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Dl crediti: l'iter di conversione parte dalla Camera, tra la rabbia delle lobbies e i maldipancia nella maggioranza

Costruttori, progettisti e impiantisti preoccupati. Sindacati pronti allo sciopero. In Forza Italia i primi distinguo sul provvedimento. Il silenzio di Salvini

di Massimo Frontera

(articolo aggiornato alle ore 20:45)
L'offensiva lobbistica di reazione al decreto legge sui crediti fiscali, approvato e pubblicato poche ore dopo in Gazzetta, si concentrerà - oltre che sul governo - sulla Camera dei deputati, dove il famigerato decreto legge n.11/2023 dovrebbe iniziare l'iter di conversione in legge. Facile immaginare che le audizioni dei portatori di interesse presso le commissioni di Montecitorio saranno anche l'occasione per di esercitare un pressing amplificato dalla diretta video.

I progettisti che aderiscono alla rete delle professioni tecniche hanno già chiesto di essere ascoltati dal governo. Un comunicato della Rpt riferisce infatti di una lettera inviata alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni e al ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti chiedendo di essere auditi «allo scopo di esporre le proprie valutazioni e proposte per evitare o ridurre gli effetti che la sospensione della possibilità di utilizzo della cessione dei crediti e dello sconto in fattura determineranno non solo per i propri iscritti, ma per le imprese e la collettività, nel rispetto della funzione sussidiaria alle esigenze dello Stato». La comprensibile preoccupazione dei professionisti viene espressa senza giri di parole anche dal presidente di Fondazione Inarcassa, Franco Fietta, che paventa un elevato numero di professionisti «lasciati col cerino in mano» dagli effetti prodotti del fulmineo decreto legge. Anche il network di imprese Rete Irene, che opera nella riqualificazione energetica, chiede di interloquire al più presto con governo e con tutte le parti economiche e sociali in causa allo scopo di individuare «una strategia che consenta di raggiungere gli obiettivi fissati a livello europeo e tutelare una filiera importante che in questi anni ha garantito crescita e occupazione».

Una prima apertura è già arrivata dal governo. Nel pomeriggio di lunedì 20 il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, ascolterà alcune associazioni dell'edilizia che saranno ricevute a Palazzo Chigi. Più in generale dal settore edile si attendono reazioni significative. Dopo l'Ance, che ha già manifestato forte preoccupazione per la decisione di bloccare le modalità dello sconto in fattura e della cessione dei crediti, è scesa in campo Federcostruzioni che giudica la «scelta disastrosa - dice la presidente Paola Marone - che apre una voragine economica e sociale». Apocalittico anche l'Assistal. Il suo presidente Angelo Carlini afferma in una nota che «la giornata di ieri la ricorderemo come il momento in cui il governo ha decretato il collasso di un intero settore». Sempre nell'ambito della filiera delle costruzioni sono scesi in campo i sindacati. Particolarmente duro il segretario di Fillea Cgil, Alessandro Genovesi - di recente confermato alla guida del principale sindacato dell'edilizia - che parla di «attacco senza precedenti alle imprese serie e ai lavoratori del settore» e minaccia uno «sciopero generale di tutta la filiera». Sulla stessa lunghezza d'onda il segretario della Filca-Cisl, Enzo Pelle che paventa una «bomba sociale». Anche il segretario della Fenal Uil Vita Panzarella si dice pronto alla mobilitazione contro «un provvedimento sbagliato, che rischia di far tornare il Paese in recessione».

Se gli operatori appaiono concordi, determinati e soprattutto compatti, la stessa compattezza sembra invece mancare nella maggioranza. In Forza Italia sono infatti emersi i primi distinguo, da parte in particolare del senatore Maurizio Gasparri e della deputata Erica Mazzetti, membro della commissione Ambiente della Camera. Secondo Gasparri è giusto «evitare danni ai conti pubblici causati da norme demagogiche sbagliate fatte dai grillini e dal Pd, ma dobbiamo anche salvaguardare le imprese e le famiglie che hanno fatto ricorso al bonus». «Forza Italia - ha aggiunto - vuole perseguire questo obiettivo, garantendo le iniziative assunte ma, nello stesso tempo, vuole mettere riparo ai danni degli incapaci». Da parte sua, la deputata forzista Mazzetti, in una dichiarazione raccolta da Adnkronos, ha detto che serve un confronto in Aula, chiedendo che «governo non metta la fiducia». Secondo la deputata «serve una nuova norma che introduca incentivi ragionati e studiati, non possiamo lasciar morire un settore fondamentale dell'economia». Il vicepresidente del consiglio forzista, Antonio Tajani, ha difeso la decisione, attribuendone la responsabilità «al governo Conte, del governo dei 5 stelle». «Siamo stati costretti a fare così», ha detto Tajani. Silenzio assoluto invece da parte dell'altro vicepresidente del Consiglio, Matteo Salvini, che non ha commentato in alcun modo, almeno finora, la decisione annunciata dal ministro leghista Giorgetti.

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