Urbanistica

Superbonus: tempi e prezzi frenano il 110%, all'appello mancano i grandi edifici

Gli investimenti attivati – pari a 1,6 miliardi – sono ancora lontani da quei 29 miliardi spesi secondo il Cresme nel 2019 con le detrazioni ordinarie

di Dario Aquaro e Cristiano Dell'Oste

Mentre il numero di nuovi cantieri sembra finalmente accelerare, il superbonus resta per molti un obiettivo difficile da raggiungere. Più delle perplessità della Ragioneria generale dello Stato (si veda Il Sole 24 Ore del 7 maggio), oggi pesano tanti ostacoli pratici. Dai preventivi alla progettazione, dalla cantieristica ai rapporti con le banche.

È vero che le pratiche sono quasi raddoppiate nel mese di aprile, da 7mila a 13mila. Ma gli investimenti attivati – pari a 1,6 miliardi – sono ancora lontani da quei 29 miliardi spesi secondo il Cresme nel 2019, ultimo anno pre-pandemia con le detrazioni ordinarie. Mancano all’appello soprattutto i lavori su edifici di grossa taglia, che nel caso del superbonus significa condomìni residenziali: coinvolti finora soltanto dal 9,8% degli interventi agevolati.

Boom dei costi e tempi stretti

Prezzi elevati di materiali e ponteggi, tecnici sotto pressione, prodotti difficili da reperire, preventivi brevissima a scadenza, cedibilità incerta per i crediti da lavori complessi, lavori – anche di efficienza energetica – esclusi dal perimetro. Anche se l’attenzione si concentra ora sulle semplificazioni attese entro maggio, non c’è solo la burocrazia a frenare il decollo definitivo del superbonus.

Ci sono fattori esogeni, come l’aumento dei prezzi dei materiali per l’edilizia (dall’acciaio al polietilene) che ha spinto molte ditte fornitrici a non rispettare le consegne; e che porta alcune imprese di costruzione, per timore dei continui rialzi, a «fare i preventivi con validità dieci giorni», secondo quanto dichiarato dal presidente dell’Enea, Federico Testa, alla commissione Attività produttive della Camera. Mentre il costo di noleggio dei ponteggi – dice sempre Testa – è addirittura raddoppiato in tre mesi. Con la conseguenza che diventa difficile osservare i criteri di congruità.

Ma ci sono anche fattori endogeni all’agevolazione stessa, come la scadenza ormai troppo vicina del 30 giugno 2022 (o del 31 dicembre 2022 nel caso di edifici plurifamiliari, a certe condizioni): basta pensare che dalla prima ipotesi al via libera ai lavori, in un condominio, possono passare anche sei mesi o più.

Sulla scadenza dell’agevolazione, è vero, c’è la “promessa” del Governo di una proroga al 2023, da formalizzare in autunno con la prossima legge di Bilancio. Ma a intralciare l’iter del superbonus – gestione dei crediti compresa – è proprio l’alea sui tempi. Al punto che alcune banche – per prudenza – preferiscono oggi non impegnarsi ad acquistare crediti relativi a lavori da completare o eseguire nel 2022, frenando così sul nascere progetti già messi a punto dai tecnici. Il superbonus, infatti, è finanziato con fondi nazionali fino al 31 dicembre di quest’anno, ma è coperto con le risorse europee del recovery fund dal 2022 in poi. E il Pnrr al momento attende ancora l’ok definitivo da Bruxelles.

Aziende e professionisti

L’incertezza sui tempi coinvolge anche le imprese. Perché quelle più solide o specializzate in lavorazioni particolari hanno ormai l’agenda piena – soprattutto in provincia – e non è raro vedersi calendarizzare i lavori a mesi di distanza, o addirittura nel 2022.

Nel frattempo la complessità della procedura si scarica sui professionisti, chiamati a svolgere una mole enorme di lavoro preparatorio (cui però non si dà sempre seguito): verifiche sullo stato legittimo dell’immobile, capitolati, diagnosi energetiche e studi di fattibilità. Spesso non nell’ordine corretto, perché il committente vuol conoscere quali lavori può fare e quando, senza aspettare i tempi lunghi della verifica sulla regolarità edilizia e urbanistica.

Se poi si aggiungono le incognite progettuali, la complicazione è assicurata. Una decina di giorni fa, l’Enea ha ribadito che con il 110% non si può modificare forma e dimensione delle finestre, né coibentare il vano scala non riscaldato. Ma non si può neppure agevolare un impianto di ventilazione meccanica controllato, spesso abbinato proprio alla principale opera di efficienza energetica: il cappotto termico.

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