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Superbonus, commissari, appalti: per Draghi l'eredità difficile della stagione Conte sui cantieri

Dubbi sul destino (riscrittura da zero o modifica) del Recovery plan e del Dpcm grandi opere all'esame del Parlamento. Ancora nei cassetti di porta Pia il regolamento attuativo del codice dei contratti

di Mauro Salerno

Adesso che si comincia a delineare più chiaramente il destino (poco felice) del vecchio Recovery plan, è impossibile non domandarsi che fine faranno alcune questioni decisive per una parte dell'economia che guarda ai fondi europei come la prima arma di riscatto dalla palude. Tra queste c' è sicuramente il mondo delle costruzioni, che può contare su un'ingente dote di risorse nel Pnrr tragato Conte all'esame del Parlamento (114 miliardi, di cui 63 per nuovi interventi) anche se dispersa in un altrettanto notevole rivolo di voci.

Agli atti, finora, resta il breve discorso tenuto mercoledì da Draghi al Quirinale e che reca impresse le grandi priorità per portare il Paese fuori da quella che ha definito una crisi economica, sanitaria, sociale ma anche culturale ed educativa. Ma a parte il piano vaccinale e i ristori, il grande progetto cui mettere mano è il Recovery plan e i partiti si aspettano di capire meglio, durante e dopo il secondo giro di consultazioni, se il nuovo premier intende riscriverlo o ripartire dalla bozza del governo Conte, nel segno di maggiori investimenti e - punto chiave - meno bonus.

La questione più scottante, ma di cui si parla poco in queste ore, è il destino del Superbonus 110% che senza proroghe è destinato a concludersi a metà dell'anno prossimo (fine 2022 per gli Iacp), grazie alla proroga di sei mesi inserita nell'ultima legge di Bilancio. Nel Recovery attuale si prevede una proroga fino a fine anno per i condomini e fino a tutto il 2023 per gli Iacp. Non proprio quello che ci si aspettava quando la manovra era stata presentata come un «bazooka» capace di rimettere in piedi l'edilizia piegata dalla crisi. È chiaro che servirebbe di più e almeno a parole la proroga può contare su una larga maggioranza parlamentare. Bisogna vedere però cosa ne pensa Draghi, cui spetta il copyright quando si parla di «bazooka» economici e monetari. Bisognerà capire se il superbonus rientra nel cosiddetto «debito buono» su cui l'ex presidente della Bce intende puntare per far fruttare al massimo le risorse promesse dalla Ue.

Sullo sfondo restano poi altre questioni non proprio di secondo piano. I Governi Conte I e II hanno puntato sui commissari per tentare di far saltare i tappi che ancora bloccano i cantieri. Il Dpcm Conte con la lista delle 59 opere con i nomi di 30 super-commissari è stato sdoganato pochi giorni prima delle dimissioni dell'ex premier e ora è all'esame del Parlamento. Anche qui bisognerà capire quale impatto il cambio di vertici tra Palazzo Chigi e Porta Pia produrrà sulla strategia messa in campo con il decreto Sblocca-cantieri del 2019 e rilanciata (in ritardo) dall'ultimo decreto Semplificazioni. Intanto, va registrato il pesante no arrivato dalle Regioni, che già da solo rischia di ostacolarne il cammino.

In questo quadro dai tanti incastri difficili rimane in attesa di una decisione anche il nuovo regolamento unico degli appalti. Una priorità del passato praticamente derubricata a questione da risolvere. Il lavoro della commissione nominata dal Mit sul nuovo testo è stato portato a termine da mesi, ma la bozza non è mai uscita dai cancelli di Porta Pia. Difficile, forse, in questa fase immaginare di chiedere a imprese funzionari pubblici di rimettersi a studiare invece che di lavorare a testa bassa per riaprire davvero i cantieri.

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