Urbanistica

Nuovi stadi, al palo investimenti diretti per 2,5 miliardi

Da Milano a Firenze l'iter amministrativo resta un'odissea per i club

di Marco Bellinazzo

In materia di stadi la Serie A resta primatista mondiale per plastici e planimetrie. Lo scontro tra il sindaco di Milano Beppe Sala e i due club del capoluogo lombardo è solo l’ultimo di un lungo elenco di casi, in cui incertezze normative, pastoie burocratiche e iter labirintici hanno frenato i progetti di realizzazione o di ristrutturazione degli impianti sportivi. E dire che da Nord a Sud la cantierizzazione dei tanti progetti ideati o già presentati dalle società che militano nei campionati professionistici potrebbe generare investimenti diretti per oltre 2,5 miliardi.

Intervento pubblico

Misure di accelerazione e semplificazione per favorire la modernizzazione degli impianti e dei centri sportivi sono state varate a più riprese nello scorso decennio, ma senza riuscire a velocizzare davvero le procedure. Da ultimo sono state inserite nell’ambito della riforma dello sport (decreto legislativo n. 38 del 2021), che apre anche alla possibilità che i Comuni (proprietari di oltre il 90% degli stadi) concedano un «contributo pubblico» nell’ambito dei piani proposti dai club. Questo anche per ridurre le opere non sportive collegate agli impianti (ad oggi resta esclusa solo l’edilizia residenziale), finalizzate a «compensare» gli investimenti privati e a rendere sostenibili gli interventi urbanistici dal punto di vista economico-finanziaria. Questa chance sembra perfettamente in linea con il capitolo Sport e Periferie del Recovery Plan confermato dal Governo Draghi che destina alle strutture dello sport 700 milioni. Come ha spiegato la scorsa settimana in Parlamento il neo sottosegretario allo Sport Valentina Vezzali per gli impianti già esistenti sono previsti interventi da 500mila a 7 milioni e per quelli nuovi da 7 a 70 milioni.

Dal  Recovery Plan tuttavia non si ci può aspettare miracoli. Per dare una spinta decisiva all’efficientamento di stadi e centri sportivi, in una fase così complicata per le ripercussioni della pandemia, sarebbe necessaria una svolta politica con un piano nazionale che avesse una regia unica, che semplificasse le regole ancora più decisamente e consentisse di massimizzare l’impatto dei fondi - pubblici e privati - disponibili. Solo in questo modo l’inerzia amministrativa verrebbe superata.

Investimenti in stand-by

Il piano nazionale già invocato dal presidente della Figc, Gabriele Gravina, dal presidente del Coni Giovanni Malagò e dal presidente della Serie A, Paolo Dal Pino potrebbe consentire di sbloccare potenziali investimenti per oltre 2,5 miliardi. Milano e Roma sono solo i due esempi più eclatanti.

Inter e Milan dal 2019 hanno proposto e già modificato su richiesta di Palazzo Marino un progetto per un nuovo impianto a San Siro che innescherebbe lavori per 1,2 miliardi. Il sindaco Beppe Sala ha però di fatto sospeso l’iter la settimana scorsa chiedendo maggiori certezze alla proprietà cinese dell’Inter e scatenando l’irritazione di Suning.

A Roma la nuova proprietà Usa della famiglia Friedkin ha abbandonato il dossier Tor di Valle. Una procedura intricatissima avviata nel 2014 e che in una prima versione avrebbe potuto smuovere investimenti privati per 1,7 miliardi poi scesi a 1 miliardo dopo le revisioni richieste dal Comune per il riconoscimento della pubblica utilità. Ora il club sta valutando con il Campidoglio l’edificazione di uno stadio più piccolo (sotto i 50mila posti) in un’altra area e con un impegno più basso (potrebbe aggirarsi sui 3/400 milioni).

In Serie A, il Bologna di Joe Saputo è in ballo da 5 anni per l’adeguamento dello stadio Dall’Ara. I lavori dovrebbero partire nel 2022 con un esborso di 112 milioni (di cui 40 investiti dal Comune di Bologna), inclusa la realizzazione di un impianto provvisorio. La Fiorentina di Rocco Commisso ha invece detto addio (per ora) al progetto di un nuovo stadio su cui intendeva investire 250 milioni. Il Comune ha idee diverse sul Franchi oggetto di vincoli architettonici. Ma la Fiorentina sta incontrando difficoltà politiche anche per il Viola Park a Bagno a Ripoli per il quale è prevista una spesa di 90 milioni. L’inizio dei lavori a Cagliari è in calendario per il 2022 con un investimento da 80 milioni (70 privati, 10 dal Comune per la demolizione del vecchio Sant’Elia), necessari a chiudere una tormentata vicenda ormai decennale. È tutto fermo invece a Genova dove Genoa e Sampdoria avevano in programma un restyling del Ferraris con una spesa di circa 45 milioni. E per restare in Liguria a La Spezia la nuova proprietà Usa della famiglia Platek dovrà provvedere all’ampliamento dello stadio Picco (con una spesa di circa 20 milioni).

A Parma il presidente Kyle Krause ha riacceso i motori per la rigenerazione del Tardini dopo le polemiche per il rischio di cementificazione nato da un precedente piano (i costi potrebbero essere di circa 40 milioni).

A parte la Serie A si segnalano ad esempio tra i progetti di nuovi impianti quelli presentati a Terni (50 milioni), Lucca (52 milioni, con il Comune ha dato l’ok alla conferenza dei servizi a febbraio), Perugia (35 milioni), Cosenza (45 milioni, annunciato nel 2019) e Venezia (si parla di investimenti per 130 milioni).

Il panorama dunque è molto frastagliato per le differenti fasi in cui sono fermi i vari progetti, ma testimonia la consapevolezza della necessità di queste iniziative.

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