Personale

Cig, smart working, licenziamenti: tutte le iperprotezioni del travet

La pandemia ha accentuato le disparità di trattamento tra pubblico e privato

di Claudio Tucci

L’ultimo esempio in ordine di tempo sono i 2.680 navigator assunti, per ragione di costi, con contratto di collaborazione biennale in scadenza ad aprile. Per loro, nonostante lockdown e centri per l’impiego chiusi, si sta ragionando su una nuova proroga in vista della stabilizzazione che dovrebbe avvenire all’interno del piano di rafforzamento dei servizi per il lavoro. Per i 32mila precari storici della scuola il traguardo è più a portata di mano: chi ha superato la selezione straordinaria, semplificata, conclusasi a febbraio, il ruolo, cioè la cattedra fissa, arriverà da settembre.

E nel privato? Un lavoratore autonomo oggi è in forte affanno a causa della crisi, costretto a uno smart working “a proprie spese”, a una drastica riduzione del reddito - che nel pubblico non c’è stata - indennizzata «soltanto su tre mesi, a fronte di una pandemia che dura da 1 anno, e con specifiche condizioni per l’accesso», ha ricordato Andrea Dili, commercialista, presidente di Confprofessioni Lazio. Tutte e quattro le deleghe previste dal Jobs act del lavoro autonomo del 2017, per ampliare le tutele ed estendere misure di welfare a professionisti e partite Iva, «sono scadute, nell’indifferenza pressoché totale - ha aggiunto Maurizio Del Conte, “padre” della legge 81 del 2017, oggi professore di diritto del Lavoro alla Bocconi di Milano -. La crisi ha dimostrato tutte le fragilità dell’occupazione indipendente. Purtroppo, ancora una volta, ci rendiamo conto in ritardo dei problemi» (e delle mancate soluzioni). I numeri sono sotto gli occhi di tutti: nel 2020 gli autonomi sono calati di 209mila unità, -79mila solo nel mese di dicembre. Anche le nuove partite Iva hanno frenato: -14,8%.

Stessa situazione di difficoltà è vissuta, nel privato, dai dipendenti a termine e in somministrazione: -393mila occupati lo scorso anno, -1,4 milioni di rapporti temporanei scaduti, e non rinnovati, anche per via delle rigidità del decreto Dignità. Queste persone hanno preso la Naspi, ma con bassi importi e per pochi mesi, visto la discontinuità del proprio impiego subordinato.

«Il punto - ha sottolineato Arturo Maresca, ordinario di diritto del Lavoro all’università la Sapienza di Roma - è che la pandemia ha accentuato disuguaglianze e disparità di trattamento tra lavoratori, alcuni più protetti, altri meno. L’esempio del lavoro autonomo e di quello a termine è quanto mai calzante: nel pubblico impiego portano, quasi sempre, alla stabilizzazione, by-passando selezioni e merito. Nel privato, sono le aree, composte soprattutto da donne e giovani, che stanno invece pagando di più la crisi e alcune rigidità normative introdotte in questi anni».

Su tre istituti “chiave”, oggi al centro del dibattito, vale a dire licenziamenti economici, Cig e smart working le distanze tra pubblico, iper protetto, e privato, meno, sono ormai eclatanti.

«Nel pubblico impiego la voce “licenziamento economico” non è mai entrata a far parte del lessico legislativo e contrattuale, in quanto nella Pa l’intera disciplina dei licenziamenti per motivi oggettivi (individuali e collettivi) è assorbita dalle regole su mobilità e collocamento in disponibilità del personale - ha spiegato Sandro Mainardi, ordinario di diritto del Lavoro all’università Alma Mater di Bologna -. A oggi, tuttavia, non sono noti casi di risoluzione del rapporto di lavoro collegate a queste ipotesi. Non solo. Nel settore pubblico non esiste la Cig, se non nel rarissimo caso di collocamento in disponibilità per eccedenza, con l’erogazione dello stipendio all’80% per il dipendente fino a conclusione del periodo di disponibilità a carico dell’amministrazione di appartenenza. Quindi di fatto, nel periodo pandemico, i licenziamenti sono rimasti bloccati anche nel settore pubblico (ma, come detto, non si conoscono licenziamenti economici per il settore) però a differenza del privato, i dipendenti hanno percepito integralmente il trattamento economico, pure quello legato alla performance, nelle amministrazioni più virtuose declinata sulla modalità di lavoro a distanza».

Nel privato sono circa 7 milioni i lavoratori interessati, in questi mesi, dalla Cig d’emergenza . Il centro studi Lavoro&Welfare, diretto dall’ex ministro del Lavoro, Cesare Damiano, ha calcolato su una busta paga media di 1.400 euro una perdita di 460 euro al mese, legata agli ammortizzatori, evidenziando come in tutto il 2020 la Cig abbia salvato più di un milione di lavoratori.

Nel pubblico impiego, invece, oggi, si parla di rinnovi dei Ccnl, con aumenti promessi “a tre cifre” (107 euro medi mensili); nel privato quasi tutti gli ultimi rinnovi sono stati sotto questa cifra.

Perfino sullo smart working la disciplina prevista nella Pa è più “protezionista”: «La regola generale è uno smart working al 50%, che può salire al 60% in presenza di piani redatti dalle singole amministrazioni - ha aggiunto il professor Mainardi -. Ma diversamente dal privato, nella Pa le norme si sono subito premurate di rendere strutturali le deroghe alla legge 81. In alcuni casi, sono stati fissati obiettivi di raggiungimento di quote sempre più ampie di lavoratori pubblici impiegati al proprio domicilio, su questo addirittura misurando la performance organizzativa dei dirigenti. Ciò ha rafforzato, durante la pandemia, una sorta di “diritto” allo smart working. A differenza del privato dove le deroghe alla legge sono state meno estese, riguardando soprattutto lavoratori fragili o con figli piccoli».

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