I temi di NT+Rassegna di giurisprudenza

Rassegna sulla gestione del ciclo dei rifiuti

di Mauro Calabrese

Rifiuti - Gestione - Regioni - Competenza - Piano regionale dei rifiuti - Rete integrata e adeguata -Autosufficienza regionale - Impianti di smaltimento - Capacità residua - Rifiuti Solidi Urbani - Discariche

Sulle Regioni, in virtù del combinato disposto degli articoli 182-bis, comma 1, 196 e 199, commi 1 e 3, lettere g) e h), del Dlgs n. 152 e2006 e dall’articolo 26, comma 1, della Direttiva 2008/98/Ce, ricade l’obbligo di individuare nel proprio Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti urbani (Prgr) una «rete integrata e adeguata» di impianti di smaltimento rifiuti in ambito regionale, comprese le discariche per lo smaltimento dei rifiuti speciali originati dal trattamento dei rifiuti urbani, necessari a conseguire l’obiettivo dell’autosufficienza su scala regionale ,con conseguente messa a disposizione della relativa capacità di smaltimento agli operatori interessati, in condizioni di parità e non discriminazione, nonché di compatibilità economica con la vigente disciplina regionale tariffaria e con i valori indicati in tal senso dal vigente Piano Regionale dei Rifiuti. A fronte della mancata previsione, nel «Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti 2019-2025» del Lazio, della prescritta «rete integrata e adeguata» di impianti di smaltimento rifiuti, non può considerarsi sufficiente a ottemperare all’ordine giudiziale a provvedere, emesso dal Tar, la mera indicazione, a favore degli operatori responsabili della raccolta e trattamento dei Rifiuti Solidi Urbani (Rsu) conferiti dai Comuni, delle discariche attualmente in esercizio nella Regione Lazio, senza neppure l’indicazione della residua capacità di smaltimento che ciascun impianto deve garantire.
Pertanto, a fronte dell’inadempimento, deve procedersi alla nomina, ai sensi dell’articolo 117, comma 2 del Codice del Processo Amministrativo, alla nomina, quale commissario ad acta, del Direttore generale della Direzione Generale per i rifiuti e l’inquinamento del Ministero dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare, il quale, in sostituzione della Regione inadempiente, provvederà ad emanare gli atti necessari per dare corretta e completa esecuzione all’ordine giudiziale di individuare la «rete integrata e adeguata» di impianti di discarica, entro il termine di 90 giorni.

Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione I Quater, Ordinanza 18 gennaio 2021 n. 706

 

Rifiuti - Gestione del servizio - Individuazione degli impianti - Servizio raccolta e trasporto - Contratto di appalto - Obbligazioni contrattuali - Inadempimento - Risoluzione contrattuale - Risarcimento del danno - Competenza - Giudice ordinario - Giudice amministrativo

Compete al giudice ordinario la giurisdizione sulla domanda principale di risoluzione del contratto stipulato avente ad oggetto il servizio dì raccolta e trasporto presso gli impianti di trattamento e smaltimento dei rifiuti solidi urbani e assimilati prodotti in parte nel Comune di Napoli, per grave e colpevole inadempimento, ai sensi degli articoli 1453 e 1455 cod. civ., da parte dell’Agenzia Speciale Igiene Ambientale campana, alle obbligazioni derivanti dal contratto, nonché per ottenere il risarcimento di tutti i danni conseguenti, fondata sulla dedotta impossibilità di conferire con modalità ordinarie i rifiuti presso gli impianti di smaltimento.  Di conseguenza, va invece affermata la giurisdizione del giudice amministrativo sulla domanda subordinata di risarcimento del danno nei confronti del consorzio di imprese affidataria degli impianti e del Commissario straordinario di Governo per l’emergenza rifiuti, in quanto non costituiscono parti contraenti del contratto di appalto e derivando l’invocata responsabilità di tali convenuti dalla mancata organizzazione degli impianti di conferimento dei rifiuti, con natura extracontrattuale della pretesa risarcitoria, addebitando loro la incongrua e intempestiva individuazione dei siti di smaltimento dei rifiuti, quale esercizio di un potere discrezionale ed autoritativo, che a sua volta non avrebbe consentito all’appaltante di rispettare gli obblighi contrattuali. Il petitum sostanziale attiene quindi in tal caso allo scrutinio di un legittimo esercizio di un potere autoritativo sella Pubblica Amministrazione, con le inevitabili ricadute sulla giurisdizione, spettante al giudice amministrativo.

Corte di Cassazione, Sezioni Unite, ordinanza 15 gennaio 2021 n. 612

 

Rifiuti - Gestione del servizio - Individuazione degli impianti - Servizio raccolta e trasporto - Contratto di appalto - Obbligazioni contrattuali - Inadempimento - Risoluzione contrattuale - Risarcimento del danno - Competenza - Giudice ordinario - Giudice amministrativo

Va attribuita alla cognizione del giudice ordinario la competenza sulla domanda principale diretta al risarcimento del danno e l’ingiustificato arricchimento per l’anticipata conclusione del contratto di appalto del servizio di raccolta e trasporto presso gli impianti di trattamento e smaltimento dei rifiuti solidi urbani e assimilati prodotti in parte nel Comune di Napoli, a causa della lamentata impossibilità di conferire con modalità ordinarie i rifiuti presso gli impianti di smaltimento, con lunghe code dei mezzi destinati alla raccolta e conseguente dilatazione dei tempi di lavoro e dei costi, vertendo la controversia sulla violazione degli obblighi da parte della Azienda Servizi Igiene Ambientale campana di assicurare l’accesso agli impianti di destinazione dei rifiuti secondo le clausole contrattuali del capitolato speciale. Si colloca, invero, a monte della controversia, la questione, dell’organizzazione del servizio, ed in particolare della tempestiva individuazione degli impianti di smaltimento, costituendo un mero antefatto, estraneo al petitum sostanziale, e scrutinabile in via meramente incidentale dal giudice ordinario investito della questione oggetto specifica della domanda di risarcimento. Neppure è configurabile la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, né ai sensi dell’articolo 133, lettera c), del Codice del Processo Amministrativo, riguardante le controversie in materia di pubblici servizi relative a concessione di pubblici servizi, né ai sensi della successiva lettera p), riflettente le controversie comunque attinenti alla complessiva azione di gestione del ciclo dei rifiuti, non ricorrendo nella specie quell’agire della Pubblica Amministrazione secondo moduli autoritativi, richiesto invece per integrare i presupposti giuridico-fattuali della giurisdizione del giudice amministrativo, trattandosi invece di controversie relative, appunto, ad inadempienze contrattuali, di contenuto meramente patrimoniale, della gestione.

Corte di Cassazione, Sezioni Unite, ordinanza 15 gennaio 2021 n. 613

 

Rifiuti - Gestione rifiuti speciali - Rifiuti in polietilene - Consorzio Nazionale per il riciclaggio di rifiuti di beni in polietilene - Fine rifiuti - Materia prima secondaria - Spedizioni transfrontaliere - Normativa comunitaria

In tema di gestione di rifiuti, i teloni ed i film di protezione dei prodotti agricoli non costituiscono «imballaggio», bensì oggetti a composizione plastica destinati a supportare le attività agricole produttive, pertanto tali oggetti, una volta cessato il loro impiego, vanno considerati rifiuti destinati possibilmente al recupero e il mancato rispetto, in caso di spedizioni transfrontaliere di rifiuti, delle garanzie e delle formalità previste dagli Stati riceventi, quand'anche non membri Ocse, come nel caso della la Repubblica Popolare cinese, in quanto recepite nei Regolamenti comunitari che regolano la materia a norma dell’articolo 194 del Dlgs n. 152 del 2006, integra il carattere abusivo dell’esportazione, con conseguente configurabilità, nella ricorrenza dei restanti presupposti, del reato di attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti, oltre alla violazione degli obblighi nei confronti del Consorzio Nazionale per il riciclaggio di rifiuti di beni in polietilene (Polieco), ai sensi dell’articolo 234 del Codice dell’Ambiente. Invero, il rinvio operato dall’articolo 194 del Codice dell’Ambiente alle regole previste dai Regolamenti comunitari che regolano la materia ed agli accordi bilaterali di cui all’articolo 19 del Regolamento Cee/259/93, deve intendersi esteso a tutti i successivi Regolamenti della Comunità o dell’Unione Europea che hanno integrato o modificato tale disciplina. Ne consegue che la normativa italiana in materia di spedizioni transfrontaliere di rifiuti deve ritenersi integrata da quella adottata dalla istituzione europea mediante regolamenti aventi efficacia esecutiva, dagli accordi bilaterali perfezionatisi e ai sensi dei regolamenti successivi.

Corte di Cassazione, Sezione III Penale, sentenza 15 gennaio 2021, n. 1728

 

Rifiuti - Ciclo integrato di gestione - Comuni - Gestione aggregata - Ambito Territoriale Ottimale (Ato) - Enti d’Ambito - Organi direttivi - Indennità e compensi - Divieto di duplicazione

L’articolo 5, comma 7, del Decreto Legge n. 78 del 2010 (convertito in Legge n. 122 del 2010), laddove prevede che agli amministratori di comunità montane e di unioni di comuni e comunque di forme associative di Enti locali dedicati alla gestione di servizi e funzioni pubbliche, come la raccolta e gestione dei rifiuti, non possono essere attribuite retribuzioni, gettoni, o indennità o emolumenti in qualsiasi forma, persegue la chiara finalità di contenere gli oneri a carico della finanza pubblica, precludendo ai componenti degli organi degli Enti locali, che già godono di compensi, la possibilità di percepirne ulteriori per lo svolgimento delle proprie funzioni, compresa la partecipazione agli organi dei soggetti pubblici a cui partecipano gli enti locali di appartenenza per l’esercizio congiunto di funzioni o di servizi
Pertanto, riconosciuta l’applicabilità dell’articolo 5, comma 7, del Dl n. 78 del 2010 anche agli organi direttivi e gestioni degli Enti d’Ambito, costituendo una forma associativa tra Enti locali, che aggrega obbligatoriamente gli Enti appartenenti all’Ambito Territoriale Ottimale (Ato) per lo svolgimento delle funzioni e la gestione dei servizi relativi al ciclo dei rifiuti, è illegittima la modifica dello Stato dell’Ente d’Ambito che preveda l’attribuzione di un compenso e un gettone di presenza per il Presidente e per i Consiglieri, senza distinguere l’ipotesi in cui gli stessi rivestano o meno la qualifica di componente dell’organo di vertice degli Enti di appartenenza e percepiscano il relativo compenso, laddove avrebbe potuto prevedere esclusivamente un compenso per il solo Presidente, se cessato dalla carica di Sindaco, ma provvisoriamente in carica nell’organo di vertice dell’Ente d’Ambito

Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Salerno Sezione I, sentenza 15 gennaio 2021, n. 134

 

Rifiuti - Ciclo di gestione - Trattamento e recupero - Insediamento nuove attività - Valutazione ambientale - Territorio comunale - Conoscenze scientifiche - Sospensione insediamenti - Principio di precauzione

L’esercizio del potere di ordinanza urgente e contingibile da parte del Sindaco, costituendo una deviazione dal principio di tipicità degli atti amministrativi e ammettendo la possibilità di derogare alla disciplina vigente, presuppone necessariamente situazioni di pericolo effettivo non tipizzate dalla legge, non altrimenti fronteggiabile con i mezzi ordinari apprestati dall’ordinamento, la cui sussistenza deve essere suffragata da istruttoria adeguata e da congrua motivazione. Pertanto, va affermata illegittimità della ordinanza urgente del Sindaco di un Comune, non suffragata da un’istruttoria adeguata e da una congrua motivazione, che ha disposto l’immediata sospensione dell’insediamento di nuove attività finalizzate alla gestione e al trattamento dei rifiuti, come un impianto di produzione di biogas dalla digestione batterica dei rifiuti, con la sola motivazione dell’esigenza di scongiurare un pericolo irreparabile ed imminente per la pubblica incolumità e di acquisire appositi studi epidemiologici, laddove non sussista, con grado di sufficiente certezza, alcun pericolo attuale, concreto ed irreparabile per la pubblica incolumità e per la salute pubblica, invocando esclusivamente l’applicazione del «principio di precauzione». Quest’ultimo, infatti, ferma restando l’assoluta rilevanza nel Diritto dell’Ambiente interno ed eurounitario, non legittima di per sé, in difetto di specifiche previsioni normative, l’esercizio di un potere innominato di inibizione di attività amministrative o economiche.

Consiglio di Stato, Sezione IV, sentenza 11 gennaio 2021, n. 344

 

Combustibile Solido Secondario (Css) - Economia Circolare - Gerarchia dei rifiuti - Art. 184-ter Codice dell’Ambiente - End of Waste - Recupero dei rifiuti - Principio di precauzione - Incertezza scientifica - Valutazione di Impatto Ambientale (Via)

Le disposizioni del Decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare 14 febbraio 2013, n. 22 («Regolamento recante disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto di determinate tipologie di Combustibili Solidi Secondari (Css), ai sensi dell’articolo 184-ter , comma 2, del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni»), costituiscono applicazione del regime del «End of Waste» di cui all’articolo 184 ter del Codice Ambiente, in recepimento della Direttiva 2008/98/Ce, rivolte alla regolazione delle condizioni e dei presupposti in forza dei quali le fasi di produzione ed utilizzo di Css-Combustibili si svolgano senza pericolo per la salute dell’uomo e la tutela dell’ambiente, rientrando tale normativa nel quadro più generale delle politiche europee per la creazione e promozione della cd «Economia Circolare». Di fronte a tali finalità, per sostenere la domanda di annullamento del Dm n. 22/2014 e contestare l’impiego dei Css in un impianto industriale, come un cementificio, non è sufficiente invocare una generica, quanto assertiva, affermazione di violazione della «gerarchia dei rifiuti», in quanto l’utilizzo dei Css-Combustibili è esso stesso parte del «recupero» dei rifiuti, in vista di un loro sfruttamento nell’ambito dell’efficentamento energetico. Per invocare il ricorso al cd «principio di precauzione» è necessario provare la sussistenza di una effettiva incertezza scientifica riguardo il nocivo effetto di un determinato impiego di tipologie di prodotti nell’attività industriale o produttiva, ai fini della protezione ambientale e della salute umana, non potendo l’osservanza di tale, pur fondamentale, principio, spingersi fino al punto di impedire l’ammodernamento tecnologico di impianti produttivi in presenza di meri timori o incertezze ed a fronte dell’espletamento di una approfondita istruttoria, aperta anche al confronto con il territorio e le comunità interessate dall’impianto, all’interno della procedura Valutazione di Impatto Ambientale (Via) e in mancanza della emersione di elementi di rilievo.

Tar del Lazio, Sezione II bis, Sentenza 7 gennaio 2021, n. 219

 

Rifiuti - Gestione - Competenza - Strade in concessione - Diffida comunale - Ente gestore - Sicurezza della circolazione - Tutela dell’Ambiente - Codice della Strada - Codice dell’Ambiente

È legittima l’ordinanza del Dirigente settore ambiente di un Comune, emessa nei confronti dell’Ente concessionario del servizio di gestione e manutenzione di una strada, di provvedere alla rimozione dei rifiuti presenti lungo i bordi dell’arteria stradale ricadenti nel territorio dell’amministrazione comunale, depositati all’interno ed in prossimità delle cunette, poiché l’articolo 14 del Dlgs 30 aprile 1992 n. 285, cd «Codice della Strada» è in rapporto di specialità rispetto all’articolo 192 del Dlgs n. 152 del 2006, cd «Codice dell’Ambiente», con la conseguenza che incombe sull’Ente proprietario o concessionario della strada, in quanto tenuto a garantire la sicurezza e la fluidità della circolazione, l’obbligo di provvedere, tra l’altro, alla manutenzione, gestione e pulizia delle strade, delle loro pertinenze e arredo, nonché delle attrezzature, impianti e servizi, spettando allo stesso quindi anche la gestione del servizio di raccolta di rifiuti e di riscossione delle relative imposte. Peraltro, in giurisprudenza, la violazione dell’obbligo di cui all’articolo 14 del Codice della Strada è stata anche considerata integrativa dell’elemento psicologico della colpa prescritto dall’articolo 192 del Codice dell’Ambiente, venendo in tal modo garantita la tutela dell’interesse pubblico alla salvaguardia dell’ambiente e al contempo l'imputabilità a titolo di colpa, dello stato di degrado e incuria delle strade interessate.

Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione II bis, sentenza 25 gennaio 2021, n. 979