Progettazione

Prato/2. Lo studio Obr: «Il nostro parco? Una nuova centralità che si ispira al Rinascimento»

di Mariagrazia Barletta

Un progetto che trova le sue regole e le sue misure a partire dalla griglia ortogonale che conforma la città. Un parco pensato per creare una nuova centralità, che evoca i giardini italiani del Rinascimento e dove gli elementi che lo compongono «dialogano per creare una composizione di spazi per l'arte». Tommaso Principi e Paolo Brescia (nella foto quadrata), fondatori di OBR Open Building Research, collettivo la cui rete si dirama tra Milano, Londra e Mumbai, raccontano il progetto con il quale hanno appena conquistato il primo posto al concorso, bandito lo scorso gennaio dal Comune di Prato, per la creazione di un grande parco urbano all'interno delle mura trecentesche della città. Una vittoria che condividono con Michel Desvigne, rinomato paesaggista francese che vanta collaborazioni con le più grandi firme dell'architettura come: Foster + Partners, Herzog & de Meuron, Richard Rogers, Jean Nouvel, Rem Koolhaas e Renzo Piano, e con il quale lo studio OBR ha messo a punto la proposta vincitrice della competizione. Una collaborazione, quella tra i progettisti italiani e il paesaggista francese, iniziata tempo fa, ma che si consolida con l'arrivo della seconda vittoria ad un concorso internazionale di progettazione.

Architetto, come nasce la collaborazione con il paesaggista Michel Desvigne?
Tommaso Principi: Abbiamo conosciuto Michel circa quindici anni fa, avevamo appena fondato OBR. Apprezzavamo molto la sua ricerca e decidemmo di andare a Parigi a conoscerlo. Poi nacque una collaborazione che si è rafforzata negli anni. Recentemente abbiamo vinto insieme il concorso per la nuova sede di Michelin a New Delhi.

Quando si sceglie un professionista con il quale condividere un percorso progettuale lo si fa generalmente per affinità di approccio. Cosa vi avvicina di più al lavoro di Desvigne?
Paolo Brescia: Anche se in tempi diversi, sia noi sia Michel abbiamo lavorato con Renzo Piano, con il quale acquisisci un metodo, quello della téchne, nel senso classico del "saper fare". Con lui impari ad applicare la ricerca, fai architettura applicata. Nel caso di Michel, i suoi progetti divengono col tempo paesaggi naturali strutturati da regole compositive definite dalla lettura storica del paesaggio.

Come è cambiato il ruolo della progettazione del paesaggio nella pianificazione di grandi spazi urbani? E come si posiziona l'Italia in questa materia?
Tommaso Principi: Forse questa domanda andrebbe fatta a Michel.. Noi riteniamo che la progettazione del paesaggio dovrebbe avere un ruolo predominante nella pianificazione delle nostre città, ma non sempre vengono seguiti esempi virtuosi. Il caso del Parco Centrale di Prato è differente: si demolisce un grande edificio in disuso per farne un parco, luogo aperto in cui incontrarsi e sentirsi parte di una comunità. Un parco ben progettato può creare una nuova centralità urbana con benefici diffusi al suo contorno in termini sociali, ambientali e anche immobiliari.

Il progetto parte dal rilevare l'impronta del tessuto storico di Prato. Come nasce questa idea e a cosa porta?
Paolo Brescia: Volevamo che il nostro progetto si inscrivesse pienamente nell'assetto urbano di Prato. Michel ed i suoi collaboratori hanno preso spunto dalla griglia della città, ancora in parte orientata secondo cardo e decumano, che colpisce per la sua persistenza e per l'ampiezza della sua diffusione spaziale e temporale. Grazie alla sua giusta misura e alla sua flessibilità, essa detta ancora oggi la struttura e il dimensionamento omogeneo delle superfici costruite, delle parcelle industriali e agricole. Abbiamo quindi tentato di ricavare i ritmi e il motivo geometrico che riorganizza la materia della città, per poi immaginare il possibile paesaggio del parco. Attraverso questo processo abbiamo definito la disposizione geometrica delle superfici minerali e vegetali del parco, che viene ritmato da siepi che come quinte scandiscono il sito seguendo gli assi paralleli al cardo

Mi sembra anche che la frammentazione del grande spazio aperto in tanti piccoli luoghi diversi, che ripropongono le piccole dimensioni tipiche della trama urbana dei nostri centri storici, sia un tema importante del vostro progetto. È così?
Tommaso Principi: Nelle nostre città contemporanee, diversamente da quelle medioevali e rinascimentali, sta scomparendo ogni connessione col mondo organico dentro il quale, oggi come a quei tempi, siamo ospitati. L'area di progetto si presenta oggi come un "vuoto" all'interno delle mura storiche. Riportare sul vecchio sedime degli orti la materia vegetale del nuovo parco, significa ri-creare connessioni profonde con l'identità della città storica ed i suoi abitanti. Il parco evoca al contempo le tracce della città di Prato e quelle dei giardini italiani del Rinascimento, organizzati secondo siepi e prospettive. Il nostro progetto, innescando un nuovo principio costitutivo, cerca nuove relazioni con il suo intorno e un nuovo orientamento per il futuro.

Nella vostra proposta il parco diventa anche un luogo di esposizione di opere d'arte. Come nasce l'idea di attribuire allo spazio "verde" tale funzione?
Paolo Brescia: Il progetto reinterpreta in un linguaggio contemporaneo e astratto i grandi principi della composizione classica. Gli elementi del parco - il vegetale, il minerale e l'acqua - dialogano per creare una composizione di spazi per l'arte. È con la volontà di iscriversi nella dinamica culturale propria di Prato, trovando una presenza intra-muros per l'arte che proponiamo per il parco un programma strettamente legato all'arte contemporanea. Affacciato sul parco abbiamo previsto un padiglione che accoglie, oltre ai ristoranti e ai servizi legati alle attività del parco, vasti spazi dedicati agli atelier di artisti, performance e mostre temporanee. Il parco stesso acquista uno status di luogo per l'arte a cielo aperto.

Quali altre funzioni avete pensato di inserire?
Tommaso Principi: Il padiglione nel parco è un innovativo spazio pubblico di produzione artistica e culturale, aperto a tutti e abitato da artisti, imprenditori creativi, ricercatori. Al suo interno sono previste diverse funzioni che da un lato rispondono alle richieste tipiche dettate dalla funzione pubblica del parco (info-point, caffetteria e servizi), dall'altro declinano funzioni culturali e ricreative capaci di generare reddito e rendere il parco in grado di autosostenersi. La struttura ospiterà quindi servizi di "palestra all'aperto", tra cui noleggio bici e attrezzatura sportiva, etc. e una sala per attività indoor (yoga, danza, etc.), un'area polivalente, estremamente flessibile e facilmente riconfigurabile pensata per ospitare incontri, eventi, seminari, laboratori didattici. Un "Art-Lab" che ospita spazi dedicati ad attività miste che variano dalla produzione artistica al co-working. Il giardino pensile è circondato da una terrazza gradonata su tutto il perimetro che diventa la naturale estensione del parco sopra il padiglione.

Ricucire le relazioni con il contesto e dar vita ad un luogo attrattivo, erano le principali richieste espresse nel bando. Come il progetto risponde a queste esigenze?
Paolo Brescia: La nostra proposta per il Parco Centrale si pone la finalità di creare una nuova centralità urbana, capace di valorizzare l'identità di Prato. Come progettisti, la nostra responsabilità è stata quella di configurare il parco come un elemento trainante dell'identità di Prato, creando un luogo di forte integrazione sociale e culturale della città. La nostra proposta è pensata per costituire una nuova porta di accesso alla città, smistando nuovi flussi pedonali e percorrenze tra il centro storico ed i nuovi quartieri. Il progetto intende aggiungere valore all'offerta culturale pratese, senza porsi in alternativa ad essa. Un parco per tutti, aperto 365 giorni, giorno e sera, grazie ad un programma innovativo che, andando oltre allo svolgimento delle funzioni classiche legate al "parco urbano", sia in grado di veicolare l'immagine di "Prato città contemporanea".

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