Amministratori

Corte dei conti, dal Dl Semplificazioni incognita su 3mila processi

Non solo quando l’accusa è fondata sul «dolo» contestato ad amministratori e funzionari pubblici, che nella nuova norma trova una limitazione a regime pacificamente applicabile agli «affari non conclusi»

di Gianni Trovati

La riforma del danno erariale scritta nel decreto Semplificazioni rischia di rimescolare le carte di oltre 3mila processi in corso davanti ai giudici della Corte dei conti. Non solo quando l’accusa è fondata sul «dolo» contestato ad amministratori e funzionari pubblici, che nella nuova norma trova una limitazione a regime pacificamente applicabile agli «affari non conclusi». Anche nei procedimenti per «colpa grave», che sono la maggioranza, gli argini temporali della disciplina transitoria rischiano secondo gli addetti ai lavori di non tenere. Per una ragione semplice: l’articolo 21 del decreto sospende la responsabilità erariale per colpa grave dal 16 luglio scorso, giorno dell’entrata in vigore del provvedimento, al 31 luglio 2021, data di scadenza della norma. In questo modo, però, lo stesso identico comportamento è perseguibile se avvenuto entro il 15 luglio, mentre diventa intoccabile se accaduto il giorno dopo.

Ma è quasi scontato che i difensori di chi è messo sotto processo, e rischia di pagare con il proprio patrimonio per un’azione ora non più perseguibile, sollevino la questione. E più di un osservatore già individua importanti problemi di costituzionalità.

Ecco perché il decreto può in realtà modificare il terreno di gioco di tutti i processi contabili in corso, che secondo l’ultima relazione annuale della Corte dei conti sono appunto 3.022 divisi fra 1.243 in appello e i 1.779 in primo grado. E lo stesso effetto si può produrre sulle indagini, comprese quelle già concluse con l’«invito a dedurre» che è l’equivalente contabile dell’avviso di garanzia: come accaduto per esempio nei giorni scorsi all’inchiesta che coinvolge il segretario del Pd Nicola Zingaretti, la sindaca M5S di Roma Virginia Raggi e altri 35 politici e dirigenti della ex Provincia per l’acquisto (220 milioni di euro) della Torre dell’Eur dell’immobiliarista Parnasi, che sarebbe dovuta diventare la sede della Città metropolitana ma era priva dell’agibilità.

Il decreto Semplificazioni non determina nessun blocco automatico, ovviamente, e il suo impatto si vedrà nel tempo, caso per caso. Ma la materia è delicata, e gli effetti collaterali delle modifiche possono andare ben oltre gli obiettivi dichiarati. Che, secondo il governo, sono quelli di velocizzare la macchina amministrativa, soprattutto in fatto di opere pubbliche, placando la «paura della firma» che paralizzerebbe amministratori e dirigenti pubblici timorosi di finire davanti alla Corte dei conti per essere inciampati in uno dei tanti intrecci normativi italiani.

Per raggiungere lo scopo, l’intervento è ad ampio raggio e viaggia su un doppio binario. Il primo è rappresentato da una modifica della norma di base (articolo 1, comma 1 della legge 20/1994) che definisce il «dolo» perseguibile in Corte dei conti. Con la nuova regola, per arrivare al danno erariale, cioè alla richiesta di rimborsare i fondi sottratti o fatti perdere alle finanze pubbliche, non basta provare il dolo ma occorre dimostrare «la volontà» di provocare il danno. Un’ipotesi non semplice da tradurre in realtà nella pratica, quando non intervengono intercettazioni, prove documentali o confessioni che certifichino l’intenzione degli imputati di dare un colpo alle finanze del loro ente. Le accuse contabili fondate sul dolo sono una minoranza, ma riguardano temi che spesso hanno una ricca fortuna mediatica.

È il caso dei dipendenti pubblici assenteisti, per esempio, che le ultime due riforme della Pa targate Brunetta e Madia chiedono di condannare anche sul piano contabile per risarcire il «danno all’immagine» subìto dall’amministrazione; oppure dei docenti universitari che in questi anni sono stati condannati per aver dimenticato di comunicare i loro incarichi extra accademici che avrebbero imposto di accontentarsi del ruolo (e dello stipendio) a tempo parziale.

Più radicale l’intervento sull’altro pilastro delle condanne contabili, la «colpa grave», che fra l’altro individua tutti i casi di sprechi che non dipendono da tangenti e favori ma nascono da disattenzione, mancati controlli e pesanti carenze amministrative. Con la sola eccezione di una «colpa per inerzia» che andrà definita nei giudizi, la colpa grave viene cancellata fino al 31 luglio 2021. Per ora.

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