Fisco e contabilità

Fondone-bis, i calcoli «ignorano» la certificazione

È un quadro in chiaro-scuro quello che emerge dalla lettura della nota metodologica di accompagnamento al riparto

di Elena Masini e Cristina Muscillo

È un quadro in chiaro-scuro quello che emerge dalla lettura della nota metodologica di accompagnamento al riparto del saldo del fondone-bis, che solleva più di una preoccupazione nei responsabili finanziari. Non tanto per il timore di restituzione delle somme ricevute in più, che fino a tutto il 2021 resteranno nella disponibilità dei bilanci degli enti, quanto piuttosto per le incertezze sull'utilizzo delle risorse. I dubbi in realtà parevano fugati con l'emanazione del Dm sulla certificazione (alla luce del quale gli enti si sono tuffati in una corsa sfrenata all'utilizzo dei fondi) ma ora, inutile negarlo, tornano alla ribalta.

La nota metodologica di riparto degli 820 milioni del saldo del fondone-bis si pone in assoluta continuità con la precedente nota allegata al Dm 16 luglio 2020, che aveva dato il via al riparto del primo fondo. Essa contiene, infatti, la stima aggiornata delle minori entrate, dei risparmi di spesa legati al Covid e delle maggiori spese per sociale e trasporto scolastico. Non si menzionano altre voci di spesa come quelle legate ai contributi al mondo economico, alle attrezzature informatiche, alla sanificazione, al controllo delle disposizioni anti-contagio, solo per citarne alcune che rientrano a pieno titolo nella certificazione. Né viene fatta menzione alcuna della futura certificazione. È lecito quindi interrogarsi quale sarà il ruolo di tale rendicontazione nel riparto delle risorse: se un ruolo di primo piano, funzionale ad orientare le assegnazioni future, ovvero un ruolo di mera appendice ad un impianto sorretto da altre logiche. Il fatto che l'assegnazione delle risorse del fondone-bis non tenga affatto in considerazione le voci di spesa incluse nella certificazione fa propendere per la seconda ipotesi. E ciò pare avvalorato anche dal Ddl di bilancio, che all'articolo 154 stabilisce che le risultanze della certificazione concorrano solamente nel riparto dei 250 milioni, sui 450 stanziati. Se questa pare la prospettiva che si sta delineando, un'altra domanda sorge spontanea: in che rapporto sta l'avanzo vincolato che scaturirà dalla certificazione con l'"anticipo" di risorse che emerge chiaramente da questa ultima assegnazione? Già perché le stime parlano chiaro: gli enti locali hanno ricevuto più soldi di quelli che inizialmente si ipotizzavano come perdita di gettito. A fronte di 4,22 miliardi per i comuni, il fabbisogno tra minori entrate e maggiori/minori spese ammonta a 3,48 miliardi: in più ci sarebbero non solo 570 milioni ma anche l'anticipo delle mancate entrate per il periodo gennaio-febbraio 2021, pari a 165 milioni. E per non doverli richiedere indietro, il tavolo tecnico ha deciso di lasciarli a titolo di acconto per il prossimo anno. Possono gli enti ignorare tale circostanza evitando di "risparmiare" una parte di queste risorse per il nuovo bilancio? Quello che possiamo dire è che gli enti che utilizzeranno tutte le risorse del fondone nel 2020, rischiano di dover finanziare con proprie risorse le necessità connesse al Covid.

Se questa è la situazione a livello di comparto dei comuni e unioni, a livello di singolo ente le cose si complicano ulteriormente. Già perché ci sono enti che, pur con tutti gli anticipi di cui abbiamo detto sopra, risultano aver comunque ricevuto più soldi dalle precedenti assegnazioni rispetto al fabbisogno stimato (determinato sommando all'importo indicato nella colonna «Stima perdita di gettito 2020 - Step 3», l'importo indicato nella colonna «Riparto quota residua»). E siccome la clausola di salvaguardia prevede che le somme già erogate vengano comunque assicurate, tali enti non hanno ricevuto nulla come saldo in quanto risultano beneficiari di una quota aggiuntiva. Questo importo è determinabile facendo la differenza tra il totale assegnato ed il fabbisogno stimato, calcolato come sopra indicato. Se così è, queste somme devono essere riportate a nuovo attraverso l'avanzo vincolato, sebbene l'importo sarà completamente diverso da quello della certificazione? Riteniamo che ciò non sia necessario, sebbene gli enti non potranno ignorare il proprio posizionamento. È molto probabile infatti che l'aver ricevuto di più nel 2020 sarà valutato nel 2021 in occasione del nuovo riparto, per cui è probabile che anche in futuro tali enti non riceveranno risorse aggiuntive.

Vi sono poi enti che, in occasione del riparto del saldo, hanno ricevuto nuove assegnazioni. Tra questi, tuttavia, vi sono enti che, rispetto al fabbisogno, hanno avuto di meno (probabilmente per far fronte alle maggiori assegnazioni degli enti con saldo zero) ed altri che, inspiegabilmente, hanno ricevuto di più, senza che ciò sia giustificato dall'applicazione delle clausole di salvaguardia. Quale sia la chiave di lettura di tali assegnazioni non è dato saperlo, visto che la nota metodologica nulla dice in proposito.

Il giallo attorno al fondone dunque si infittisce e questo non aiuta di certo gli enti che, dopo aver acquisito – non senza fatica – qualche certezza in più con la certificazione, ora non sanno più da che parte dirigersi.

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