Urbanistica

Altezze e distanze tra i fabbricati, il nuovo Testo unico edilizia supera i vecchi standard

Chiuso il lavoro del tavolo incardinato al Consiglio superiore dei lavori pubblici per la riforma del Dpr 380/2001

di Massimo Frontera

«Le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano possono introdurre, con proprie leggi, specifiche norme sulle distanze, altezze massime e densità diverse dal presente articolo e dal decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, dirette a favorire, in quanto considerati di pubblico interesse, processi di qualificazione, riuso e recupero del patrimonio edilizio esistente, anche mediante titolo edilizio diretto o convenzionato». Poche righe per spazzare via i limiti del Dm interministeriale del 1968 che - nella stagione dell'espansione edilizia - ha fissato i limiti alla densità edilizia e alle distanze e alle altezze dei fabbricati. La frase si legge all'articolo 7 della proposta di legge "Disciplina delle costruzioni". Si tratta del testo di revisione del Dpr 380/2001 costato due anni di lavoro al tavolo incardinato al Consiglio superiore dei Lavori pubblici, con una ampia partecipazione di amministrazioni pubbliche (ministeri e comuni) e operatori privati (costruttori edili e professionisti tecnici). Testo che è stato chiuso definitivamente il 23 novembre scorso e consegnato al sottosegretario alle Infrastrutture Salvatore Margiotta; e che ora attende - dopo le verifiche dell'ufficio legislativo - l'avvio del percorso legislativo, probabilmente come Dlgs.

Il nuovo articolo 7 - dedicato alle "Limiti di distanza tra i fabbricati" (incluso nelle "disposizione di carattere generale" del capo I) - conferma l'indicazione della distanza di 10 metri tra gli edifici ma consente allo stesso tempo di derogarla in varie circostanze nel caso di nuova costruzione. Stessa cosa per gli interventi sul costruito, il cui riferimento è alla preesistente distanza dagli altri fabbricati.

Nel caso di nuove costruzioni, la distanza di dieci metri è derogabile «in attuazione di piani attuativi o atti equivalenti comunque denominati, comprendenti previsioni planivolumetriche, anche con riferimento alle pareti finestrate di edifici posti all'esterno del perimetro dello strumento attuativo, qualora ciò sia espressamente previsto dal medesimo strumento attuativo». Distanze inferiori ai 10 metri «sono altresì ammesse anche per interventi di nuova edificazione da attuarsi mediante intervento urbanistico-edilizio diretto, ove realizzati in attuazione di specifiche normative regionali atte a favorire processi di rigenerazione o di riqualificazione di tessuti edificati, ovvero in specifici ambiti urbani individuati dai Comuni». Diversamente dai casi precedenti, «al di fuori delle aree totalmente o parzialmente edificate e in quelle assimilabili comunque denominate dalla normativa regionale e locale, deve essere osservata una distanza pari all'altezza del fabbricato più alto tra quello di progetto e quello esistente sul lotto finitimo, qualora gli edifici in questione si fronteggino per uno sviluppo superiore a metri 12». Si tratta, in quest'ultimo caso, di un compromesso raggiunto per conciliare le divergenze tra operatori e amministratori nel caso di interventi su lotti liberi in un contesto urbano consolidato.

Per tutti gli interventi di demolizione e ricostruzione (parziale o totale) il testo del nuovo Dpr, consente, in caso di modifica di sagoma, «l'eventuale incremento della distanza preesistente, ancorché inferiore» a 10 metri. È inoltre consentita «la realizzazione degli incentivi volumetrici o di superficie eventualmente previsti dagli strumenti urbanistici, o da specifiche normative statali e regionali, per finalità di riqualificazione, riuso e recupero del patrimonio edilizio esistente, che possono essere realizzati con ampliamenti fuori sagoma o in sopraelevazione, anche con il superamento dell'altezza massima dell'edificio preesistente e dei limiti di densità edilizia, purché sia garantito il rispetto delle distanze preesistenti o la collocazione delle parti aggiunte ad una distanza maggiore di quella preesistente, ancorché inferiore» a 10 metri.

Gran parte dell'articolo 7 dedicato alle modalità con cui definire esattamente la distanza tra un fabbricato e l'altro, oltre a tutta una serie di tolleranze ed eccezioni da cui depurare la distanza "netta". Per esempio, ai fini del calcolo delle distanze minime non va tenuto conto del "cappotto termico" o di pareti ventilate o di qualsiasi altro maggior spessore perimetrale dovuto a interventi di efficienza energetica o di consolidamento strutturale. Esclusi dal computo anche tutti i «volumi tecnici, manufatti pertinenziali o adibiti ad usi accessori, legittimamente presenti, o previsti dal progetto, sul lotto di intervento o su quelli finitimi, purché con altezza non superiore a metri tre misurata nel punto più alto». Esclusi dal computo anche «edifici e i manufatti edilizi di qualsiasi natura, o le parti dei medesimi, realizzati in assenza di titolo abilitativo, anche nelle more della definizione di qualsivoglia istanza di sanatoria o regolarizzazione, tali quindi da non inficiare in alcun modo la legittima progettazione ed esecuzione dell'intervento limitrofo». Parimenti esclusi anche i «manufatti esterni necessari per il superamento delle barriere architettoniche, quali ascensori esterni e rampe». Sono esclusi dal computo anche tutte le tolleranze e i limiti indicati dalle regioni con legge regionale o statale.

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