Amministratori

Paga i danni il Comune che consente lo scarico in un canale con grave danno ambientale

La mancanza di controllo per impedire l'immissione di acque nere nel canale determina la responsabilità dell'ente

di Federico Gavioli

Il Comune che ha autorizzato alcuni insediamenti abitativi a immettere nel canale di scolo delle acque luride trasformandolo in fogna a cielo aperto è chiamato a rispondere del danno ambientale; la Cassazione con l'ordinanza n. 1108/2021, ha accolto il ricorso proposto dal proprietario di un fondo inquinato nella cosiddetta Terra dei Fuochi.

Il contenzioso
Il proprietario di un terreno attraversato da un canale di scolo delle acque piovane ha presentato un ricorso contro il Comune che ha acconsentito che alcuni insediamenti abitativi riversassero nel canale le acque luride trasformandolo in un corso d'acqua altamente inquinato. Il Tribunale ha accolto la domanda del porietario del fondo condannando il Comune al risarcimento dei danni.
La Corte d'Appello, investita del ricorso del Comune ha accolto l'appello, ritenendo non dimostrata da parte degli eredi subentrati all'appellante la natura del corso d'acqua e, quindi, la funzione di custode di esso assunta dal Comune. Contro la sentenza sfavorevole gli eredi del proprietario del fondo si sono rivolti alla Cassazione.

La sentenza della Cassazione
I giudici di legittimità hanno osservato che le parti della perizia del Ctu richiamate dai ricorrenti, che, secondo la prospettazione sviluppata avrebbero dovuto, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di appello, fornire la prova del ruolo di custode in capo al Comune, contengono valutazioni di carattere giuridico circa la ricorrenza di una responsabilità ambientale del Comune, ma non contengono un accertamento di fatto in ordine alla natura del bene o meglio in ordine al fatto che l'ente comunale ne avesse la custodia.
Gli stralci riferiti da parte ricorrente, al fine di dimostrare la valutazione di fatti specifici apprezzati in modo difforme rispetto all'evidenza oggettiva dal giudice, hanno confermato che la Ctu ha dato atto che il canale di scolo ha convogliato a cielo aperto non solo acque meteoriche, ma anche acque provenienti da scarichi di tipo domestico e che questa situazione ha determinato un inquinamento ambientale della zona e, in particolare, della proprietà del ricorrente. Il Comune non avendo realizzato opere infrastrutturali idonee né un'adeguata rete fognaria e non avendo posto in essere le attività di gestione e controllo del territorio tese all'annullamento dell'immissione in fogna di acque nere deve essere considerato responsabile del danno ambientale che ne è conseguito. Il che evidentemente, pur dando per scontata la relazione di custodia, non ha fornito elementi utili a dimostrare la natura del bene.
Per la Cassazione è risultato evidente che il giudice dell'appello non ha reso intellegibile il percorso logico che lo ha indotto a ritenere che mancasse la prova del ruolo di custode in capo al Comune. Il fatto che quest'ultimo avesse autorizzato alcuni insediamenti abitativi a immettere acque nere nel canale di scolo non è stato preso in alcuna considerazione a questo fine, neanche, in ipotesi, per concludere nel senso dell'irrilevanza.
La motivazione della Corte d'Appello, hanno osservato i giudici di legittimità, sul punto si è limitata a richiamare la regola di distribuzione dell'onere della prova applicabile nel caso di responsabilità da cose in custodia, negando apoditticamente che essa fosse stata assolta dai ricorrenti, senza specificamente motivare le ragioni per cui ha ritenuto di non condividere le conclusioni del giudice di prime cure, discostandosene.
Il ricorso è stato, pertanto, accolto con rinvio al giudice del merito anche per la decisione sulle spese.

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