Imprese

Acciaio, prezzi su (almeno) fino all'estate: «L'impennata penalizza tutta la filiera»

Bregant (Federacciai): rincari dovuti all'aumento delle materie prime, anche i fornitori subiscono gli effetti della tensione dei prezzi

di Mauro Salerno

L'impennata dei prezzi dei materiali, in particolare dell'acciaio, che ha messo in allarme i costruttori non è destinata a rientrare a breve. Anche se è impossibile fare previsioni certe, al momento, le condizioni del mercato fanno presagire che la fiammata è destinata a durare almeno fino all'estate. Un periodo in cui, in assenza di un intervento del Governo mirato a sbloccare le norme che fanno da tappo ai prezzi degli appalti, sia fornitori che costruttori dovranno fare i conti da soli con gli aumenti repentini dei costi delle materie prime iniziati a fine 2020. Finora gli allarmi lanciati delle imprese, messi nero su bianco in una serie di lettere inviate ai ministeri competenti, sono caduti nel vuoto. Il rischio paventato dalle associazioni di settore (Ance, Anceferr, Siteb in prima fila) è che si arrivi a un nuovo blocco dei cantieri. Questa volta non a causa della pandemia , ma per l'impossibilità di rispondere alle richieste dei fornitori di rivedere al rialzo i prezzi delle forniture concordate prima dei rincari senza chiudere in perdita i cantieri rimessi in produzione. In gioco non c'è solo l'accaio, ma anche le plastiche e i derivati dal petrolio in generale.

Tra le imprese circolano già le lettere dei fornitori che chiedono di rivedere i prezzi al rialzo invocando «cause di forza maggiore». Rincari che vanno a impattare sul costo dei lavori, mettendo fuori gioco i margini degli appalti, magari risicati, ipotizzati prima dello scoppio dei rincari. «Con un aumento del 130% dell'acciaio, del 40% dei polietileni, del 17% del rame e del 34% del petrolio e, di conseguenza, anche la difficoltà di approvvigionamento, tanti cantieri pubblici e privati rischiano di bloccarsi con gravi ripercussioni economiche e sociali», sintetizzano le imprese.

«L'aumento c'è ed è molto significativo ma la prima cosa da chiarire è che è sbagliato pensare che sia il frutto di una manovra speculativa», sottolinea Flavio Bregant, direttore generale di Federacciai . Anche i produttori, aggiunge, «si trovano nelle stesse condizioni del cantiere perchè ci sono aziende che devono consegnare materiali e si trovano con contratti chiusi».

Il problema è generale e viene da lontano. «I rincari vanno ricondotti all'aumento dei prezzi delle materie prime - spiega Bregant - . Il rottame ferroso è aumentato del 30% negli ultimi due o tre mesi, il minerale di oltre l'80%, le ferroleghe stanno andando alle stelle: sia quelle quotate al mercato di Londra che quelle non quotate come il silicio, il ferro-cromo e tante altre. Anche i noli e i costi di importazione per i container stanno tutti aumentando vertiginosamente. Si tratta di aumenti che anche le aziende siderurgiche si trovano a loro volte costrette ad assorbire. Siamo tutti anelli di una catena in tensione. Ovviamente c'è che fa più fatica a trasferire a valle gli aumenti e dunque soffre di più. Ma si tratta comunque di un problema comune e generale».

Il boom dei prezzi si è manifestato in tutta la sua intensità alla fine dell'anno scorso, più o meno a partire da dicembre. Pesa in particolare il ruolo della Cina, che con un'economia cresciuta anche durante la pandemia ha deciso di spingere fortemente sulla crescita interna, drenando la produzione di acciaio che la vede in testa alle classifiche mondiali (da sola la Cina produce la metà dell'acciaio mondiale). Ma un ruolo ce l'hanno anche il rallentamento degli stabilimenti produttivi del 2020 e la difficile ripartenza dopo il lockdown che hanno generato un gap di risposta della produzione rispetto al ritmo della domanda. «Tutto questo insieme di fattori porta tensione sia sui prezzi che sulla reperibilità del materiale - sintetizza Bregant. - C'è poi il problema dell'Ilva di Taranto che ovviamente non aiuta».

Impossibile fare pronostici sulla durata di questa crisi. «Per quello che vediamo i tempi di consegna si stanno allungando - segnala comunque il direttore di Federacciai - . Dunque di fatto almeno fino all'estate questa tensione durerà . Va detto che almeno ra sembra che il ritmo di crescita stia rallentando e si avvia verso una stabilizzazione. Ma nessuno è in grado di dire con certezza quanto durerà questa fase». Proprio perché l'impennata dipende da fattori esterni all'Italia e coinvolge tutti i materiali derivati dall'acciaio: dal tondo alle travi. per questo Federacciai è contraria alle ipotesi di eliminazione della salvaguardia europea sulle importazioni confermate dal 2018 in poi. «La salvaguardia non c'èenta nulla con questi rincari», commenta Bregant: «Non ci sono barriere all'importazione dei prodotti».

Sarebbe utile un intervento del Governo, come chiedono i costruttori? «Le situazioni sono molto diversificate e gli ingressi dello Stato nelle dinamiche del mercato sono sempre complicate - dice Bregant -. Esistono anche imprese fornitrici che tengono fermi i contratti nonostante gli aumenti. Certo se il Governo riesce a intervenire ristorando quella parte della filiera che non riesce a ribaltare gli extra-costi ben venga. Il sistema è sano se tutta la catena è a posto. Però bisogna avere la capacità di entrare nel dettaglio delle situazioni specifiche».

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