Amministratori

Quotate controllate dai Comuni, «no» allo spoil system

Il cambio di colore politico dell'ente pubblico, socio di maggioranza di una società quotata in borsa non giustifica, di per sé, la revoca degli amministratori di quest'ultima

di Patrizia Maciocchi

Il cambio di colore politico dell'ente pubblico, socio di maggioranza di una società quotata in borsa non giustifica, di per sé, la revoca degli amministratori di quest'ultima. A meno che non sia provata la paralisi organizzativa della società. La Cassazione, con la sentenza n. 21495, boccia lo spoil system, messo in atto con una delibera con la quale veniva disposta la revoca del presidente del Consiglio di sorveglianza di una società multi-utility «per motivi latamente politici».

A far scattare il provvedimento era stato, infatti, il cambio di bandiera nei Comuni soci di maggioranza. La richiesta di danni del manager era stata accolta dai giudici di merito con pregiudizio quantificato in un milione di euro. Il Tribunale aveva escluso la giusta causa, chiarendo che la società controllata dai Comuni, era quotata in Borsa - come tale faceva dunque ricorso al mercato e ai risparmiatori - e non era un organismo politico. Per questo il nuovo colore nella maggioranza di governo dell'ente pubblico non poteva comportare la revoca dell'incarico degli amministratori della Spa, senza l' indicazione di fatti o atti ben precisi imputabili a questi ultimi.

Per la Suprema corte il venire meno del rapporto fiduciario o la mancanza di dialogo tra consiglio di gestione e consiglio di sorveglianza non era stato adeguatamente descritto nel corso della discussione sulla revoca. Tanto che alcuni membri del consiglio di sorveglianza avevano chiesto spiegazioni e integrazioni.

La Cassazione ricorda che la giusta causa di revoca c'è quando esistono circostanze sopravvenute, anche se non inquadrabili come inadempimento, che siano o meno provocate dall'amministratore «le quali pregiudicano l'affidamento nel medesimo ai fini del migliore espletamento dei compiti della carica, e dunque nella compromissione del "rapporto fiduciario"». Non bastano semplici divergenze o attriti con gli altri amministratori, quando si tratta di contrasti "fisiologici" che possono rientrare nella normale dialettica del Cda e risolversi all'interno dell'organo collegiale. È necessario che i fatti contestati integrino un grave inadempimento o una condotta contraria alla correttezza, tale da compromettere il rapporto di fiducia.

Nel caso di una società di capitali dunque le ragioni che giustificano, per giusta causa, la revoca del membro del board «ai sensi dell'articolo 2383, comma 3 del Codice civile, devono essere specificamente enunciate nella delibera assembleare senza che sia possibile una successiva deduzione in sede giudiziaria di ragioni ulteriori». E la società che vuole evitare il risarcimento ha l'onere di dimostrare l'esistenza della giusta causa di revoca che l'ha indotta a recedere. Nello specifico le spiegazioni date nel corso dell'assemblea dai delegati dei Comuni soci di maggioranza non sono state considerate sufficienti. E mancava la dimostrazione della paralisi organizzativa e gestionale della società.

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