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Coronavirus - Servizi assistenziali comunali, per il Garante privacy meglio se «a richiesta»

di Federico Gavioli

Servizi comunali a favore della popolazione, contributi economici e isolamento: sono alcuni dei temi sui quali si è espresso il Garante per la protezione dei dati personali con le Faq su emergenza da Covid-19 ed enti locali.

I servizi comunali a favore della popolazione
Il Garante ha chiarito che i servizi assistenziali comunali a favore della popolazione (consegna di beni di prima necessità o di farmaci) possono essere offerti su richiesta degli interessati, pubblicizzando, con i canali ritenuti più efficaci, le modalità di attivazione del servizio (ad esempio, numero verde), senza raccogliere, dunque, gli elenchi dei soggetti posti in isolamento domiciliare tenuti dalle Aziende Sanitarie competenti. In primo luogo, infatti, non tutti i soggetti in isolamento domiciliare potrebbero essere interessati a fruire di questi servizi, poiché certe esigenze potrebbero, ad esempio, essere assolte dalla famiglia o da altre reti sociali scelte dall'interessato; in secondo luogo, la modalità di attivazione «a richiesta» dei servizi potrebbe garantirne la fruizione anche ai soggetti che, pur non essendo in isolamento domiciliare, sono maggiormente a rischio di contagio o non possono usufruire di reti familiari o sociali (anziani, invalidi, malati cronici).

Contributi economici e buoni spesa
Per l'attribuzione delle risorse economiche ai soggetti che versano in condizioni di difficoltà economiche nel contesto dell'emergenza Covid-19, il Garante chiarisce che i Comuni hanno predisposto dei moduli con cui autocertificare il possesso dei requisiti previsti per ottenere le misure di sostegno. I moduli devono prevedere la raccolta dei soli dati indispensabili alla verifica dei presupposti (reddito, fruizione di altri aiuti, composizione nucleo familiare, eccetera) e non anche informazioni non necessarie o non pertinenti per ottenere il beneficio richiesto. Con specifico riferimento ai cosiddetti buoni spesa, alcuni bandi rivolti agli esercizi commerciali prevedono il rimborso del valore nominale dei buoni a fronte della presentazione, da parte degli esercenti, di adeguata documentazione giustificativa (buoni spesa in originale e/o gli scontrini fiscali per cui il rimborso è richiesto). In questa ipotesi, piuttosto che presentare direttamente gli scontrini con i dettagli di spesa, il Garante ritiene preferibile che l'esercizio commerciale presenti un'autodichiarazione sulla conformità dell'utilizzo dei buoni di cui chiede il rimborso, con contestuale impegno a conservare gli scontrini per gli eventuali controlli che il Comune riterrà di effettuare. In questo modo si evita la produzione sistematica di documentazione di dettaglio che, associata all'identità del beneficiario del buono, comporterebbe la comunicazione di dati personali, anche di natura particolare (ad es. acquisti di prodotti alimentari specifici eccetera).
Inoltre, in merito alla possibilità di pubblicare i dati relativi ai destinatari di contributi di natura economica o di altri benefici (buoni spesa), il Garante ricorda che la normativa sulla trasparenza stabilisce l'obbligo di pubblicazione, fra l'altro, dei nominativi dei soggetti destinatari in generale di benefici economici superiori a mille euro nel corso dell'anno solare (quali sovvenzioni, contributi, sussidi o altri vantaggi economici), fermo restando il divieto di diffusione nel caso in cui da tali dati «sia possibile ricavare informazioni relative allo stato di salute [o] alla situazione di disagio economico-sociale degli interessati» (articolo 26, comma 4, Dlgs 33/2013). Nel caso di benefici economici superiori a mille euro nell'anno solare, spetta all'ente locale, titolare del trattamento, valutare quando le informazioni di contesto rivelino dati sulla salute ovvero l'esistenza di un disagio economico o sociale dell'interessato e non procedere, di conseguenza, alla pubblicazione di dati o altre informazioni idonee a identificarlo.

Soggetti sottoposti a isolamento
Sulla possibilità di diffondere i dati identificativi delle persone positive al Covid-19 o che sono state poste in isolamento, il Garante evidenzia che la disciplina vigente vieta la diffusione dei dati relativi alla salute. Il divieto non è stato derogato dalla normativa d'urgenza sull'emergenza epidemiologica da Covid-19. Pertanto, le aziende sanitarie, le prefetture, i Comuni e qualsiasi altro soggetto pubblico o privato non possono diffondere, attraverso siti web o altri canali, i nominativi dei casi accertati di Covid-19 o dei soggetti sottoposti alla misura dell'isolamento per finalità di contenimento della diffusione dell'epidemia o per il contrasto alle fake news.

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