Imprese

Smart building in crescita grazie alla nuova necessità di lavoro da remoto

Secondo il Politecnico di Milano business a quota 4,7 miliardi con aumento annuo del 30%, ma mancano incentivi mirati per i sistemi integrati e la fibra ottica

di Adriano Lovera

L'emergenza sanitaria in corso ha sconvolto di colpo la nostra vita in casa. Benché “forzato”, è esploso lo smart working. Nelle prime due settimane di ritiro domestico per tutti, secondo il ministero del Lavoro, oltre mezzo milione di dipendenti hanno lavorato da casa.

Poi sono balzati i consumi, sia di dati sia di energia. Secondo l’associazione Smart building Italia, in questo periodo ci sono almeno 5 milioni di persone, tra lavoratori e studenti, sempre attivi sulla Rete, al punto da aver provocato un aumento di circa il 20% del traffico sulla linea mobile, ma soprattutto il raddoppio dei volumi sulla banda residenziale. E in fatto di utenze, secondo Sostariffe i nuclei con più di tre persone subiranno un aumento del 32,4% dell’energia elettrica consumata e del 31,9% del gas. Una situazione anomala, certo, ma il lavoro domestico sarà sempre più diffuso. E quanto più si vive un’abitazione, tanto è meglio che sia efficiente, non solo dal punto di vista energetico ma anche come domotica, sicurezza, controllo. In una parola, meglio che sia “smart”.

Come è messa l’Italia su questo fronte? Secondo l’ultimo Smart Building Report dell’Energy&Strategy group della School of management del Politecnico di Milano, l’edificio smart è quello in cui gli impianti siano gestiti in maniera automatizzata, attraverso l’adozione di un’infrastruttura di supervisione e controllo che permetta di ottimizzare il consumo energetico, il comfort e la sicurezza e garantendo inoltre l’integrazione con il sistema elettrico. In Italia il volume degli investimenti in “smart building” si può stimare in circa 4,7 miliardi di euro l’anno (3,6 miliardi è il dato relativo al 2018, con una previsione di crescita del 30% ). Gli interventi smart riguardano tre aree principali. In primo luogo gli impianti (1,47 miliardi nel 2018), ossia i lavori relativi a sicurezza, generazione di energia ed efficienza energetica (dalla videosorveglianza alle pompe di calore, fino all’accoppiata fotovoltaico più batteria ad accumulo). La seconda, che ha generato circa un miliardo, deriva dall’automation technologies, ossia la sensoristica connessa agli impianti finalizzata alla raccolta dati, e un altro miliardo dalle piattaforme di controllo e gestione, cioè l’insieme dei software volti alla raccolta, elaborazione e analisi dei dati acquisiti dalla sensoristica. Maggior comfort, ma soprattutto efficienza energetica, restano gli obiettivi di fondo dei lavori.

«A tutt’oggi, nella Ue, gli edifici sono responsabili di circa il 40% dell’energia consumata e del 36% delle emissioni di Co2, perché circa il 35% di essi ha più di 50 anni e quasi il 75% è considerato inefficiente – spiega Vittorio Chiesa, direttore dell’Energy&Strategy Group –. Se si pensa che solo una quota compresa tra lo 0,4 e l’1,2% del parco edilizio viene rinnovato con nuove costruzioni ogni anno, la riqualificazione ricopre un ruolo fondamentale nel raggiungere gli obiettivi energetici prefissati da Bruxelles, perché si stima che possa ridurre del 5-6% i consumi primari di energia in Europa». I volumi sono in continua crescita e molti dei soggetti interpellati dal Politecnico, come ad esempio Esco e studi di progettazione, affermano che ormai gli interventi di questo genere siano stabilmente sopra il 15% dei ricavi complessivi. Ma restano comunque ridotti guardando al volume d’affari complessivo del settore edile in Italia, che arriva a 139 miliardi includendo nuove costruzioni e ristrutturazioni. E comunque, i casi in cui sia stata scelta la soluzione tecnologicamente più avanzata, è variabile e molto spesso residua: solo il 25% delle pompe di calore installate era veramente “smart”, il 25% nel caso dei nuovi impianti di illuminazione, il 45% delle caldaie a condensazione e appena il 5% delle chiusure vetrate.

Parte del problema risiede nella normativa, benché da anni esistano generosi sgravi fiscali sull'efficienza energetica: «Manca una serie di norme che abbracci in maniera integrata l'ambito degli smart building – conclude Chiesa –. Ad esempio, non esistono ancora forme di incentivazione per la banda larga: considerando che solo il 12% della popolazione italiana ha accesso alla fibra, contro una media europea del 55%, questo dovrebbe rivestire un ruolo prioritario in futuro. In quest’ottica, il piano Open Fiber di posare la banda larga anche nelle aree in cui risulti economicamente svantaggiosa contribuirà a ridurre il gap»

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