Personale

Dirigenti locali, via libera al contratto: arretrati fino a 6mila euro

L’intesa riguarda il rinnovo contrattuale 2016/2018 per oltre 15mila dirigenti dell’area delle funzioni locali

di Gianni Trovati

Con l’accordo raggiunto ieri sera all’Aran, come anticipato da Enti locali e edilizia di ieri, si è chiusa la prima trattativa sindacale «agile» nel pubblico impiego. Agile ma complicata, perché l’intesa ha riguardato il rinnovo contrattuale 2016/2018 per oltre 15mila dirigenti dell’area delle «funzioni locali», un mondo variegato che comprende Regioni, enti locali, camere di commercio ma anche i dirigenti professionali, tecnici e amministrativi del servizio sanitario che non sono però inquadrati nel contratto della sanità. Con l’accordo si chiude di fatto la tornata contrattuale 2016/18, la prima finanziata (dal governo Renzi) dopo la lunga gelata prodotta dall’ormai penultima crisi finanziaria. Senza contratto restano solo i 260 dirigenti della presidenza del Consiglio, che nonostante la riforma con cui si sono ridotti da 11 a 4 i settori del pubblico impiego continuano a fare storia a sé. A bilancio i governi Conte-1 e 2 hanno poi messo i fondi per avviare i rinnovi 2019/21, ma la crisi del Covid modifica le priorità.

Proprio la difficoltà di costruire regole comuni per un panorama così variegato di fig

ure professionali ha complicato il lavoro sul nuovo contratto, partito in forte ritardo perché i dirigenti locali sono arrivati ultimi nella graduatoria delle priorità politiche, che prima delle elezioni 2018 hanno privilegiato il personale dei comparti. Alla fine comunque il contratto è arrivato, anche per la decisione di Aran e sindacati di non fermare le trattative con il lockdown: con un testo di oltre 130 pagine articolato in una parte comune e tre sezioni dedicate a dirigenti locali, segretari comunali e provinciali e dirigenti “sanitari”. Proprio il ritardo gonfierà gli effetti iniziali in busta paga, che una volta completato l’iter con le firme, la certificazione in Corte dei conti e l’ok definitivo porterà un arretrato fino a 6mila euro lordi fra stipendio tabellare e retribuzione di posizione. Cifra figlia del tempo e non di una particolare generosità dell’intesa, che segue com’è naturale i parametri degli altri comparti con un aumento a regime pari al 3,48% della massa salariale: per i dirigenti locali si traduce in un aumento di 125 euro lordi al mese per lo stipendio di base e 31 euro per la retribuzione di posizione, a cui si aggiungono i ritocchi alle voci legate al «risultato» per un totale di 220 euro al mese. L’ultima voce dipende però dalle variabili individuali.

O almeno dovrebbero. Il nuovo contratto, seguendo le indicazioni della riforma Madia, impone alle amministrazioni con almeno 5 dirigenti di differenziare i premi «in base ai diversi livelli delle performance conseguite dai dirigenti», riservando a chi ottiene le valutazioni più rotonde un extra di almeno il 30% rispetto al valore medio pro capite delle risorse destinate alla retribuzione di risultato. La soglia può scendere al 25% quando una parte delle somme è collegata a «obiettivi, riferiti agli effetti dell’azione dell'ente nel suo complesso, oggettivamente misurabili».

In linea con la riforma Madia anche la clausola anti-assenteismo, che impedisce di aumentare i fondi per le parti accessorie della busta paga negli enti in cui non si riescono a raggiungere gli «obiettivi di miglioramento» dei tassi di presenza del personale (lo stop esclude i segretari). Ma un’altra clausola, inserita nelle ultime curve del negoziato, tutela le buste paga in caso di riorganizzazione: un dirigente che si vede revocato in anticipo un incarico per essere affidato a un ruolo più modesto non potrà perdere più del 50% della propria retribuzione di posizione fino alla data di scadenza dell’incarico originario. Dopo un decalage assicurerà un paracadute decrescente per altri due anni.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©