Appalti

Conflitto di interessi, va escluso dalla gara il parente di un rappresentante della Pa

Lo ha ribadito il Consiglio di Stato con la sentenza n. 5151/2020

di Dario Immordino

La relazione di affinità tra il rappresentante di vertice di una delle imprese partecipanti alla gara ed un rappresentante della stazione appaltante titolare di funzioni concernenti l'esecuzione dell'appalto, l'attività di progettazione e di redazione del capitolato tecnico integra gli estremi del conflitto di interessi di cui all'art. 42 del codice dei contratti pubblici, soprattutto se il ruolo rivestito dal funzionario lo mette nella condizione di avere accesso ad informazioni privilegiate relative alla procedura di gara, ovvero di essere ben informato delle esigenze dell'amministrazione in ordine alle prestazioni oggetto di affidamento, quindi, di possedere conoscenza degli elementi che potrebbero condurre a conferire maggior peso e pregio all'uno o all'altro elemento dell'offerta.

In simili circostanze, ai sensi dell' l'art. 80, comma 5 lett. d) del Codice degli appalti, deve essere escluso dalla gara l'operatore la cui partecipazione «determini una situazione di conflitto di interesse ai sensi dell'articolo 42, comma 2, non diversamente risolvibile». Se il conflitto di interessi è rilevato in una fase più avanzata del procedimento di gara, o addirittura successivamente all'aggiudicazione, l'intera procedura competitiva deve ritenersi inficiata da una insanabile una violazione delle norme di legge poste a tutela della trasparenza, del buon andamento dell'amministrazione e della par condicio tra i concorrenti, che si propaga sino al conseguente atto di aggiudicazione, viziato in via derivata, sicché in tale ipotesi è inevitabile procedere all'invalidazione dell'intera procedura, (Cons. Stato, sez. V, n. 7389/2019).

Lo ha ribadito il Consiglio di Stato con la sentenza n. 5151/2020. Il conflitto di interessi

costituisce un fondamentale strumento di salvaguardia dell'interesse pubblico alla corretta esecuzione delle gare di appalto, ed in particolare dei fondamentali principi di imparzialità, trasparenza, concorrenza e par condicio dei partecipanti alle gare, buon andamento dell'esercizio dei poteri pubblici sub specie di efficienza ed economicità delle procedure di appalto. La tutela di tali imprescindibili valori richiede, infatti, la prevenzione ed il contrasto di ogni possibile forma di inquinamento dell'interesse pubblico e dell'azione dei pubblici poteri, suscettibile di sostanziarsi in indebiti vantaggi a favore di taluno dei partecipanti alle gare di appalto.

Si tratta, tuttavia, di obiettivi particolarmente impegnativi se si considera la complessità della disciplina e della organizzazione delle gare pubbliche, che si articolano in una vasta congerie di regole, adempimenti, passaggi burocratici che coinvolgono una ampia platea di soggetti cui sono a vario titolo demandate funzioni pubbliche. Ciò comporta una casistica pressoché infinita di situazioni potenzialmente conflittuali, difficile da comprendere in una o più disposizioni normative.

In ragione di ciò la strategia di contrasto risulta incentrata su una nozione ampia di conflitto di interessi, suscettibile di ricomprendere qualsivoglia situazione di "contrasto ed incompatibilità, anche solo potenziale, fra il soggetto e le funzioni che gli vengono attribuite" (Cons. Stato, sez. V, n. 5444/2006 e n. 5158/2018; id., sez. VI, n. 563/2004), in modo da prevenire e debellare ogni possibile forma di inquinamento dell' interesse pubblico ed ogni possibile modalità di alterazione del fisiologico confronto competitivo.
In coerenza con tali esigenze e con le indicazioni della disciplina europea (art. 35, comma 2, direttiva 2014/23, art. 24, comma 2, direttiva 2014/24 e art. 42, comma 2, direttiva 2014/25), il codice degli appalti appresta una tutela ad ampio raggio del corretto espletamento delle procedure di gara, attraverso disposizioni estese a tutti i possibili profili e dimensioni di turbamento dell'interesse pubblico.

A tal fine viene strutturata una definizione ampia e tendenzialmente onnicomprensiva di conflitto di interessi che riguarda:
a) tutti coloro che, in base ad un valido titolo giuridico (legislativo o contrattuale), siano in grado di impegnare validamente la stazione appaltante nei confronti dei terzi o che possono influenzare il risultato della procedura con qualsiasi modalità, anche senza intervenirvi formalmente, o dispongano di informazioni sensibili
b) qualsiasi interesse finanziario, economico o personale "che può essere percepito come una minaccia alla sua imparzialità e indipendenza nel contesto della procedura"; c) l'intera filiera degli appalti, dalla progettazione alla fase di aggiudicazione ed esecuzione dei contratti pubblici

L'ampia formulazione della disposizione consente di tracciare un perimetro soggettivo ed oggettivo del conflitto di interessi particolarmente vasto, idoneo a ricomprendere anche soggetti formalmente esterni alla stazione appaltante (come il progettista incaricato della redazione del progetto posto a base di gara), e pressoché ogni forma di legame interpersonale, dato che il divieto concerne rapporti di natura "professionale, finanziaria, economica o dettati da particolari legami di parentela, affinità, convivenza o frequentazione abituale con i soggetti destinatari dell'azione amministrativa" (Linee guida Anac n. 15, par. 2.4).

Il "conflitto di interesse" rilevante per il settore degli appalti pubblici , infatti, è configurato in termini di mera potenzialità, in quanto ai sensi della disciplina codicistica deve ritenersi sussistente in ogni ipotesi in cui venga rilevata l'esistenza di un interesse personale di un funzionario (in senso ampio) che possa essere "percepito come una minaccia alla sua imparzialità e indipendenza nel contesto della procedura di appalto o di concessione"; (così Cons. Stato, sez. III, 14 gennaio 2019, n. 355).

Ciò comporta che il mero riscontro di un interesse privato di un soggetto titolare di funzioni pubblicistiche connesse ad una procedura di appalto, che gli consentono di "intervenire" o di "influenzare" il risultato (attraverso lo svolgimento delle sue mansioni o le informazioni privilegiate di cui dispone) rende necessaria l'attivazione "automatica" degli strumenti di tutela della prevalenza dell'interesse pubblico previsti dall'art. 42 del codice appalti (obbligo di astensione dell'agente pubblico, esclusione dell'impresa concorrente, invalidazione degli atti di gara), senza che sia necessario l'accertamento di una effettiva deviazione dell'interesse pubblico che abbia recato un concreto pregiudizio al corretto svolgimento della procedura.

La strutturazione del conflitto di interessi come fattispecie di pericolo,pertanto, legittima l'esclusione del concorrente o l'annullamento degli atti di gara sulla base della semplice rilevazione di un pericolo di pregiudizio derivante da una situazione conflittuale derivante da un rapporto personale finanziario professionale tra un esponente della stazione appaltante ed un concorrente (cfr. Cons. Stato, sez. III, n. 355/2019 e sez. V, n. 3048/2020, Cons. Stato, sez. V, n. 3415/2017). A tal fine è sufficiente il riscontro di un'asimmetria informativa anche solo potenziale di cui abbia potuto godere un concorrente grazie all'acquisizione di elementi ignoti agli altri partecipanti per il tramite di un soggetto in rapporto diretto con la stazione appaltante, o di indebito vantaggio competitivo conseguito, in violazione dei principi di imparzialità, buon andamento e par condicio, senza che sia necessario provare il reale possesso delle informazioni privilegiate da parte del funzionario e la circostanza che le informazioni siano, poi, state effettivamente trasferite al concorrente potenziale beneficiario. (Cons. Stato, atti norm., n. 667/2019).

Per neutralizzare le misure repressive i soggetti indiziati devono dimostrare che nel caso di specie non si è verificata alcuna violazione del principio delle pari opportunità nella formulazione dei termini delle offerte per tutti gli offerenti e che il rapporto potenzialmente confliggente non si è sostanziato in pratiche atte a falsare il confronto competitivo.
A tal fine, peraltro, non basta addurre elementi logici o indiziari come la partecipazione di altri soggetti all'attività del funzionario in conflitto, la mancanza di evidenze di un'alterazione del confronto concorrenziale, ma è necessario allegare elementi in grado di fugare i dubbi circa il possibile vantaggio competitivo di cui potrebbe avere goduto il concorrente coinvolto nel conflitto.

Si tratta, in effetti, di un onere dimostrativo particolarmente gravoso, soprattutto con riferimento alle cd. informazioni privilegiate: al riguardo, infatti, gli indiziati sono tenuti a provare debitamente che l'agente pubblico non disponga di questo genere di, oppure che non li abbia trasferiti al concorrente, circostanza, quest'ultima la cui dimostrazione rasenta la probatio diabolica.

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