Appalti

Nessun obbligo di autotutela della Pa alla semplice richiesta di una parte interessata

Sono prive di valore cogente le richieste di riesame di un provvedimento amministrativo

di Susy Simonetti e Stefania Sorrentino

Non sussiste alcun obbligo giuridico, da parte della stazione appaltante, di pronunciarsi esplicitamente sull'istanza formulata dal privato, diretta a sollecitare l'esercizio del potere di autotutela; sono prive di valore cogente le richieste di riesame di un provvedimento amministrativo, pertanto il silenzio della pubblica amministrazione non equivale a inadempimento né può essere considerato diniego con conseguente incontestabilità in sede giudiziale. É questa la massima della sentenza n. 453/2021 del Tar Puglia .

Un operatore economico ha presentato ricorso per la declaratoria di illegittimità del silenzio inadempimento di un ente, in ordine al riesame della verifica dell'assenza delle cause di esclusione dell'articolo 80 del codice degli appalti, nei confronti dell'aggiudicataria e per la condanna alla conclusione del procedimento con l'adozione di un provvedimento espresso.

Nello specifico il ricorrente, a seguito di notizia di indagini giudiziarie in capo a alcuni rappresentanti della ditta prima in graduatoria, ha chiesto di attivare di nuovo i controlli per la verifica del perdurante possesso dei requisiti.

L'impresa aggiudicataria ha tuttavia dimostrato, nel corso della procedura , la conservazione degli stessi anche con riferimento alle vicende segnalate; la stazione appaltante ha quindi aggiudicato, senza ulteriori verifiche e ha disposto il nulla osta per la stipula contrattuale.

Per i giudici pugliesi il ricorso è inammissibile, perché il ricorrente non ha impugnato né la determina di aggiudicazione né il provvedimento amministrativo contenente l'istruttoria della verifica effettuata in riferimento alla totalità dei soggetti aggiudicatari, ma ha fondato il proprio gravame avverso il silenzio dell'ente sulla richiesta di riesame dell'aggiudicazione.

Questo giudizio presuppone l'accertamento dell'obbligo dell'amministrazione di provvedere; al riguardo, la giurisprudenza è concorde nel ritenere che il «potere di autotutela si esercita discrezionalmente d'ufficio, essendo rimesso alla più ampia valutazione di merito dell'Amministrazione, e non su istanza di parte», e risulta incoercibile dall'esterno.

Il potere di autotutela rappresenta esplicazione del principio di buon andamento dell'attività amministrativa, alla stregua del quale l'amministrazione, chiamata ad adottare atti il più possibile rispondenti ai fini da conseguire, può pertanto riesaminare i provvedimenti adottati, dando esplicita e puntuale contezza del potere esercitato (Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza n. 1625/2004); tuttavia non vi è alcun obbligo giuridico di provvedere.

Le istanze di parte hanno valore meramente sollecitatorio; d'altronde, affermare il contrario, ossia configurare un obbligo di esercizio dell'autotutela a semplice richiesta di parte interessata, determinerebbe una compromissione del principio di economicità dell'azione amministrativa, perché consentirebbe di riattivare in ogni momento il circuito giurisdizionale, con effetto di paralizzare l'attività delle stazioni appaltanti , neutralizzando, altresì, la condizione di inoppugnabilità dei provvedimenti amministrativi, che non siano stati contestati nei modi e entro i termini di legge.

In altri termini, l'obbligo vanifica la garanzia di certezza e stabilità dei rapporti giuridici, che viene meno se si impone, a semplice richiesta dell'interessato, il dovere di riesame di un provvedimento rimasto inoppugnato, aggirando in tal modo il principio di decadenza dalla normale azione impugnatoria.

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