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Coronavirus - Regole speciali per la gestione dei rifiuti urbani contro il rischio contagio

di Elettra Monaci

Se molti studi stanno ancora indagando la correlazione tra il virus e l’ambiente, le infezioni da coronavirus hanno determinato immediate disfunzioni nel sistema di gestione rifiuti. Queste sono legate alla necessità di individuare modalità di trattamento sicure, affinché i rifiuti non costituiscano un’ulteriore fonte di diffusione del virus. Ma vi è anche l’esigenza di garantire la gestione dei rifiuti secondo i principi di economicità ed efficienza e comunque nel rispetto della vigente normativa ambientale.
La prima necessità è stata avvertita – quasi subito – a livello nazionale. Infatti, il primo intervento in materia di gestione rifiuti si è avuto il 14 marzo 2020, quando l’Istituto Superiore di Sanità ha fornito una serie di indicazioni per la migliore gestione dei rifiuti urbani. L’ISS distingue fra:
i) rifiuti prodotti nelle abitazioni dove soggiornano soggetti positivi al tampone in isolamento o in quarantena obbligatoria, da considerarsi equivalenti a quelli che si possono generare in una struttura sanitaria;
ii) tutti gli altri rifiuti urbani prodotti dalla popolazione generale.

Più nel dettaglio, viene raccomandata l’interruzione della raccolta differenziata per i rifiuti rientranti nella prima tipologia. Diversamente, per gli altri rifiuti si raccomanda di mantenere le procedure in vigore nel territorio di appartenenza.
A tali raccomandazioni, si sono aggiunte quelle rivolte agli operatori del settore dell’igiene ambientale affinché adottino dispositivi di protezione individuale e ogni misura necessaria per impedire il contagio dei lavoratori in fase di gestione dei rifiuti.
Alle Raccomandazioni dell’ISS, sono seguite le prime disposizioni di carattere derogatorio emanate dal Governo. Esse riguardano la generalizzata sospensione, salvo eccezioni, dei procedimenti amministrativi e la proroga per la scadenza del termine di validità delle autorizzazioni e, in generale, di tutti gli atti abilitativi (articolo 103, Dl 17 marzo 2020, n. 18, noto anche come Dl Cura Italia).

Il medesimo decreto ha poi fissato specifiche deroghe in materia ambientale al 30 giugno 2020 per:
i) la presentazione del Modello Unico di Dichiarazione ambientale;
ii) il versamento del diritto annuale di iscrizione all'Albo nazionale gestori ambientali;
iii) la presentazione della comunicazione annuale dei dati relativi alle pile e accumulatori immessi sul mercato e la trasmissione annuale dei dati relativi alla loro raccolta ed riciclaggio ;
iv) la presentazione della comunicazione annuale relativa alla quantità di RAEE (si veda articolo 113, Dl Cura Italia). 

Tali disposizioni, tuttavia, non hanno impedito l’insorgere di ulteriori difficoltà nel settore, come evidenziato dalle Associazioni di categoria. Infatti, a fronte della decisione di alcuni Stati membri dell’Ue di adottare misure restrittive nell’import dei rifiuti, è divenuto sempre più difficile assicurare la chiusura del ciclo (di recupero / smaltimento) dei rifiuti delle diverse filiere. Sono poi venuti meno anche gli sbocchi nazionali, a causa della temporanea chiusura degli impianti in cui far confluire gli scarti derivanti dal trattamento nel caso dei rifiuti e della cancellazione di ordini di acquisto dell’end of waste. Nei primi giorni dell’emergenza, Utilitalia ha stimato un quantitativo – non omnicomprensivo - di circa 3.500 tonnellate di rifiuti che avrebbero dovuto trovare un nuovo collocamento negli impianti di trattamento nazionali.
Com’era prevedibile, gli impianti di recupero e smaltimento hanno ben presto raggiunto il massimo quantitativo autorizzato per le diverse operazioni.
Dai dati raccolti le tipologie di rifiuti che sembrano presentare le maggiori criticità sono i fanghi di depurazione, il plasmix e il CSS, ma anche la frazione umida dei rifiuti urbani raccolta in maniera differenziata (Forsu), considerate le carenze impiantistiche strutturali al nostro sistema nazionale.
Le criticità manifestatesi nel sistema di gestione dei rifiuti sono state oggetto dapprima delle indicazioni fornite dal Consiglio dell’SNPA del 23 marzo 2020, il quale ha evidenziato la necessità di interventi anche a carattere normativo. È poi intervenuta la Circolare del Ministero dell’Ambiente del 30.03.2020 recante una serie di indicazioni circa il contenuto delle ordinanze contingibili e urgenti adottabili dalle Regioni e dalle Province Autonome ai sensi dell’articolo 191 Dlgs n. 152/2006.
Nel documento ministeriale vengono fornite specifiche indicazioni sui limiti massimi di aumento delle capacità di stoccaggio e di deposito temporaneo degli impianti. È anche prevista la possibilità di modifiche temporanee alle autorizzazioni delle discariche. Viene suggerito alle Regioni di ricorrere allo strumento della Segnalazione certificata di inizio attività ex articolo 19 della legge n. 241 del 1990 per il gestore dell’impianto che voglia avvalersi delle modifiche autorizzative per aumentare le proprie capacità.

Con la legge di conversione del Dl Cura Italia, la legge n. 27 del 24 aprile 2020, sono state introdotte ulteriori disposizioni per tentare di porre rimedio alle difficoltà impiantistiche. Sono stati ulteriormente prorogati i termini di validità di tutti gli atti abilitativi in scadenza tra il 31 gennaio 2020 e il 31 luglio 2020, comprese le autorizzazioni ambientali, fino ai novanta giorni successivi alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza.
Di maggior rilievo, è l’inserimento dell’articolo 113 bis che raddoppia il quantitativo massimo di rifiuti oggetto di deposito temporaneo e ne estende il limite temporale fino ad un massimo di diciotto mesi.
Con riguardo alle altre operazioni (i. e. D13, D14, D15, R3, R12 e R13) è stato accolto l’ordine del giorno che impegna il Governo a valutare l’opportunità di autorizzare l’incremento fino al raddoppio della capacità di stoccaggio.
D’altra parte, l’attuale situazione emergenziale rende soltanto più evidenti carenze infrastrutturali ben note del sistema paese (anzitutto, la grave insufficienza impiantistica) e la dipendenza dall’estero. Rispetto ad esse è necessario intervenire il prima possibile: l’ormai prossimo recepimento delle Direttive europee sulla circular economy, e ancor di più l’attuazione di tali principi a tutti livelli territoriali, rappresenta la nostra migliore (e forse ultima) occasione.

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