Amministratori

Province, seconda vita: dopo il voto più funzioni e tornano gli assessori

Sabato 18 si vota per 72 consigli e 31 presidenti. Pronto il Ddl che ripristina le giunte: tra i compiti in arrivo sviluppo economico e protezione civile

di Eugenio Bruno

Le Province italiane si preparano a vivere la loro second life. Grazie a un disegno di legge collegato alla manovra 2022 atteso a breve in Consiglio dei ministri; il provvedimento corregge la rotta rispetto alla legge Delrio del 2014, che aveva svuotato di poteri e (di risorse) gli enti provinciali, trasformandoli in organi di secondo livello. Non eletti cioè dai cittadini bensì dai sindaci del circondario. Tre le novità di rilievo stando alla bozza del Ddl in arrivo: stessa scadenza per presidenti e consiglieri; aumento dei compiti «fondamentali» e ripristino della Giunta come organo esecutivo con tanto di assessori retribuiti. Norme che arrivano più o meno in coincidenza con l’election day del 18 dicembre che vedrà andare al voto 72 territori (su 76 complessivi). Delle restanti 4, La Spezia ha votato l’anno scorso e le tre pugliesi (Foggia, Lecce e Taranto), dopo lo scioglimento per mafia del Comune capoluogo, andranno alle urne a gennaio.

La corsa elettorale

L’appuntamento è per sabato 18, dalle 8 alle 20, nei seggi individuati dai singoli uffici elettorali. E interesserà, di fatto, un italiano su due. Sono oltre 30milioni, infatti, gli abitanti dei 72 enti di secondo livello che vedranno oltre 65mila sindaci o consiglieri comunali “elettori”. Saranno loro a scegliere gli 846 membri dei nuovi Consigli provinciali. Contestualmente andranno selezionati anche 31 presidenti di Provincia che a differenza dei consiglieri restano in carica 4 anni anziché 2.

In realtà il bacino di utenza di questa tornata elettorale è addirittura maggiore se includiamo le 5 Città metropolitane rinnovate: a Bologna si è votato il 28 novembre; a Roma, Milano e Torino lo si farà il 19 dicembre; a Napoli entro febbraio. Ma resta da capire anche l’impatto che avrà la recente sentenza 240/2021 della Consulta che ha auspicato l’introduzione di un sistema di elezione diretta anche per i sindaci metropolitani, sulla falsariga di quello previsto per le Province, che invece oggi coincidono in autmatico con i primi cittadini dei Comuni capoluogo.

Il Ddl in arrivo

Alla competizione elettorale del 18 parteciperanno 2.251 candidati sparpagliati in 222 liste. Con una situazione a macchia di leopardo che va dalla lista unica di Sondrio, Asti, Ascoli Piceno e Isernia alle 6 in gara a Varese, Frosinone, Potenza Bat (Barletta-Andria-Trani) e Catanzaro fino alle 7 di Salerno. Con rappresentanti di tutti i partiti, anche di quelle forze, come i 5 Stelle, che fino all’altro ieri erano “abolizioniste”.

Chissà che dietro il rinnovato appeal politico degli “enti di mezzo” non si celino le aspettative per il loro potenziamento contenuto nella bozza di riforma del Governo. Innanzitutto in termini di compiti da svolgere. Il Ddl in arrivo oltre ad aggiungere la pianificazione delle attività attuali incentrate soprattutto su trasporti e scuola rimodella le funzioni fondamentali delle Province sulla base di quelle già svolte dalle Città metropolitane: l’adozione e aggiornamento annuale di un piano strategico triennale del territorio provinciale, dell’organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito provinciale, della promozione e del coordinamento tanto dello sviluppo economico e sociale quanto dei sistemi di informatizzazione e di digitalizzazione sempre in ambito locale.

Degne di nota sono infine altre due modifiche previste dal Ddl governativo. Vale a dire la coincidenza della durata del mandato in 5 anni sia per i presidenti che per i Consigli di Province e Città metropolitane e il ripristino della Giunta in entrambe. Gli assessori saranno 3 (o 4 nei territori con oltre un milione di abitanti), potranno essere esterni e saranno pagati. Con un’indennità pari al 50% dei loro omologhi comunali. Di questi tempi un incentivo non da poco.

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