Dalle semplificazioni l'ennesimo salvagente anti-Consulta per le città in crisi
La modifica in un articolo del decreto dedicato alla stabilità finanziaria degli enti locali e motivato dai disagi dovuti all'emergenza Covid-19
Il Governo fischia un rigore in favore di Napoli e Reggio Calabria. Di contro, solleva il cartellino rosso nei confronti della Consulta. Il tutto, in zona Cesarini. Lo fa introducendo nel decreto Semplificazioni, da poco approvato dall'Esecutivo, un articolo provvisoriamente contraddistinto dal n. 14-bis e «motivato» dai disagi Covid-19 (si veda anche Enti locali e edilizia del 7 luglio), con il quale ha sostanzialmente sottratto la vis delle recenti sentenze della Corte costituzionale (n. 18/2019 e n. 115/2020), che hanno bocciato i comportamenti tenuti dalle due Città (una terza è dedicata al Comune di Pozzallo) in relazione al trattamento riservato alle anticipazioni di liquidità godute a mente del Dl 35/2013.
Hanno, ovviamente, detto ben altro, dissuadendo ogni intento manipolatorio dei bilanci e ogni genere di malversazione di anticipazioni di liquidità e simili.
Il tutto, comunque, finalizzato a impedire che si utilizzassero le risorse introitate, destinate a sopperire a deficienze di cassa, per generare nuova spesa corrente e un indebitamento intergenerazionale. Un modo per far scialacquare gli amministratori di oggi a discapito finanche dei loro pronipoti carichi di debito pubblico da pagare.
Un atteggiamento, tenuto dagli enti locali, stigmatizzato e «incriminato» dalle rispettive sezioni di controllo di Napoli e di Catanzaro con due attente ordinanze assunte, volte a rimettere al giudizio della Consulta le leggi che consentivano di rimodulare gli originari piani di riequilibrio ed eludere, così, le responsabilità derivanti da dichiarazioni di dissesto, allo stato più che verosimili.
L'intento del Governo è quello di concedere una moratoria quantomeno di un anno ai Comuni meno attenti ma perspicaci e agganciati con le alte sfere. A quelli che hanno utilizzato comodi percorsi abilitativi a rimodulare e riformulare i loro piani di rientro nel periodo intercorrente tra il 31 dicembre 2017 e il 31 gennaio 2020.
Un arco di tempo che, guarda caso, comprende l'operato delle due Città metropolitane e, invero, non solo.
In questo periodo di neointrodotta moratoria gli enti e i cittadini interessati vivranno peraltro in uno scomodo limbo perché non produttivo di alcunché. Sarà interdetto, a scadimento delle garanzie costituzionali, ogni genere di controllo delle sezioni regionali competenti e, dunque, impedita l'applicazione dell'articolo 6, comma 2, del Dlgs 149/2011, che imporrebbe loro il perfezionamento della dichiarazione di dissesto con lo scioglimento del consiglio comunale per i destinatari che si rendessero inadempienti.
Ma si sa, in tempi di elezioni siffatte sospensioni fanno comodo.