Gare al massimo ribasso e senza «parametri»? Le casse possono correre in aiuto dei professionisti
Le Casse di previdenza possono essere alleate dei professionisti nelle battaglie sull’entità delle retribuzioni: mentre per i redditi più bassi è ancora vivo l’eco della pronuncia del Tribunale di Roma che ritiene corretto il contributo minimo alla Cassa forense (sentenza n. 4805 del 22 maggio 2017), nuovi fronti si aprono sul versante delle gare pubbliche per servizi professionali. Per gli avvocati, come per le professioni tecniche (soprattutto ingegneri e architetti), gli avversari sono il corrispettivo “minimo” e le gare con offerte al ribasso, frequenti sia per i servizi a pubbliche amministrazioni sia nelle contrattazioni con gruppi privati (beauty contest). Mentre i singoli ordini professionali, per la loro qualità istituzionale, non possono schierarsi contro quei professionisti che, per vari motivi, adottano tecniche di offerte economiche aggressive (di estremo ribasso), uno spazio maggiore può essere ricavato per la Cassa di previdenza, che utilizzando l’articolo 4 della legge 180/2011 (Statuto d’impresa), può tutelare gruppi omogenei di interessi anche all’interno di professionisti tutti iscritti.
Questo ruolo può essere utile nelle attuali contestazioni a tappeto nei confronti di pubbliche amministrazioni (nel Nord come al Sud), che emanano bandi di gara con il criterio del massimo ribasso. Il caso più recente è quello del Tar Lecce (sentenza n. 875 del 31 maggio 2017) che ha annullato un appalto di servizi legali indetto da un Comune non solo perché il bando prevedeva il criterio del prezzo più basso, ma anche perché non conteneva parametri idonei per formulare un’offerta consapevole. Innanzi il Tar pugliese, l’Ordine degli avvocati è stato estromesso dalla lite in quanto “genitore” comune di tutti i litiganti, mentre sono rimasti in giudizio i Giovani avvocati e la Camera amministrativa distrettuale. L’Ordine degli avvocati non si è potuto schierare a tutela delle posizioni dei singoli iscritti, anche perché una volta eliminato (articolo 2 Dl 223/2006) il limite inferiore delle tariffe, è venuto meno (Consiglio di Stato pronuncia n. 238/2015) anche il generico parametro del “decoro”.
Per la Cassa di previdenza, invece, vi è un concreto interesse a che le prestazioni (base del calcolo dei contributi previdenziali) siano ragionevolmente determinate. In concreto, quindi, anche gli interessi della Cassa sono stati tutelati perché la gara per affidare la gestione del contenzioso e il supporto giuridico-legale a vari uffici è coerente al Codice dei contratti (decreto legislativo, 50/2016, articoli 17 e 140). Tuttavia gli enti pubblici non possono prevedere l’aggiudicazione con il criterio del prezzo più basso, perché tale criterio non è compatibile con le disposizioni dell’articolo 95 del decreto n. 50: la scelta del professionista che offra il prezzo più basso è ammissibile solo in presenza di prestazioni ripetitive ovvero standardizzate, connotati questi rari dell’attività legale che invece si caratterizza proprio per la peculiarità e specificità di ciascuna questione. Le gare vanno quindi aggiudicate con il criterio del miglior rapporto qualità/prezzo, e di conseguenza non saranno più possibili incarichi autonomi, nella quantificazione del corrispettivo, dalla tipologia o quantità del contenzioso, ad esempio tenendo presente l’entità delle spese legali dell’ente pubblico in anni precedenti.
Stesso ragionamento, ostile a prezzi stracciati, emerge da pronunce che offrono tutela legale a soggetti pubblici basandosi sulle sole “spese vive”, confidando nella condanna dell’avversario «che verosimilmente sarà soccombente» (Tar Milano, 19 aprile 2017, n. 902). In poche parole, la competizione al ribasso tra professionisti nuoce sia ai concorrenti che alla collettività e agli accantonamenti previdenziali.