Amministratori

Autorizzazione del Comune all'impianto radioelettrico, il Consiglio di Stato «blinda» il codice

Confermata la pronuncia con la quale il Tar aveva respinto il ricorso proposto dai proprietari di una abitazione

di Pietro Verna

L'obbligo del Comune di dare avviso ad altri del procedimento di rilascio dell' autorizzazione per l'installazione di infrastrutture per impianti radioelettrici, disciplinato dall'articolo 87 del decreto legislativo 1° agosto 2003 n. 259 (Codice delle comunicazioni elettroniche), non è contemplato da nessuna norma speciale, né discende dall'articolo 7 della legge n. 241 del 1990. Il Comune deve esclusivamente attenersi alla legge n. 36 del 2001 (Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici) e al Dpcm 8 luglio 2003 (Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici generati a frequenze comprese tra 100 kHz e 300 GHz).
Lo ha stabilito il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 1069/2021 che ha confermato la pronuncia con la quale il Tar Piemonte aveva respinto il ricorso proposto dai proprietari di una abitazione contro il provvedimento con il quale un Comune aveva autorizzato un gestore telefonico a installare a circa 90 metri della medesima abitazione un impianto di tele-radiocomunicazioni costituito da un basamento in cemento armato di circa 40 mq., una torre di circa 30 metri ed antenne aventi circa 3-4 metri di altezza, il tutto completato da fari per l'illuminazione, impianto di condizionamento per il raffreddamento delle centraline, recinzione metallica ed altri accessori.

Cornice normativa
L'articolo 8, comma 6, della legge n. 36 del 2001 stabilisce che i Comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici «con esclusione della possibilità di introdurre limitazioni alla localizzazione in aree generalizzate del territorio di stazioni radio base per reti di comunicazioni elettroniche di qualsiasi tipologia e, in ogni caso, di incidere […] sui limiti di esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, sui valori di attenzione e sugli obiettivi di qualità, riservati allo Stato».

La sentenza del Consiglio di Stato
I ricorrenti avevano impugnato la pronuncia di primo grado sostenendo che il provvedimento di autorizzazione sarebbe stato illegittimo per violazione del principio di partecipazione e del principio di precauzione: a loro dire, l'amministrazione comunale avrebbe errato a rilasciare l'autorizzazione senza aver comunicato agli stessi l'avvio del procedimento e senza valutare le misure che sarebbero state necessarie per ridurre il più possibile l'esposizione alle fonti di emissione elettromagnetica per la presenza in loco di un altro impianto. Tesi che è stata respinta. Il Consiglio ha ribadito l'orientamento giurisprudenziale secondo cui:
• la qualità di controinteressato ai fini delle comunicazioni secondo l'articolo 7 della legge 241/1990 non può essere riconosciuta ai vicini del soggetto richiedente il rilascio di un provvedimento ampliativo, poiché ciò comporterebbe un aggravio procedimentale in contrasto con i principi di efficienza ed economicità della azione amministrativa (Tar Puglia-Bari, sentenza n. 187 del 13 gennaio 2012);
• «similmente a quanto si verifica per il procedimento di rilascio del permesso di costruire, nessuna norma […] prevede l'obbligo dell'amministrazione di dare avviso […] della pendenza del procedimento di rilascio dell' autorizzazione per l'installazione di una stazione radio base» ( Consiglio di Stato, Sezione VI, 28 febbraio 2006, n.889);
• gli impianti di telecomunicazione sono assimilati alle opere di urbanizzazione primaria, suscettibili di essere ubicati in qualsiasi parte del territorio comunale ( ex multis, Consiglio di Stato, Sezione. III, sentenza 15 gennaio 2014 n. 119 e Tar Campania Napoli, sentenza 3 marzo 2016 n. 1146); motivo per il quale l'amministrazione deve semplicemente valutare la conformità degli stessi alla normativa vigente (Consiglio di Stato, Sez. VI: sentenze 11 febbraio 2005 n. 2005 e 22 ottobre 2004 n. 6910), senza alcuna possibilità di stabilire livelli di esposizione diversi da quelli fissati dalla normativa nazionale (Consiglio di Stato, Sezione VI, sentenza 16 aprile 2019 n. 2475 secondo cui la legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici «nell'attribuire ai comuni il potere di individuare criteri per il corretto insediamento della rete per le comunicazioni elettroniche non ha conferito ai comuni alcuna competenza di natura radioprotezionistica, volta a subordinare – fino a interdirlo o comunque a ostacolarlo – lo sviluppo della rete [alle] esigenze di minimizzazione all'esposizione».

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