Personale

Opera pubblica incompiuta addebitabile al dirigente che non evita lo spreco di risorse

Non esime dalla responsabilità il fatto di aver dato esecuzione a una scelta politica o l'insindacabile discrezionalità amministrativa

di Claudio Carbone

Il dirigente del settore tecnico del Comune che opera in qualità di responsabile unico del procedimento risponde del danno causato alle finanze dell'ente se non dimostra l'assenza di dolo o di colpa grave in merito a interventi di riqualificazione non conclusi e consistenti nel completamento di un'opera pubblica. In particolare, non può essere fatta valere l'assenza di responsabilità per il solo fatto di dare esecuzione a una scelta politica ovvero per l'esercizio di una insindacabile discrezionalità amministrativa, quale causa della mancata definizione dell'intervento.

A queste conclusioni è giunta la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale regionale per la Campania, con la sentenza n. 268/2023, che ha esaminato il rinvio a giudizio di un dipendente per non avere realizzato il completamento dell'immobile da adibire a punto di informazione e ristoro per i turisti (infopoint). Si legge negli atti di causa che tale immobile, dopo esser stato parzialmente edificato, per anni era rimasto allo stato grezzo e, quindi, inutilizzato, finché il Comune aveva deciso di demolirlo per poi edificare su quel medesimo sito una chiesa. A detta della procura, il danno erariale è riconducibile allo spreco di risorse per la realizzazione di un'opera poi rimasta incompiuta, dipeso dalla condotta dolosa o, in subordine, gravemente colposa del dirigente, il quale, nelle vesti di responsabile del complessivo procedimento nel cui ambito era prevista la realizzazione dell'infopoint, aveva lasciato che venissero destinate altrimenti le risorse grazie alle quali esso sarebbe stato dapprima completato e, quindi, utilizzato.

La sentenza pone in risalto la circostanza che prende in considerazione anche il ruolo di terzi che con la loro azione hanno inciso sugli eventi. In altri termini, il giudice contabile ha rilevato che il danno stesso è ascrivibile anche a condotte di terzi non convenuti nel giudizio, quali ad esempio i vertici del Comune, i progettisti e il direttore dei lavori, posto che a distanza di oltre un anno dall'inizio dei lavori, con atto deliberativo, la giunta comunale approvava una variante ai lavori stessi, così decidendo di non completare il rustico realizzato e rinviando lo stesso al progetto di completamento, per destinare una cifra pressoché identica alla sistemazione di aree esterne. Di fatto, nell'evidente assenza di tale completamento, veniva iniziata la demolizione del rustico dell'infopoint.

Così ricostruiti i fatti, a nulla sono valse le eccezioni di controparte che, sul piano causale, ha rappresentato come l'approvazione della variante oggettivamente abbia provocato l'arresto dei lavori di edificazione dell'infopoint, in tal guisa facendo dipendere il suo completamento da un evento totalmente incerto: non soltanto nell'an e nel quando in cui quest'ultimo potesse mai verificarsi; ma anche nel quantum dell'eventuale somma necessaria per quel completamento, la cui mancanza non può affatto definirsi casuale sic et simpliciter. A parere del Giudice contabile, infatti, la discrezionale decisione del comune, asseritamente insindacabile, di destinare ad altro fine l'area non vi sarebbe stata qualora, a suo tempo, l'infopoint fosse stato completato. Al tempo stesso, competeva primariamente al responsabile del procedimento, negare il proprio consenso al diverso utilizzo delle risorse, anziché avallarla e, addirittura, rendersene proponente attraverso il rilascio del parere tecnico alla delibera di approvazione delle variante.

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