Imprese

Autostrade, scattano gli arresti: «Attentato alla sicurezza e frode»

Ai domiciliari l'ex-ad Castellucci e due suoi manager. Pressioni sull'Arma, un verbale di Polizia sparito

di Maurizio Caprino e Ivan Cimmarusti

«Sapevano, hanno occultato», dice in un'intercettazione con la moglie Paolo Berti, direttore centrale operativo di Autostrade per l'Italia (Aspi). Le «inadeguate» barriere fonoassorbenti Integautos montate in Liguria e su tratti dell'A14 potevano crollare con una raffica di vento e finire sui veicoli in corsa. Una «sottostima del 200%», di cui era a conoscenza fin dal 2017 anche l'ex-ad Giovanni Castellucci. Ma, soprattutto, emergono la sospetta consapevolezza che «i cavi del Morandi», un mese e mezzo prima del tragico crollo del 14 agosto 2018, erano «corrosi» ed elementi sui rapporti tra Castellucci e i Benetton.

L'inchiesta e gli indagati
Sono gli atti del procuratore di Genova, Francesco Cozzi, dell'aggiunto Paolo D'Ovidio e del pm Walter Cotugno a dare retroscena da chiarire sulla gestione Aspi fino al 2019. Ai domiciliari sono finiti Castellucci, Michele Donferri Mitelli, ex-direttore Maintenance, e Paolo Berti, ex-direttore Operations. Interdizione di 12 mesi a Stefano Marigliani, direttore del Tronco di Genova ora a Milano, e ai dipendenti Paolo Strazzullo e Massimo Meliani (Spea). Accuse: attentato alla sicurezza dei trasporti e inadempimento contrattuale in pubbliche forniture, aggravati dalla frode allo Stato. L'inchiesta, nata da quella sul crollo del Morandi, è condotta dal 1° gruppo della Guardia di finanza di Genova, al comando del colonnello Ivan Bixio. Stando agli atti, la pessima condizione delle barriere fonoassorbenti era stata «occultata fraudolentemente allo Stato e agli organi ispettivi».

Il whatsapp di Castellucci
L'ex-ad ne era a conoscenza almeno da aprile 2017, anche se i pm ritengono che i vertici Aspi sapessero già a dicembre 2016. In un messaggio Whatsapp, Berti invia a Castellucci due foto di barriere del viadotto Rezza di Genova piegate verso la carreggiata. Poco dopo, ritengono i pm, Castellucci risponde in modo «ironico»: «Grazie. Le barriere la ha progettate Renzo Piano? A onda?».

Il Ponte Morandi
Gli avvocati di Castellucci hanno espresso «stupore e preoccupazione» per una misura «che non si giustifica in sé» e «non ha nulla a che vedere» col crollo del Morandi. Ma per dimostrare il presunto occultamento del disastro manutentivo, gli inquirenti usano un'intercettazione acquisita proprio nell'inchiesta "madre". Una sorta di ammissione di colpa risalente al 25 giugno 2018, un mese e mezzo prima del crollo. Berti scrive a Donferri di iniettare aria deumidificata nei cavi per levare l'umidità. Donferri risponde che i cavi sono già corrosi e Berti conclude: «Sti cazzi io me ne vado». Chat cancellata da Berti per – ritiene il gip – celare le responsabilità.

Pressioni sulle forze dell'ordine
Sembra celare anche Donferri, che tenta di far sparire documenti nel pieno dell'inchiesta. L'indizio è in una telefonata del 17 settembre 2019, appena dopo il licenziamento per le intercettazioni emerse nell'inchiesta sui viadotti, con il suo collaboratore Matteo Biello: «Portati un bel trolley grosso…devo cominciare a prendere l'archivio là del Polcevera quella è roba mia». Donferri fa anche pressioni sull'ex-generale generale dei Carabinieri, Franco Mottola, poi componente dell'Organismo di vigilanza di Aeroporti di Roma (sempre gruppo Atlantia), a intervenire sui comandanti dell'Arma a Genova per proteggere Castellucci durante l'interrogatorio sul crollo del Morandi, a novembre 2018. Scrive il gip: «Mottola conferma la presenza» dei militari (tra cui un capitano) per assicurare privacy all'arrivo di Castellucci. Mottola ha cura di precisare che i comandanti regionale e provinciale gli avrebbero manifestato l'intenzione di andare personalmente a ricevere Castellucci ma di avere temuto critiche. Emerge pure che il verbale della Polizia stradale sul cedimento della barriera del Rezza sarebbe stato «raddrizzato», dice Berti. Il verbale, annota il gip, non è stato trovato.

I Benetton
Negli atti, un colloquio in cui il successore di Castellucci alla guida di Atlantia, Gianni Mion, ne descrive il rapporto con i Benetton: il management si sarebbe «impossessato della loro testa». Già nel 2007, al tempo della rinegoziazione della concessione con lo Stato, Castellucci «diceva "facciamo noi" e Gilberto eccitato perché lui guadagnava e il fratello di più».

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©