Appalti

Coronavirus/1. Guffanti (Ance Lombardia): disponibili a fermare i cantieri

Decisione presa per spirito collaborativo, ma anche a seguito di molte difficoltà operative. Le richieste al tavolo con la Regione

di Q.E.T.

Sostegno alle istituzioni per contribuire a evitare la diffusione del coronavirus e richiesta di aiuti per evitare i danni che l'epidemia aggiunge a una situazione i sofferenza per la crisi economica. Si muove lungo questa doppia direzione il dialogo che l'Ance Lombardia ha avviato con la Regione, mettendo sul piatto la disponibilità delle imprese lombarde a chiudere i cantieri proprio per contrastare l'epidemia.

A lanciare l'inziativa è il presidente di Ance Lombardia, Luca Guffanti, il quale ieri ha comunicato al presidente Attilio Fontana e all'assessore al Welfare Giulio Gallera la disponibilità delle imprese di costruzione lombarde a sospendere le attività per contrastare la diffusione del Covid–19. «Si tratta - ha detto Guffanti - di una decisione difficile, per un settore che con i suoi 300mila addetti nella sola Lombardia è fondamentale per la ripresa economica della nostra Regione, ma rappresenta un atto di responsabilità che dobbiamo assumere per tutelare il bene primario della salute dei nostri lavoratori e dei cittadini lombardi». «Con questo spirito – ha aggiunto il presidente di Ance Lombardia – nonostante le difficoltà in cui versa il settore da diversi anni ed alle quali sino ad oggi non sono state contrapposte le opportune iniziative di stimolo alla crescita economica, siamo pronti a collaborare con tutte le Istituzioni coinvolte, alla redazione di un provvedimento che assieme alla sospensione delle attività preveda però l'introduzione contestuale delle misure necessarie alle nostre imprese per superare questo periodo di forzata inattività, affinchè all'emergenza sanitaria non si affianchi un'emergenza economica».

Le associazioni nazionali chiedono misure di sostegno
Più in generale tutti gli operatori chiedono forme di sostegno contro la situazione emergenziale che sta fermando l'attività delle costruzioni. In in comunicato congiunto firmato da varie associazioni datoriali - Ance, Alleanza delle cooperative, Anaepa Confartigianato, Casartigiani, Claai, Cna costruzioni e Confapi Aniem - suggeriscono di attuare subito quattro azioni prioritarie: ampliare i limiti e le possibilità di utilizzo degli ammortizzatori sociali ai lavoratori del settore di tutto il territorio nazionale per l'anno in corso; sospensione di tutti gli adempimenti e versamenti tributari, previdenziali e assistenziali in scadenza; garantire liquidità alle imprese con una moratoria effettiva di tutti i debiti a sostegno della liquidità delle imprese, ma anche con l'attivazione immediata, entro marzo, e ampliamento del raggio di azione della sezione edilizia del Fondo di garanzia Pmi, bloccata da quasi un anno; ove sia possibile proseguire le attività in piena sicurezza e comunque assicurando l'ordinato svolgimento dei lavori, garantire pagamenti immediati, per gli appalti pubblici in corso di esecuzione, fino alla cessazione dello stato di emergenza con obbligo di adozione mensile di stato di avanzamento lavori (Sal), e immediata partenza dei lavori già aggiudicati.

L'epidemia non ferma (per ora) la ricostruzione all'Aquila
Pur tra mille difficoltà, in Abruzzo si cerca di non fermare il cantiere della ricostruzione post terremoto dell'Aquila. «Nel grande cantiere della ricostruzione - spiega il presidente abruzzese dell'associazione nazionale costruttori edili (Ance), Antonio D'Intino - abbiamo una situazione simile a quello che sta accadendo altrove.: non abbiamo la prescrizione alla chiusura come altri soggetti economici ed i lavoratori stanno operando con l'autocertifcazione - Senza la cassa integrazione in deroga, se maestranze e tecnici non vanno a lavorare, purtroppo non vengono pagati. Non lo prevede il contratto». «In questo contesto - prosegue D'Intino - ci sono lavoratori che continuano ad operare, altri che invece si sono fermati per paura di contagio, soprattutto nelle zone rosse. E le imprese, come in altre parti d'Italia, lasciano liberi gli operai».

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