Appalti

Stato e Comuni chiusi per Covid: bloccati pareri, licenze e progetti

Molte amministrazioni stanno interpretando l’articolo 103 del decreto legge Cura Italia che consente agli enti di prorogare o differire al 16 maggio i termini per la conclusione dei procedimenti in corso

di Giorgio Santilli

Chiuso per Covid. Così molte amministrazioni pubbliche stanno interpretando l’articolo 103 del decreto legge Cura Italia che consente alle amministrazioni di prorogare o differire al 16 maggio i termini per la conclusione dei procedimenti in corso. Parliamo di licenze, permessi, pareri, nulla osta, autorizzazioni di attività private, approvazioni di domande presentate dal cittadino o dal professionista che lo rappresenta, per esempio nel campo dell’edilizia.

La norma varata dal governo non autorizza le amministrazioni né a sospendere l’attività né a prorogare o differire la conclusione di procedimenti che possono essere conclusi o che mancano di un solo atto per essere conclusi. Tanto più se la richiesta venga da «motivate istanze» di un cittadino o di un’impresa. Il timore fortissimo da parte di imprese e professionisti in questo momento è che una sospensione generalizzata (e non legittimata) dell’attività della Pa possa portare a un «fermo macchina» che avrebbe poi bisogno di mesi per essere riavviata. Il rischio serio è la paralisi per mesi. L’auspicio è invece è che questo periodo che inevitabilmente frena l’attività di cantiere e produttiva o anche di atti da compiere in luogo (per esempio un sopralluogo) venga usato responsabilmente per accelerare le pratiche e farsi trovare pronti, all’inizio della fase 2, con tutte le carte in regola per ripartire di slancio con le attività produttive. In assenza di direttive chiare,a ogni livello di governo, però, questo non accadrà e gli alibi forniti impropriamente dal Cura Italia provocheranno il caos, l’attesa per il completamento di molti procedimenti che potrebbero essere conclusi ora, l’attività rallentata ancora per molti mesi.

L’Oice, l’associazione delle società di ingegneria, ha fatto un monitoraggio a campione di situazioni sul territorio nazionale. A Roma - dice il monitoraggio - il rilascio di permessi di costruire è completamente fermo da febbraio. Chi non ha potuto ritirare entro febbraio, dovrà aspettare: a oggi gli uffici del Comune di Roma non riescono a chiudere la procedura. «Il rinvio del rilascio del permesso di costruire - dice il coordinatore Oice per il Lazio, Valter Macchi - accade anche quando si sia conclusa positivamente la conferenza di servizi e anche addirittura in casi di realizzazione di ospedali, come nel progetto di ampliamento dell’Ospedale Israelitico alla Magliana. Davvero sorprendente in questo momento». Stessa difficoltà a chiudere i procedimenti per Scia relative ad abitabilità di complessi residenziali.

A pesare è a volte la difficoltà a produrre un atto in smart working, altre volte la necessità di calcolare o di pagare gli oneri legati al rilascio di un atto, altre volte il fatto che il funzionario responsabile del procedimento sia in ferie.

In altri casi la difficoltà sta nel presentare documenti datati che è possibile recuperare solo in forma cartacea e solo negli archivi comunali. Per la presentazione della Scia, per esempio, è necessario dichiarare la conformità edilizia e ciò richiede l’accesso ad archivi attualmente non disponibili; nella prevalenza dei casi, infatti, i fabbricati sono difformi e ciò provoca ulteriori ritardi per accertamenti. «Sarebbe opportuno - dice Alfredo Macerini (Oice Toscana) - un provvedimento di sanatoria generalizzata delle difformità non rilevanti che sospenda gli accertamenti di conformità per opere pubbliche». Spesso a bloccare la pratica sono i ritardi nel rilascio di pareri dei Vigili del Fuoco o della Soprintendenza. Spesso questa mancanza prende la forma di un’assenza alla conferenza di servizi. Difficoltà e rallentamenti vengono denunciati anche negli uffici per la ricostruzione del sisma 2009 e 2016, soprattutto per effetto dello smart working o per la difficoltà a reperire gli interlocutori.

Nel comune di Milano, dice il presidente dell’Ordine degli architetti, Paolo Mazzoleni, nell’intervista pubblicata in questa pagina, la situazione «non è omogenea da ufficio a ufficio, mentre la situazione è più grave nei comuni piccoli e medi della città metropolitana».

Ma non sono solo i privati ad avvertire il serio rischio degli effetti prodotti dalla mancata attività amministrativa in questa fase. È stata l’Anac, l’Autorità anticorruzione che vigila sul settore degli appalti pubblici, ad approvare una segnalazione urgente al governo in cui si raccomanda «l’opportunità di prevedere, anche in vista della ripresa delle attività produttive, la cosiddetta fase 2, misure ad hoc riferite allo svolgimento delle procedure di gara per l’affidamento di contratti pubblici e all’esecuzione degli stessi, ritenendo che l’applicazione delle disposizioni adottate in generale per i procedimenti amministrativi possa creare rilevanti problemi applicativi al settore dei contratti pubblici». Fra quelle disposizione sui procedimenti amministrativi in prima fila proprio l’articolo 103 che, se interpretato come un alibi a non fare, rischia di paralizzare il Paese ancora a lungo.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©