Appalti

Project financing a iniziativa privata: termini «perentori» per la valutazione delle proposte

Il Tar Lombardia chiarisce che la Pa non può sforare la scadenza di tre mesi per la valutazione delle iniziative

di Claudio Guccione, Maria Ferrante, Ivo Allegro

Nel contesto dei procedimenti e dei contratti di Ppp si è progressivamente evidenziato uno dei problemi fondamentali della burocrazia italiana e alla base di molti problemi di performance, quello della tempistica dei processi. "L'insostenibile leggerezza del tempo" di cui, come noto, la Pa soffre da tempo e che ne condiziona l'efficacia delle sue prestazioni e i modelli di organizzazione del settore pubblico influendo in modo fortemente negativo sulle dinamiche economiche del paese, è difatti uno degli elementi che da sempre hanno caratterizzato i contratti di Ppp, in primis il project financing.

Troppo spesso, infatti, rispetto al rilevante sforzo di valutazione che questi complessi progetti richiedono alla Pa, anche a fronte della non infrequente ritrosia ad acquisire temporaneamente dal mercato le indispensabili professionalità specialistiche utili a selezionare efficacemente le proposte, l'assenza di termini nei procedimenti per l'affidamento dei contratti di Ppp o di una loro perentorietà ha portato a pratiche dilatorie o, talvolta, a "dimenticare" in cassetti reconditi proposte che richiedono rilevanti investimenti da parte del privato.

Bene ha fatto, quindi, il legislatore del nuovo codice nel 2016 a farsi carico della questione imponendo il termine perentorio piuttosto stringente di tre mesi per la valutazione della proposta che il privato presenta ai sensi del comma 15 dell'art 183.

Proprio su questo tema, con la recente sentenza n. 1083/2020, pubblicata il 17 giugno 2020, il Tar Lombardia si è espresso sulla natura del termine per la valutazione delle proposte di project financing ex art. 183, comma 15, del d.lgs. 50/2016.

Come si è detto, infatti, la norma in questione prevede che, ove venga presentata da parte di un privato una proposta di project financing, l'Amministrazione valuta, entro il termine perentorio di tre mesi, la fattibilità della proposta. A tal fine, precisa il Codice, l'amministrazione aggiudicatrice può invitare il proponente ad apportare al progetto di fattibilità le modifiche necessarie per la sua approvazione.

Il caso concreto all'attenzione del Tar

Entrando nello specifico del contenuto della sentenza, la fattispecie riguarda una proposta presentata al Comune di Como avente ad oggetto un centro diurno disabili, in relazione alla quale l'Amministrazione, pur dopo il termine imposto dalla legge (oltre un anno dalla presentazione della proposta), aveva richiesto al proponente di apportare alcune modifiche ed assegnato allo stesso un termine di tre mesi per procedere. Successivamente, l'Amministrazione ha qualificato come proposta innovativa quanto presentato dal proponente in risposta alle richieste della stazione appaltante e rideterminato il termine per la valutazione, per l'appunto a decorrere dalla presentazione della proposta rimodulata. Con la medesima comunicazione, inoltre, l'Amministrazione ha, altresì, sospeso tale termine in ragione della richiesta di ulteriori integrazioni, documenti e chiarimenti.

La decisione del Tar
Il Tar, con la sentenza in commento, ha censurato il comportamento "dilatorio" dell'Amministrazione, la quale, anziché adottare la determinazione sulla fattibilità della proposta di project financing presentata, si è limitata a qualificare come nuova proposta le integrazioni presentate su sua richiesta e disposto la decorrenza ex novo del termine trimestrale prescritto dalla norma. Tale condotta è stata considerata una palese violazione dell'art. 183, comma 15, del Codice - il quale espressamente qualifica come perentorio il termine per la valutazione delle proposte - a detrimento del proponente che non avrebbe così alcuna certezza sui tempi dell'azione amministrativa.

Il giudice amministrativo, dunque, ha statuito che la stazione appaltante, una volta concluse le valutazioni di sua competenza e scaduto il termine trimestrale previsto dalla lege, deve dichiarare la fattibilità o meno della proposta presentata, così mettendo il proponente in condizioni di valutare l'attivazione di eventuali strumenti a propria tutela. Non è, al contrario, ammissibile che l'Amministrazione assuma il pretesto della richiesta di modifiche ed integrazioni per riaprire la decorrenza del termine previsto dalla legge.
Conseguenza della perentorietà del termine, dunque, è la possibilità per il proponente di azionare vittoriosamente l'azione giudiziaria avverso il silenzio dell'Amministrazione, con richiesta della condanna dell'Amministrazione ad adempiere ed assumere le proprie determinazioni rispetto alla proposta presentata.

La certezza dei tempi dell'azione amministrativa
Tale decisione ha sicuramente portata innovativa. In precedenza, difatti, il Giudice Amministrativo si era limitato a ritenere che il mancato rispetto del termine previsto dalla legge comportasse esclusivamente la facoltà per il proponente di ritirare la propria proposta (si veda ordinanza del Tar Piemonte n. 195/2018). Tuttavia, il fine dichiarato di tutelare il diritto del proponente ad una certezza dei tempi dell'azione amministrativa non appare ad oggi adeguatamente tutelato dal sistema normativo, il quale è estremamente lacunoso da questo punto di vista.

Sotto un primo profilo, infatti, il termine per la valutazione della proposta è definito e riconosciuto come perentorio, ma non vi è collegata alcuna sanzione per le Amministrazioni che non dovessero rispettarlo. L'unico strumento a tutela del privato, difatti, può essere l'azione avverso l'inerzia dell'Amministrazione, che può portare tutt'al più ad una condanna ad assumere una decisione, ma mai la stazione appaltante può essere concretamente sanzionata per la violazione del termine prescritto. L'assenza di sanzione, tuttavia, disincentiva le Amministrazioni ad agire tempestivamente. Il dato esperienziale, infatti, indica che il termine di valutazione prescritto dalla legge non viene rispettato pressochè mai, con la conseguenza che il più delle volte trascorrono tempi più o meno lunghi di valutazione delle proposte, che possono variare da diversi mesi ad addirittura anni (anche nella fattispecie oggetto della sentenza in esame l'Amministrazione aveva impiegato oltre un anno per effettuare la prima richiesta di modifiche ed integrazioni della proposta).

La presa d'atto di tale prassi dovrebbe suggerire una rivisitazione della disciplina normativa su questo profilo. Da una parte, infatti, è innegabile che il termine prescritto dalla norma è evidentemente troppo breve rispetto sia alle esigenze delle Amministrazioni, che comunque hanno necessità di impiegare molteplici risorse con profili altamente specialistici, molto spesso advisor esterni vista l'assenza di figure interne con gli adeguati profili di competenza, ai fini della valutazione, sia alle necessità concrete di un confronto effettivo con il proponente, negoziazione che richiede in ogni caso tempi più o meno lunghi per la condivisione o meno delle modifiche. Da questo punto di vista, appariva più idoneo il termine di sei mesi prescritto dal previgente art. 278 del Dpr 207/2010 sul project financing di servizi: termine peraltro previsto nell'ambito delle proposte di servizi, la cui valutazione è anche più agevole rispetto alle proposte inerenti alla realizzazione di opere, i cui progetti richiedono tempi certamente più lunghi. Ed anche l'art 37 ter della legge n. 109/94 prevedeva un termine più ampio dell'attuale: quattro mesi.

Sarebbe, quindi, forse opportuno un intervento del legislatore in proposito atto ad ampliare il termine previsto, differenziandolo tra lavori e servizi ed a regolamentare anche i tempi della negoziazione sulle modifiche alla proposta.

Non si può, inoltre, non tenere conto delle complicazioni derivanti dall'eventuale presentazione di proposte analoghe nello stesso periodo: la giurisprudenza, infatti, ha da tempo ampiamente riconosciuto la necessità di valutare le proposte in maniera comparativa ove giungano diverse proposte analoghe prima che si sia conclusa la valutazione di fattibilità della prima pervenuta. Tale eventualità oggettivamente allunga i tempi di valutazione della proposta e rende del tutto imprevedibile il rispetto del termine prescritto: per assurdo, se l'Amministrazione dovesse ricevere una proposta concorrente il giorno precedente la scadenza del termine prescritto per la valutazione, dovrebbe comunque intraprendere ex novore il procedimento di valutazione comparativa. Anche sotto tale profilo, dunque, sarebbe opportuno un intervento del legislatore volto a disciplinare la presentazione di proposte concorrenti da valutare comparativamente in modo da fornire comunque ai privati proponenti un margine di certezza dei tempi dell'azione amministrativa.

Deve, infatti, tenersi in considerazione che la presentazione di proposte di project financing è un'attività particolarmente onerosa per gli operatori economici (tant'è che viene premiata con l'attribuzione del diritto di prelazione nell'ipotesi di riconosciuta fattibilità della proposta) ed il fattore "tempo" è fondamentale per garantire il buon esito di un'operazione di Ppp (più tempo, infatti, trascorre tra le previsioni economiche di progetto e la realizzazione dello stesso, più cresce il rischio di sopravvenuta insostenibilità dei progetti per mutamento delle condizioni del mercato): una disciplina normativa di maggior dettaglio che delinei e garantisca tempi certi dell'azione amministrativa, soprattutto in un momento in cui si sta implementando l'attenzione sul tema "semplificazione" come base per la crescita delle performance della Pa, diviene dunque un fattore determinante per incentivare il Ppp ad iniziativa privata.

Sotto tale profilo, peraltro, non si può non rilevare la lacuna della norma che, a fronte della perentorietà di un termine per la valutazione della proposta, non pone invece alcun termine all'Amministrazione per l'indizione della gara a seguito della dichiarazione di fattibilità delle proposte pervenute. Tale termine era, al contrario, previsto in passato dall'art. 37-quater della legge 109/1994, che prescriveva per le Amministrazioni l'onere di indire la gara entro tre mesi dalla valutazione di fattibilità: entro tale periodo, come riconosciuto anche dalla giurisprudenza, la stazione appaltante era tenuta ad indire la gara oppure a revocare la fattibilità ove necessario per ragioni di interesse pubblico ed il privato corrispondentemente era tutelato mediante eventuale esercizio dell'azione giudiziaria avverso l'inerzia dell'Amministrazione. Ebbene, anche nell'attuale sistema, per conferire reale efficacia alla previsione di un termine perentorio per la valutazione della proposta, sarebbe necessario prescrivere un termine altrettanto perentorio per l'indizione della gara: tale lacuna normativa conduce, difatti, all'illogico risultato per cui la stazione appaltante ha l'onere di procedere ad una spedita valutazione di fattibilità della proposta, ma successivamente può attendere anni per determinarsi ad indire la gara, con il risultato di effettuare la gara sulla base di previsioni economiche-finanziarie e tecniche non più attuali. Né sono rari i casi in cui dopo anni, l'interesse del promotore viene in toto frustrato con la revoca della dichiarazione di pubblico interesse, con la conseguente insormontabile difficoltà, allo stato attuale della giurisprudenza, di vedersi riconoscere un qualsivoglia indennizzo.

Conclusioni
Come noto, tra le riforme "a costo zero" che un avveduto amministratore della res publica potrebbe introdurre in Italia per stimolare la crescita delle performance del settore pubblico, probabilmente la più agevole è quella di introdurre la cogenza temporale nei processi delle pubbliche amministrazioni e, più in generale, delle amministrazioni aggiudicatrici. Difatti, è aspetto noto che l'attuale contesto tecnologico e di mercato abbia esaltato la rilevanza del fattore tempo

Gli effetti perversi della scarsa rilevanza del fattore tempo nel settore pubblico è, d'altronde, da sempre nota. Nel 1979, in un contesto competitivo sicuramente meno esasperato di quello attuale, il Rapporto Giannini evidenziava come «… i tempi tecnici delle amministrazioni pubbliche sono in media tre volte più lunghi di quelli privati, e i prodotti sono sempre scadenti. Ciò senza considerare vicende di punta, come quelle relative all'adempimento delle obbligazioni pecuniarie comuni, al pagamento di talune indennità, alle liquidazioni di pensioni, e così via, per le quali, sulla pelle del cittadino, si consentono alle amministrazioni pubbliche comportamenti che le leggi vietano ad ogni privato. Talché il potere pubblico viene sovente a presentarsi come un singolare malfattore legale, che permette a sé ciò che invece reprime nel privato».

In questa prospettiva, acclarata l'assoluta positività del riconoscimento giurisprudenziale della perentorietà del termine assegnato alle Amministrazioni per la valutazione delle proposte, ciò non si rivela ancora sufficiente a garantire certezza dei tempi dell'azione amministrativa nelle procedure di project financing ad iniziativa privata. Per raggiungere, infatti, tale obiettivo e dare così un reale incentivo agli operatori economici per investire ingenti risorse nella presentazione di proposte di Ppp, sarebbe necessario de minimis che la norma prevedesse tempi certi per lo svolgimento dell'intero iter procedimentale, sino all'aggiudicazione della gara. Sarebbe, inoltre, opportuno, a maggior tutela del legittimo affidamento dei privati ed anche per agevolare le Amministrazioni, che la legge prevedesse termini di valutazione delle proposte più congrui rispetto alla complessità delle fattispecie che possono concretizzarsi e che attribuisse al promotore un indennizzo in caso di legittima revoca da parte della stazione appaltante per ragioni di pubblico interesse.

Tali elementi, infatti, contribuirebbero in modo decisivo a dare certezza e affidabilità al procedimento consentendo agli investitori privati di aumentare la fiducia in uno strumento come il Ppp che può avere un impatto importante nell'attuale congiuntura. In un paese che, per dirla con un aforisma di Leo Longanesi, è più propenso alle inaugurazioni che alle manutenzioni e che si proietta ad investire le ingenti risorse del recovery fund, il Ppp può essere lo strumento sia per colmare i rilevanti gap di ideazione/progettazione che la Pa oggi evidenzia che per risolvere l'annoso problema dell'obsolescenza e del decadimento delle infrastrutture. Per fare questo, è necessario richiedere rigore al privato, anche per non ripetere errori del passato, ma nel contempo rendere le procedure dettagliate in ogni aspetto endoprocedimentale rilevante.

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