Amministratori

In vista nuovo deficit per aiutare Comuni e Regioni

Le ipotesi di una nuova richiesta al Parlamento per aumentare ancora il deficit circondano da settimane la scrivania di Roberto Gualtieri. Ieri però hanno stretto ulteriormente l’assedio intorno al ministro dell’Economia trovando una prima cifra fatta circolare da ambienti della maggioranza, 10 miliardi, e diversi alleati espliciti. «Lo dico da mesi - rivendica dal Movimento 5 Stelle Laura Castelli, che di Gualtieri è vice - perché sono risorse indispensabili per andare avanti». Ma anche dal Pd un deputato dalla lunga navigazione fra le cose economiche, il relatore del decretone anticrisi alla Camera Fabio Melilli, ha detto di giudicare «opportuno che il governo rifletta su un ulteriore scostamento di bilancio», dopo che «questi giorni di ascolto delle categorie ci hanno fatto comprendere i bisogni reali».

Interpellato sul tema in serata a Porta a Porta, il ministro dell’Economia ha preferito rilanciare la palla in avanti. Prima vengono gli obiettivi, ha spiegato, a partire da quello di «garantire la cassa integrazione per tutto il tempo che serve a tutti i tipi di lavoratori», e poi vengono «gli scostamenti che sono una conseguenza di questi obiettivi». Perché naturalmente Gualtieri sa bene che un nuovo ritocco dei conti è qualcosa di più di un’ipotesi, e che potrebbe servire anche «per aumentare le risorse al fondo di garanzia» per i prestiti alle Pmi in via di rapido esaurimento (si veda il servizio a pagina 2). Ma non esulta all’idea di evocare nuovo deficit proprio in questi giorni (ieri lo spread ha chiuso a 188.1, cioè 10.8 punti sopra l’apertura) delicati di trattative comunitarie sui fondi di Next Generation Ue e di scossoni nella maggioranza per la complicata definizione della «Fase 3» tra le linee guida per gli Stati Generali e il Piano nazionale di Riforma chiamato a gettare le basi del Recovery Plan italiano su cui Roma chiederà l’aiuto Ue.

Il fatto è che ad accendere la macchina delle discussioni intorno al terzo aumento domestico del deficit, dopo quello da 20 miliardi servito al decreto Marzo e il secondo da 55 miliardi subito prosciugati dalla manovra anticrisi, era stato due settimane fa il presidente del Consiglio. Con un’accelerazione analoga a quella sugli Stati generali che ha creato gli ultimi attriti con il ministero dell’Economia, Conte aveva messo esplicitamente l’ipotesi di nuovo deficit sul tavolo dell’incontro con i sindaci in allarme per il crollo delle loro entrate (Sole 24 Ore del 29 maggio). Gualtieri non aveva particolarmente apprezzato questo scatto in avanti, e aveva derubricato il tema come «prematuro». Ma da quel momento l’incognita della politica non è stata più «se» fare nuovo deficit, ma «quando» e «quanto».

E questi interrogativi rimangono. Perché all’orizzonte ci sono i «segnali di ripresa» evocati anche ieri dal ministro dell’Economia e i fondi europei che, come il Sure, possono dare una mano alle spese più vive a partire proprio dagli ammortizzatori sociali. Ci sono le strade per raccogliere entrate come la nuova voluntary suggerita dai tecnici di Colao che per il ministro «è un’opzione seria su cui lavorare». Ma ci sono anche le divisioni sul Mes che continuano a lacerare i Cinque Stelle, e un elenco di richieste che fa sfumare in fretta i 10 miliardi ipotizzati ieri. I sindaci da soli lamentano un buco da almeno 3 miliardi oltre ai 3 già messi a disposizione dal decreto anticrisi, le Regioni ne indicano 4, la scuola secondo i sindacati ha bisogno di 3 miliardi per ripartire (ieri Città metropolitane e Province hanno ricevuto 350 milioni per l’edilizia), e poi c’è il turismo annientato dalla crisi, il settore dell’auto in forte affanno, i prestiti alle imprese, la platea degli aiuti a fondo perduto che preme per allargarsi (il modello per le domande sarà pronto lunedì, assicura Gualtieri) e via elencando. Al punto che come accaduto nelle due occasioni precedenti anche la terza richiesta potrebbe evaporare ben prima di completare il pacchetto degli interventi. Per evitare il problema Italia Viva, con Luigi Marattin, apre la porta a nuovo deficit ma chiede «un minimo di programmazione: decidiamo di quante risorse abbiamo bisogno fino a fine anno e facciamo una sola richiesta» di fondi da spalmare poi in più provvedimenti.

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