Personale

Smart working, obiettivo 50% dei dipendenti pubblici

Spazio ai piani organizzativi del lavoro agile (Pola) che dovranno essere «strumenti flessibili», adattati sulle diverse realtà amministrative

di Giorgio Pogliotti e Claudio Tucci

In settimana partiranno i primi tavoli tecnici sullo smart working nella Pa; con l’obiettivo, previsto dal decreto Rilancio, e confermato dalla ministra, Fabiana Dadone, di voler utilizzare il lavoro agile per il 50% dei lavoratori pubblici.

Spazio poi ai piani organizzativi del lavoro agile (Pola) che dovranno essere “strumenti flessibili”, adattati sulle diverse realtà amministrative, le grandi come le piccole. «Dal prossimo 1° gennaio - ha aggiunto Dadone - sarà messo in mano ai dirigenti delle pubbliche amministrazioni che dovranno innanzitutto individuare le attività che si possono svolgere con questa modalità di lavoro. L’obiettivo, in base alla norma del Dl Rilancio, è di inserire il 60% - fino a fine anno - e poi il 50% dei dipendenti in smart working. Sono necessari investimenti per la banda larga che deve essere necessariamente portata a termine in tutto il paese, per l’acquisto di materiale nuovo per le Pa e per la riorganizzazione del lavoro basata sul risultato. Che si traduce in una maggiore funzionalità dei servizi forniti», ha chiosato Dadone.

Tuttavia, in assenza di concrete e profonde modifiche strutturali e organizzative dell’amministrazione italiana, l’obiettivo di una considerevole quota di dipendenti destinati allo smart working (50%) «desta al momento più di una preoccupazione - ha evidenziato Sandro Mainardi, ordinario di diritto del Lavoro all’università Alma Mater di Bologna - soprattutto se rapportata ad un settore, quello pubblico, dove fino a qualche tempo fa il problema principale era quello del contrasto all’assenteismo, alle false attestazioni di presenza in servizio, ai lavoratori improduttivi».

L’esperienza del part time è stata d’insegnamento: «Inizialmente riconosciuto come diritto per i pubblici dipendenti (diversamente da quanto avviene per il privato), la riduzione di orario - ha ricordato Mainardi - si è presto trasformata in disfunzione organizzativa, tanto da costringere la legge ad un rapido dietrofront».

Superata l’emergenza, quindi, occorrerà che il lavoro agile per le Pa sia effettivamente tale. E poi l’utilizzo della flessibilità deve rispondere ad obiettivi di efficienza e miglioramento dei servizi, che, al di là delle quote di personale interessato, riconoscano il lavoro agile come effettiva risorsa per la pubblica amministrazione.

«La principale criticità - ha chiosato Mainardi - resta la capacità della dirigenza pubblica di dare attuazione alla modalità di lavoro agile in chiave compatibile con le esigenze dei servizi e dell’utenza con capacità di adattamento, presumibilmente non rapido, a nuove forme di direzione, controllo e gestione della prestazione di lavoro. Non è un caso che il decreto Rilancio preveda sul punto “adeguate forme di aggiornamento” e che le misure adottate siano valutate ai fini della performance dei dirigenti».

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