Imprese

Ferrovie, servono 600 milioni per adeguare le «ex concesse» agli standard di sicurezza europei

di G.La.

Un'operazione in più fasi: si parte dalla richiesta di allinearsi agli standard europei in materia di sicurezza, si passa attraverso una serie di provvedimenti di mitigazione del rischio nell'immediato e si procede con l'adeguamento progressivo della rete. Secondo il direttore dell'Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria, Amedeo Gargiulo è questo il cronoprogramma che segue la decisione con la quale, la scorsa settimana, il ministero delle Infrastrutture ha fatto entrare 1.918 chilometri di rete delle ferrovie regionali "ex concesse" nello spazio ferroviario europeo, mettendole sotto la vigilanza dell'Ansf. Una decisione che, nel concreto, si tradurrà in un massiccio piano di investimenti sui binari: secondo le prime indiscrezioni, siamo nell'ordine di circa 600 milioni di euro.

La manovra è scattata con la pubblicazione in Gazzetta ufficiale del decreto del Mit del 5 agosto 2016. Sotto l'ombrello dell'Ansf, allora, transitano 41 tratte sulle quali, attualmente, lavorano 12 gestori in 10 diverse regioni: Piemonte, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Abruzzo, Campania e Puglia. Negli elenchi, tra le altre cose, compare anche la Bari-Barletta, affidata a Ferrotramviaria spa, protagonista dell'incidente di metà luglio. Tra le reti regionali restano fuori tratte minori in Calabria, nel Lazio, in Liguria, in Piemonte, in Puglia, in Sardegna e in Sicilia per un totale di otto gestori coinvolti.

L'operazione che parte adesso viene descritta da Gargiulo: «Abbiamo già quasi pronto un provvedimento che, la prossima settimana, darà ai gestori delle infrastrutture una linea di indirizzo molto chiara. Dovranno, cioè, adeguarsi più velocemente possibile agli standard tecnici europei che riguardano i sistemi di segnalamento». In concreto, l'Ansf farà la lista della spesa degli interventi necessari. In alcuni casi serviranno pochi mesi per mettersi in pari, in altri saranno necessari anni. Nel frattempo, dice ancora Gargiulo, «con un altro provvedimento andremo a definire quali sono gli interventi di mitigazione del rischio da prendere con effetto immediato».

In attesa delle tecnologie più complesse, cioè, si procederà con interventi come la riduzione dei limiti di velocità, la duplicazione delle persone presenti in momenti delicati, la messa in sicurezza dei passaggi a livello. Insomma, accorgimenti di pronto utilizzo da impiegare rapidamente. «Le società dovranno adeguarsi e noi monitoreremo gli avanzamenti. La nostra vigilanza riguarderà principalmente la loro organizzazione e il modo in cui gestiscono la sicurezza in maniera operativa».

Il processo, insomma, è lungo e costoso. Per una prima messa in sicurezza servirebbero almeno 600 milioni di euro di investimenti.
Questo denaro è stato già coperto in parte: circa 300 milioni di euro sono stati accantonati dal Mit nel quadro del Fondo di sviluppo e coesione. Il resto andrà trovato. Saranno destinati a interventi che, in larga parte, riguarderanno gli impianti: per adeguarsi agli standard di sicurezza servono poche operazioni fisiche sui binari. Nelle prime settimane l'Ansf inviterà i gestori a completare le progettazioni che, poi, serviranno per stanziare i fondi e fare le gare. Il processo, comunque, non sarà breve. Nei casi più gravi l'impatto sarà visibile dopo almeno due o tre anni.

Restano, comunque, in ballo tutte le linee isolate o a scartamento ridotto, cioè con standard tecnici differenti dalla rete nazionale. Per adesso, su queste resta una vigilanza differente. Anche se, secondo Gargiulo, «sarebbe opportuno che queste passassero sotto la nostra competenza. Esiste un disegno di legge che va in questa direzione e spero che nei prossimi anni si realizzi anche questo avanzamento». Sebbene l'Agenzia, al momento, sia sotto organico: rispetto alla sua pianta teorica di 265 persone, ce ne sono solo 118.

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