici ambientali attesi relativamente alla cattura e stoccaggio della CO2», da effettuare naturalmente «facendo riferimento alle Linee Guida dell’International Panel on Climate Change e alle più aggiornate metodologie e procedure di computo sviluppate da Enti di ricerca pubblici italiani o di altri Paesi dell’Ue» (si possono quindi tralasciare i criteri di calcolo sviluppati nel resto del mondo).

La natura degli interventi è «complessa e multifunzionale», argomenta il decreto, per cui occorre «un gruppo di progettazione a composizione multidisciplinare, documentata dai curricula dei partecipanti».

Per costruire le loro tesi di dottorato in Scienze arboree le Città metropolitane avranno quattro mesi di tempo dalla pubblicazione del nuovo decreto. Poi il ministero si prenderà tre mesi per la valutazione dei dossier. Dopo di che, in caso di esito positivo, dovrà deliberare la graduatoria e poi erogare i fondi, con un decreto per ogni Città. A quel punto, gli enti locali potranno fare i bandi per l’affidamento dei lavori. A essere molto ottimisti, dunque, la prima radice toccherà il suolo verso la fine del 2021. Quando ormai l’Italia correrà a ritmi cinesi grazie ai fondi del Recovery Plan.

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