I temi di NT+Rassegna di giurisprudenza

Appalti, limitato il sindacato del Ga sulle valutazioni tecniche e su quelle ampiamente discrezionali

di Giovanni F. Nicodemo

Illegittimità della verifica dell’anomalia: il Ga può solo disporre la rinnovazione del procedimento

Anomalia dell’offerta – Incidenza degli oneri per il costo del lavoro - Erroneità della verifica – Provvedimenti del Giudice amministrativo – Regressione della procedura alla fase di verifica
Il Giudice amministrativo, nell’ambito della giurisdizione di legittimità, non può sostituirsi all’amministrazione nell’effettuare la verifica di anomalia, e non può comunque sottrarre all’amministrazione la discrezionalità che le è propria in base al dettato normativo.
Una volta accertato che l’effettiva incidenza degli oneri per il costo del lavoro sull’equilibrio complessivo dell’offerta non è stata correttamente verificata nella sede propria, tale omissione non può essere “surrogata” da una verifica in sede giudiziale, tenuto conto anche dei noti limiti al sindacato giurisdizionale sulle valutazioni rimesse all’amministrazione in subiecta materia. In tal caso, non deve, quindi, essere disposta l’esclusione dell’offerta sospetta di anomalia, ma solo la regressione della procedura alla fase di verifica dell’anomalia. 
Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza del 30 novembre 2020 n. 7554

 

La decisione di derogare alla divisione in lotti dell’appalto ha natura discrezionale e deve essere motivata dalla stazione appaltante

Divisione in lotti – Deroga -  Esercizio del potere discrezionale della Pa – Ammissibilità con provvedimento motivato
In materia di appalti pubblici è senz’altro principio di carattere generale la preferenza per la suddivisione in lotti, in quanto diretta a favorire la partecipazione alle gare delle piccole e medie imprese; tale principio, come recepito all'art. 51 Dlgs n. 50 del 2016, non costituisce peraltro una regola inderogabile: la norma consente alla stazione appaltante di derogarvi per giustificati motivi, che devono essere puntualmente espressi nel bando o nella lettera di invito, essendo il precetto della ripartizione in lotti è funzionale alla tutela della concorrenza. (Cons. Stato, V, 7 febbraio 2020 n. 973). Della quale vi è violazione in caso di previsione di lotti di importo spropositato (Cons. Stato, V, 6 marzo 2017, n. 1038) e riferiti ad ambiti territorialmente incongrui.
Il principio della suddivisione in lotti di un appalto, previsto dall'art. 51, Dlgs 18 aprile 2016, n. 50, può essere derogato, seppur attraverso una decisione che deve essere adeguatamente motivata ed è espressione di scelta discrezionale, sindacabile soltanto nei limiti della ragionevolezza e proporzionalità, oltre che dell'adeguatezza dell'istruttoria, in ordine alla decisione di frazionare o meno un appalto "di grosse dimensioni" in lotti (Cons. Stato, V, 3 aprile 2018 n. 2044; id., 16 marzo 2016 n. 1081; id., 12 settembre 2014 n. 4669).
Consiglio di Stato– Sez. V, sentenza del 27 novembre 2020 n. 7455

 

L’idoneità dell’offerta tecnica non è sindacabile davanti al giudice amministrativo  

Sindacato del Giudice amministrativo – Offerta tecnica -  Limiti - Manifesta illegittimità, abnormità e contraddittorietà
La valutazione dell’idoneità dell’offerta tecnica a soddisfare i requisiti (parimenti tecnici) individuati dal bando è sottratta in toto al giudizio del giudice amministrativo, al quale compete solo un sindacato di legittimità e non anche di merito circa l’operato dell’amministrazione.
Sindacato che, in un contesto connotato da un elevatissimo potere discrezionale dell’amministrazione, è circoscritto alle ipotesi di manifesta (ossia rilevabile dal giudicante ictu oculi, senza dover cioè ricorrere all’ausilio esterno di un consulente d’ufficio) illegittimità, abnormità o contraddittorietà dell’esercizio dello stesso, ovvero ancora in caso di palese travisamento dei fatti (ex multis, Cons. Stato, III, 2 settembre 2019, n. 6058).
Fatto salvo il limite della abnormità della scelta tecnica operata, di norma devono ritenersi inammissibili le censure che impingono nel merito di valutazioni per loro natura opinabili.
Consiglio di Stato – Sez. V, sentenza del 27 novembre 2020 n. 7452

 

La comparazione in base al principio dell’equivalenza è espressione di discrezionalità tecnica

Principio di equivalenza – Valutazione della commissione – Discrezionalità tecnica
Il principio di equivalenza permea l’intera disciplina dell’evidenza pubblica e la possibilità di ammettere a seguito di valutazione della stazione appaltante prodotti aventi specifiche tecniche equivalenti a quelle richieste risponde al principio del favor partecipationis (ampliamento della platea dei concorrenti) e costituisce altresì espressione del legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell’Amministrazione.
L’art. 68, comma 7, del Dlgs 50/2016 non onera i concorrenti di un’apposita formale dichiarazione circa l’equivalenza funzionale del prodotto offerto, potendo la relativa prova essere fornita con qualsiasi mezzo appropriato; la commissione di gara può effettuare la valutazione di equivalenza anche in forma implicita, ove dalla documentazione tecnica sia desumibile la rispondenza del prodotto al requisito previsto dalla lex specialis.
Consiglio di Stato  – sezione III, sentenza del 25 novembre 2020 n. 7404

 

Gravi illeciti professionali: per il Ga la P.A. può valutare anche le condotte del socio sovrano

Gravi illeciti professionali – Articolo 80 comma 5 lett. c) Dlgs 50 del 2016 – Condotte riprovevoli del socio sovrano – Rilevanza
Ai fini della ricorrenza del grave illecito professionale, occorre avere riguardo a tutti coloro che sono in grado di orientare le scelte del concorrente e non rileva, di per sé, il principio di immedesimazione organica, destinato ad operare propriamente nell’ambito negoziale come modalità di imputazione all’ente della volontà manifestata dalla persona fisica cui ne è affidata la rappresentanza, quanto, piuttosto, l’altro principio già definito del “contagio”. In questi termini non può esservi differenziazione tra condotta riprovevole del socio persona fisica e quella della società.
Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza del 27 novembre 2020 n. 7471

 

Sottoscrizione dell’offerta con firma digitale: per il Ga è sufficiente a provare l’identità dell’offerente che non allega la copia del documento di identità

Prova dell’identità dell’operatore economico – Sottoscrizione con firma digitale – Sufficiente
Dal combinato disposto dell'art. 65, c. 1, lett. a) del Codice dell'amministrazione digitale, e dell'art. 77, c. 6, lett. b) del Codice dei contratti, l'apposizione della firma digitale, a cagione del particolare grado di sicurezza e di certezza nell'imputabilità soggettiva che la caratterizza, è di per sé idonea a soddisfare i requisiti dichiarativi di cui al c. 3 dell'art. 38 del D.P.R. n, 445/2000, anche in assenza dell'allegazione di copia del documento di identità del dichiarante (C.S., Sez. III, 16.4.2019, n. 2493, Sez. VI, 20.9.2013 n. 4676).
Conseguentemente, la ratio della previsione dell’onere di produrre una copia del documento di identità, strettamente legata alla necessità per l’Amministrazione di identificare il richiedente, viene meno nel caso in cui le istanze o le dichiarazioni siano invece inviate per via telematica, prevedendo infatti il c. 2 del citato art. 38, che “sono valide se effettuate secondo quanto previsto dall'articolo 65 del decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82”.
La prescrizione della lettera di invito che ha comminato l’esclusione delle offerte economiche prive di copia del documento d’identità dell’offerente, è pertanto in contrasto con il disposto dell’art. 83, c. 8, del Dlgs n. 50/2016 laddove, le stesse siano state sottoscritte con firma digitale.
Tar Lombardia – Milano - Sez. V, sentenza del 4 dicembre 2020 n. 2395

 

Informativa antimafia: la decisione prefettizia è ampiamente discrezionale

Informativa antimafia – Sindacato giurisdizionale unitario – Discrezionalità valutativa del prefetto - Valutazione atomistica dei fatti da parte del Giudice – Esclusa
La valutazione - che l’autorità prefettizia è chiamata a compiere, per determinarsi in ordine alla sussistenza o meno del pericolo di infiltrazione mafiosa dell’attività d’impresa - deve svolgersi sul complesso degli elementi raccolti e non va condotta partitamente su ciascuno di essi e che, a sua volta, il sindacato del giudice sulla valutazione compiuta dall’autorità prefettizia di sussistenza del pericolo mafioso deve incentrarsi sull’atto complessivamente considerato e non va parcellizzato nella disamina di ogni singolo elemento di fatto preso in considerazione dall’autorità come sintomatico del pericolo di infiltrazione mafiosa, non venendo in rilievo, nel caso, la necessità di accertare singole e individuate responsabilità come, invece, necessariamente avviene nel processo penale, ma, piuttosto, l’esigenza, prevalente rispetto ad altre pur connesse ad interessi a rilievo costituzionale (come la libertà di iniziativa economica e la libertà di impresa), di porre un argine significativamente preventivo al pernicioso fenomeno del condizionamento mafioso dell’attività economica del Paese.
Difatti, gli elementi raccolti non vanno riguardati in modo atomistico ma unitario, sì che la valutazione deve essere effettuata in relazione al complessivo quadro indiziario, nel quale ogni elemento acquista valenza nella sua connessione con gli altri; tutto ciò comporta l'attribuzione al prefetto di un ampio margine di accertamento e di apprezzamento, sindacabile in sede giurisdizionale solo in caso di manifesti vizi di eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza e travisamento dei fatti (Tar Piemonte, n. 1923/2014).
In sede di redazione dell'informativa antimafia il Prefetto gode di ampi margini di discrezionalità, potendo, tra l'altro, desumere il tentativo di infiltrazione mafiosa anche da circostanze ex se prive di certezza assoluta, quali, ad esempio, sentenze di condanna, anche non definitive, o collegamenti parentali con soggetti malavitosi; peraltro, trattandosi in sostanza di un giudizio di probabilità, elaborato alla stregua della nozione di pericolo, al fine dell'efficacia preclusiva dell'informazione de qua, è necessario che gli elementi fondanti la stessa siano, nel loro complesso, tali da ingenerare il serio pericolo che l'attività d'impresa possa in qualche modo agevolare le attività criminali o esserne, comunque, condizionata (Consiglio di Stato, Sez. III, n. 2040/2014).
Tar Campania – Napoli - Sez. I, sentenza del 1 dicembre 2020 n. 5690