Appalti

Aspi, il Governo apre a un’intesa: sul tavolo la vendita a Cdp e F2i

In palio la discesa di Atlantia al 40% e una partecipazione di maggioranza nella società

di Laura Galvagni e Marigia Mangano

Il dialogo tra il Governo, Autostrade per l’Italia, con il ceo Roberto Tomasi in prima fila, e Atlantia, che vede impegnati il presidente Fabio Cerchiai e l’amministratore delegato Carlo Bertazzo, è nuovamente aperto. Anche di questo clamoroso passo avanti, dopo settimane di silenzi, si è parlato nel corso dell’ultimo consiglio di amministrazione di Edizione tenuto qualche giorno fa. La famiglia Benetton, guidata da Gianni Mion e Carlo Bertazzo, ha fatto il punto sulla situazione delle partecipate alla luce dell’emergenza Coronavirus, e ha potuto registrare questa fondamentale evoluzione positiva sul dossier Aspi. Si tratta al momento di interlocuzioni preliminari rispetto alle proposte avanzate dalla società riguardo un potenziale accordo transattivo che metta da parte il decreto Milleproroghe.

Interlocuzioni, tuttavia, che avrebbero permesso di riaprire anche un secondo cruciale tavolo di trattativa: quello del riassetto della compagnia autostradale che porterebbe a un parziale disimpegno dei Benetton, evidentemente gradito all’esecutivo. Tanto che, secondo quanto risulta a Il Sole 24 Ore, si starebbe ragionando attorno a nuovo schema : la vendita diretta di una quota compresa tra il 40 e il 50% di Aspi a Cdp e F2i, con la Cassa Depositi e Prestiti pronta a far valere il debito di 1,2 miliardi che ha nei confronti della società autostradale magari attraverso una possibile conversione. Il Governo, riferiscono fonti ben informate, ha, tra le altre cose, fretta di creare le condizioni per far ripartire il paese, non appena la crisi Coronavirus lo permetterà. E in questo scenario le infrastrutture rappresentano un tassello cruciale. Ecco perché risolvere il nodo Aspi potrebbe diventare una priorità. Tanto più che la crisi senza precedenti scoppiata con la pandemia rischia di mandare in tilt il sistema di Ponzano Veneto.

Per capire in che misura, basta scorrere il portafoglio di Edizione. La holding sconta una concentrazione forte su settori che non possono prescindere dalla mobilità, oggi di fatto congelata. Il cuore dell’impero è nelle autostrade con Aspi e Abertis, ma anche negli aeroporti con Adr, nella ristorazione con Autogrill e nel retail con Benetton. Resta fuori, diventando in questo scenario l’asset più “pesante” nel portafoglio della holding, la spagnola Cellnex, attiva nel business delle torri che trae beneficio da una comunicazione a distanza sempre più centrale nell’era del Covid-19.

I valori di Borsa forniscono qualche indicazione più precisa su quanto la crisi abbia ridimensionato il sistema Edizione. Atlantia, in particolare, già debole a causa dalla querelle in atto con il Governo sulla concessione Aspi, a causa della tragedia del Ponte Morandi, ha visto la capitalizzazione dimezzarsi dal 19 febbraio scorso: è passata da 18,7 miliardi a 10 miliardi (-49%). Arriva fino al 55% la correzione di Autogrill che ha visto il proprio valore scendere da 2,3 miliardi a 1 miliardo di euro. Ha invece tenuto la spagnola Cellnex dove il calo legato alla crisi pandemia è nell’ordine dell’11%: da 18,8 miliardi a 16,5 miliardi. In pratica oggi l’asset spagnolo, percepito un paio di anni fa come una diversificazione comunque marginale nell’impero di Edizione, rappresenta il perno del portafoglio della holding. Ricapitolando, dall’avvio del lockdown il sistema della famiglia Benetton ha bruciato circa 10 miliardi di euro. Questo considerando solo gli asset quotati, perché meno evidenti sono le perdite di valore della stessa Abertis o del gruppo Benetton, in quanto fuori dal listino. Numeri che sul mercato hanno inevitabilmente sollevato un interrogativo: fino a che punto il sistema riuscirà ad assorbire la crisi?

In questo quadro, assai delicato, a Ponzano Veneto si sta cercando di procedere per priorità. E, senza dubbio, questa priorità, al pari del recente passato, è rappresentata da Atlantia e più in particolare da Aspi e in seconda battuta da Autogrill. Autostrade, in particolare, deve chiudere il bilancio entro il 28 aprile ma il quadro è assai complesso. Il Milleproroghe assegna di fatto alla società una valutazione vicina ai 7 miliardi mentre l’azienda ha debiti per 9,5 miliardi. Questi due valori, evidentemente, vanno riallineati e per farlo è necessario trovare un accordo sulla convenzione che tenga conto di diversi fattori: una valorizzazione congrua dell’asset, nell’ambito di un ridimensionamento delle tariffe e di un ambizioso piano di investimenti, fondamentale per il paese, a cui sommare una possibile penale da scontare per la tragedia del Ponte.

Di certo il valore deve essere superiore ai debiti: il socio Allianz nell’ultima revisione delle propria partecipazione (il 6,94% detenuto attraverso un veicolo co-partecipato) ha indicato in circa 12,5 miliardi il 100% della compagnia. Raggiunta un’intesa su queste indispensabili premesse si può ragionare sulla discesa dei Benetton nel capitale dell’azienda con una quota di minoranza prossima al 40%. Un disimpegno che passerebbe dalla vendita del pacchetto di maggioranza a un asse potenzialmente formato da Cdp e F2i. Con il primo che, come detto, potrebbe mettere sul piatto il debito che ha nei confronti della compagnia. Il fondo, invece, potrebbe far leva sull’alto profilo, anche internazionale, dei suoi sottoscrittori.

Quanto ad Autogrill, la compagnia, che ha una posizione di liquidità forte (243 milioni con appena 20 milioni di debito in scadenza quest’anno) ma dovrà fare i conti con una contrazione sensibile dei ricavi considerato che il 50% del giro d’affari arriva di fatto dagli aeroporti del Nord America e il 20% dall’Italia.

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